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Centolanza e gli splendidi

Il giorno, poi la notte 

contiene cd

2019, € 15 ,  formato 14x14, 48 pp, con 16 immagini a colori e in b/n

 

In offerta con il 5% di sconto

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€14.25

Il giorno, poi la notte di Alessandro Centolanza è un’opera prima alquanto anomala perché rivela subito la personalità di un artista maturo, con tanti suoni e tante vite alle spalle, centinaia di ore sui palchi e in studio, insomma “tanta strada nei suoi sandali”, per dirla con uno dei suoi autori preferiti.

Un’anomalia che riluce soprattutto dalle scelte musicali così distanti dalle mode del momento e di una incredibile e fascinosa alternanza di stili, a conferma di una formazione maturata soprattutto sul campo, tra New Orleans e Milano, suonando per ore in locali pieni di gente, tra avventori distratti, ballerini instancabili, fumo, alcool e tanta fatica.

Swing e ballate, manouche e jazz, valzer e atmosfere rock-blues si annodano così al suo racconto che, altra sorprendente anomalia, si leva lontano da ogni tentazione epica come da ogni deriva intimistica per cantare con grande ironia dubbi e malesseri di un popolo immaginario, perso in qualche periferia urbana tra “lavori ottusi e sguardi delusi”. Sognando sulle macerie di chi non sa o non osa sognare, si inventa così un alfabeto di emozioni per ridere di se stesso e del mondo e per tentare, con leggerezza, di sciogliere le pene che ognuno si porta dentro.

Con uno scritto di Alessio Lega 

  

 

 

Musicista di formazione jazz manouche, Alessandro Centolanza è al suo esordio da solista   

 

 

"dal jazz manouche della Giornata infernale in apertura, sorretta da una fisarmonica e da un violino indiavolati (alla Diavolo rosso, per intenderci), e da L`amore tragico, dal testo ricco di sdrucciole e dalla situazione sdrucciolevole, fino a Son qui seduto, forse la più contiana del disco, a Aiuto aiuto, riflessioni filosofiche sotto il sole pomeridiano, sottolineate da un clarinetto che dialoga con la voce e con un coro soffuso, alla crepuscolare Una tua illusione, valzerino delicato e disilluso, alle sperimentali e notturne Un altro addio e la lunga suite Vorrei essere terrone, dal pianismo complesso e contemporaneo, vicino a certe atmosfere della musica di ricerca, (...), con una coda strumentale coinvolgente" Laura Bianchi, Mescalina 

Centolanza trova finalmente la sua forma canzone allineandosi sensibilmente al cantautorato italiano di una certa qualità ma sa completare i suoi testi poetici con le strutture musicali più svariate. (…) Tutto intriso da un’ironia sorniona che si aggira tra i versi, permettendo alle storie che racconta di non ammantarsi di un’epica esagerata, spogliandole di tragicità e rendendole episodi di tutti i giorni Marco Valerio Sciarra, Magazzini Inesistenti 

Immaginate che un giorno riescano a clonare Conte, Jannacci, Rondelli, Ciampi e impiantino il tutto su un corpo con dita agili, abituate a maneggiare tasti di  pianoforte e altri attrezzi per fare buona musica d'altro intrattenimento: swing, manouche, blues, valzeroni nostalgici e poetici. Alessandro Centolanza un tempo suonava a New Orleans. Ora rilascia questo disco scapigliato, fresco, arruffato e piacevolissimo. Il primo da 'cantautore'. Meglio accorgersene per tempo Guido Festinese, Alias-Il manifesto 

Un grande album di cui non ne hai mai abbastanza, anche perché è molto più sofisticato di quanto si possa pensare a prima vista. Grandi canzoni, grande cantante, ottima band! Un must assoluto! Il CD è anche impacchettato in un magnifico libro Moors Magazine (Olanda) 

un compositore e un arrangiatore sopraffino che mi conquista (...) un disco che conquista con ascolti ripetuti Michele Neri, Vinile 

Alessandro Centolanza è qui al suo vero e proprio debutto discografico. Vi giunge dopo averne fatto, musicalmente, di cotte e di crude (...) Non è quindi l'album di un esordiente e si sente. Con l'ampia banda che si porta appresso Centolanza può permettersi di girovagare tra i generi, dal jazz di stampo neworleansiano al manouche, dal quasi liscio al quasi folk balcanico, dalla canzone ballata al post rock inatteso e straniante di "Vorrei essere terrone" Piercarlo Poggio, Blow Up  

la potenza cantautorale di Alessandro Centolanza (accompagnato dagli Splendidi) si esprime attraverso due direttrici: conoscenza delle tradizioni musicali popolari e capacità di attrarre l’attenzione dei pubblici più disparati con una cura meticolosa di arrangiamenti e testi. Quest’ultimi, vere microstorie, scardinano luoghi comuni come in Vorrei essere un terrone e Casalinga di Voghera nella scia di autori come Piero Ciampi e Paolo Conte Fabio Francione, Il cittadino di Lodi 

Sebbene si tratti un’opera prima, il disco svela una songwriting maturo e nel contempo diretto nel quale lo storytelling conduce l'ascoltatore ad immedesimarsi nel protagonista, il tutto condito da una sana dose di ironia Salvatore Esposito, Blogfoolk

un nuovo cantautore di gran classe, con idee sul mondo e la musica (...) tutto il resto è swing, rock-blues, jazz, e moderno cantautorato che ricorda molti grandi … e lui sarà uno di questi L'Alligatore, Smermoranda

Quando Centolanza concepisce la popular music non conosce i confini con la musica popolare; anzi le definizioni di genere gli stanno strette come dei pantaloni troppo attillati che non permettono di alzarsi. Gli arrangiamenti degli Splendidi sono aderenti e fanno sudare per la loro vertiginosa presa di posizione, una vertigine di altezze culturali a cui il pubblico non è più tanto abituato Marco Di Pasquale, L'isola che non c'era 

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