Giovanni De Zorzi
Maqām
Percorsi tra le musiche d'arte in area mediorientale e centroasiatica
2020, € 28
Formato 15x21, pp. 322, 37 immagini a colori e in b/n
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Con un taglio narrativo e un respiro enciclopedico, il volume ricostruisce un insieme di musiche d’arte che, indicate con il termine arabo maqām, hanno assunto nei secoli caratteristiche comuni – teorie, forme, generi, strumenti, cicli ritmici – nel progressivo diffondersi dell’Islam in un’area vastissima, dall’Andalusia alla Cina, nella quale spiccano come centri musicali di particolare importanza Damasco, Baghdad, Cordoba, Granada, Herat, Tabriz, Costantinopoli, Bukhara, Samarcanda, le sei città oasi sui bordi del Taklamakan e il Cairo.
Malgrado differenze anche notevoli, uno stesso retroterra culturale uniformava il pensiero di artisti, scienziati e letterati che si esprimevano in arabo e in persiano, riferendosi – anche in musica – a testi e maestri comuni nella consapevolezza di una koiné destinata ad affievolirsi e poi a disperdersi con l’avvento dei moderni stati nazionali, tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo.
L'indice del volume
14 Kudsi Erguner, Una nota per il viaggio
15 Jean During, Prefazione
1. preludio, pishrow, peşrev, bashraf
2. maqām: musica d’arte del mondo mediorientale e centroasiatico
21 Sulla Modalità e sui significati del termine maqām
25 Di alcuni termini precedenti o alternativi a maqām
26 Di tre antecedenti: note sulle tradizioni musicali greco ellenistica, bizantina e sassanide
27 Sulla tradizione bizantina
31 Sulla tradizione sassanide
3. musica d’arte e trattati musicologici nella koinè arabo-islamica
34 Periodo pre-islamico
35 il primo periodo della musica d’arte islamica e il califfato Omayyade (622-750)
37 L’età dell’oro della culturaarabo-islamica: i primi Abbasidi e Baghdad (750-900)
40 il secondo periodo Abbaside (900-1258)
45 La caduta della dinastia abbaside, la dominazione dei Mongoli e i Mamluk (1258-1517)
51 Di alcuni sviluppi della scuola Sistematista
52 Di alcuni trattati in area occidentale
53 Verso la modernità
54 il Congresso del Cairo del 19327
4. musica e religione islamica
57 il contesto preislamico
59 La posizione giuridica della musica e del canto nell’islam
61 La cantillazione
62 La scienza della cantillazione coranica (‘ilm al-tajwīd)
65 L’appello alla preghiera (adhān)
67 Ricorrenze islamiche
68 Preghiere, canti devozionali e di lode
5. il samā‘ (“ascolto, concerto spirituale”) nel sufismo (tasawwuf)
69 Il tasawwuf, sistema esoterico e iniziatico
71 Di due termini: sufi e dervisci
73 Di due pratiche sonore: dhikr e samā‘
80 Di un caso specifico: il samā‘ in Mevlāna e nella mevlevīye
83 L’evoluzione storica del samā‘ mevlevī
85 La cerimonia dei dervisci rotanti (Āyin-i-Şerif)
6. il maqām nel mondo di lingua araba
92 Il mūwashshah e lo zajál
93 Il malhun
94 La nūba
95 La nūba in Marocco
96 La nūba in Algeria
97 La nūba in Tunisia
98 La wasla e il maqām in Egitto
101 Media e modernità tra l’Egitto e il Medio Oriente
103 Il maqām iracheno
104 Tempi moderni
7. la tradizione persiano-iraniana
108 La Persia dopo la conquista arabo-islamica
108 Acemler, acemī, acemiyun: musicisti persiani in ambiente ottomano
111 La fase Safavide
112 La parentesi del Kashmir
114 La nascita del radīf e i primi maestri
115 Scambi musicali tra Occidente e Oriente
116 L’evoluzione recente 118 note sul radif persiano
119 Sulla struttura di un dastgāh
120 Sulle gushe
120 Principali forme e generi della suite persiana
121 Pishdarāmad
121 Chahārmezrāb
122 Darāmad
122 Canto non misurato
123 Canto misurato: il tasnif
123 Reng
124 Modulazione i: il mugam d’Azerbaijan
127 Modulazione ii: l’Afghanistan tra mondo persiano e indiano
8. la tradizione ottomano-turca
136 Note di Aflākī Dede sul contesto musicale Selgiuchide
137 L’eredità di Marāghī nel mondo ottomano
138 Musica e musicisti nell’Herat Timuride
141 Musica e musicisti alla corte ottomana
142 il contributo degli acemler (acemī, acemīyun)
142 La scuola di musica a corte (Enderūn) e il metodo del meşk
145 Ulema, müezzin e dervisci di passaggio
146 Musicisti musulmani musāhib
146 nobili dilettanti
147 Musicisti non musulmani
147 I germogli del maqām
148 1580-1700: la fioritura del maqām
150 1700-1780: autonomia e maturità stilistica
155 1780-1876: apogeo, diffusione e decadenza
157 Dal 1876 ai giorni nostri: oblio, rimozione e rinascita
160 Principali forme e generi della musica classica ottomana
160 Generi vocali
160 Murabbā
160 Nakış
160 Kār
161 Kār-ı Natık
162 Kārce
162 Beste
163 Gazel 164 Şarkı
164 Semā‘ī
165 Generi strumentali
165 Peşrev
166 Saz Semā‘ī
166 Sirto e Longa
166 Küll-i Külliyāt
167 Taksīm
168 Forme cicliche: la suite Fasıl
169 Forme cicliche: l’Āyin-i-Şerif
9. interludio: “noi” e “loro” sul divano Occidentale-Orientale
172 L’Oriente dell’Occidente
175 Un antecedente ideale alle turcherie
175 Le turcherie musicali
180 La musica occidentale tra gli orientali
182 Note sull’Esotismo francese
10. Il maqom/muqam in Asia centrale
191 Musica e musicisti tra Herat e bukhara nel XVI secolo
194 I molti maqom centroasiatici
196 La trascrizione del maqom
197 La folklorizzazione sovietica
199 L’opera dell’Aga Khan Music initiative
200 L’Onikki Muqam tra gli uiguri
201 Il muqam di Kashgar/Yarkand
202 Il muqam di Turfan
203 Il muqam Dolan
203 Le Ili Nakhsha
204 Il Mashrap
205 Le orchestre etniche alla corte Tang (Vii-X secolo d.C.)
11. gli strumenti musicali del maqām
209 La voce, modello di ogni strumento
210 Cordofoni
210 Liuti
210 Il liuto a manico corto barbat 211 il liuto a manico corto ‘ūd
213 Il liuto a manico corto şahrūd
213 Il liuto a manico lungo kopuz
213 Il liuto a manico lungo tanbūr
215 Il liuto a manico lungo setār
215 Il liuto a manico lungo tār
216 Il liuto a manico lungo dutar
217 Il liuto a manico lungo Kashgar-i rubab/rawap
217 Arpe e cetre
217 Il chang tra arpa aperta e cetra su tavola percossa
218 La cetra su tavola pizzicata qānūn
220 La cetra su tavola percossa santūr
221 Il pianoforte
222 Vielle ad arco
222 Il kamāncheh
223 Il rabāb
223 Il qijak/ghijak/gheijak/khushtar
224 Il rbab arabo andaluso
224 Il kemençe-i rūmī
225 La viola d’amore (sine kemān)
225 Il violino eurocolto (kemān)
226 Lo yayli tanbūr
226 Il satō/satār
227 Aerofoni
227 Il flauto nāy/ney/nai
231 Il mıskal
231 Il qoshnay
232 Membranofoni
232 Tamburi a cornice daf e dāyre
233 Tamburi a cornice bendir e mazhar
233 Il tamburo a calice zarb o tombak
233 Il riqq, il tabl, la darabukka
234 Timpani naqqare e küdūm
234 Idiofoni
234 Piatti zil, halīle
235 Elettrofoni
236 L’uso degli elettrofoni nel maqām 237 12. dimensioni estetiche del maqām
237 il suono assoluto e il suono relativo
240 Sui cicli ritmici
241 Sulle forme cicliche
242 L’interprete punto d’intersezione
243 Orbite sonanti: della musica delle sfere
245 Gli adwār: trattati, cerchi e relazioni extra musicali
247 Tracce di Musicoterapia
249 L’amore secondo il maqām
250 La dimensione della nostalgia
251 il maqām e il miele della vita
253 bibliografia di riferimento
275 selezione discografica
293 le immagini
La prefazione di Jean During
Sino ad un passato piuttosto recente le esigenze editoriali e i limiti delle conoscenze musicologiche mettevano in gioco, e implicitamente approvavano, un’operazione di “segmentazione” dei campi musicali in entità nazionali, operazione che si rifletteva nei titoli stessi delle opere così come anche nella classificazione alfabetica imposta da enciclopedie e dizionari. Valgano da esempio titoli quali: Die Musik der Araber (R. G. Kiesewetter 1842), La Musique arabe (H. H. Touma 1969), Musique de Turquie (U. & K. Reinhard 1969), Classical Persian Music (E. Zonis 1973), ecc.
Complessivamente tutte queste pubblicazioni rispondevano alla domanda di un pubblico di musicofili colti ai quali fornivano un quadro generale e, sin dal loro stesso titolo, dichiaravano di volersi concentrare su di una data problematica, un preciso campo, un delimitato ambito storico. Negli ultimi decenni, invece, ricercatori di ogni provenienza hanno raccolto una grande quantità di nuovi dati, sia sul campo sia su documenti scritti, che sono stati analizzati ex novo e dai quali sono stati estratti modelli e teorie esposte in tesi e articoli scientifici, che hanno portato, talvolta, alla nascita di nuovi corsi di studio universitari. I media, dal canto loro, non cessano di diffondere a fini educativi registrazioni audio e video ormai storiche, o che presto lo diventeranno.
Una cartografia delle musiche d’arte, insomma, non poteva più accontentarsi di ricalcare i contorni delle frontiere politiche, peraltro anch’esse mutevoli da un’epoca all’altra. L’operazione di assegnare una data musica ad un dato territorio ha un senso nel caso di culture del territorio, proprie ad un’etnia, ma concetti quali “ricerca sul campo” e “etnia” mettono sempre più in imbarazzo quei ricercatori, definiti “etno”-musicologi, che si occupano invece di musiche cosmopolite, transculturali, translinguistiche e che sempre si riferiscono a documenti scritti.
Per questi ricercatori è molto più appropriata l’antica etichetta di “musicologia comparata”, ed è il caso di Giovanni de Zorzi, il cui volume prende in esame una decina di popoli i cui musicisti, strumenti e idee hanno circolato sulla rete delle Vie della Seta, talora parallelamente alle varie conquiste. In questo senso, abbiamo qui a che fare con un bell’esempio di musicologia comparata, composto da un erudito che è anche un fine musicista, secondo le esigenze di “bilinguismo musicale” richieste da questa disciplina.
Grazie a questa nuova conoscenza delle comuni radici musicali che si allacciano e si avviluppano tra loro, oppure anche per effetto della globalizzazione, non è ormai più possibile mantenere quelle posizioni stabili che una certa visione del mondo aveva definito. Sarà necessario, invece, prendere in esame le tradizioni nel loro divenire, coglierle nei loro movimenti e nelle loro interazioni, sinteticamente, come un grande insieme: è il caso di questo volume, svolto in orizzontale sulle Vie della Seta, e in verticale sulle musiche d’arte.
Ma come si fa a tenere insieme gli elementi in una tale diversità? Semplicemente come lo fa Giovanni de Zorzi, grazie alle risorse della sua erudizione, mettendo in luce i loro denominatori comuni. Il principio saliente che costituisce in una sola famiglia tutte queste tradizioni musicali, principio che tocca anche l’antica Europa, è quello della Modalità, immanente nel termine maqām: dall’Andalusia al Turkestan, dalla Grecia al Kashmir si estende un vasto “spazio del maqām”, uno spazio che per gli antichi teorici era un oceano senza rive, essendo ogni modo musicale (bahr, plurale buhūr) in sé un “mare” (bahr).
“Spazio” ma anche “impero del maqām”, a sottolineare una ascendenza e una influenza sulle forme melodiche, una regolazione che arriva sino agli schemi ritmici, se si pensa che in Asia centrale il termine maqām indica una suite di brani diversamente misurati. “Impero del maqām” anche nel senso della coabitazione di gruppi umani, ognuno dei quali con la sua identità, la sua lingua, le sue credenze e i suoi gusti. “Impero” senza un reale controllo centrale (se si prescinde da quelle fasi di dominio sulla musica d’arte, esercitato successivamente, nel corso della storia, da Arabi, Persiani, Turchi e indiani) ma unificato da una stessa ideologia, con i suoi miti, le sue figure fondatrici e i suoi testi comuni.
Ben sapendo che un maqām non viene definito solo da una scala di suoni, ma anche dal suo percorso (sayr, gardesh, yol), il titolo scelto da Giovanni de Zorzi è particolarmente appropriato: è a un percorso che egli invita il lettore, a un viaggio ben organizzato, con i suoi paesaggi, i suoi nobili siti storici, i suoi musei e i suoi bazār, oppure è anche una “Invitation au Voyage” in un continente musicale.
Più che una guida turistica, Maqām: Percorsi è destinato sin d’ora ad essere un punto di riferimento essenziale, preliminare ad ogni ricerca successiva e, più in generale, alla scoperta delle sublimi musiche d’una vasta area culturale.
Fotogallery
Musicista, docente di etnomusicologia all’Università “Ca’ Foscari” di Venezia, Giovanni De Zorzi si occupa di musica d’arte e sufi di area ottomano-turca e centroasiatica. Alterna l’attività concertistica (come solista o con l’Ensemble Marâghî) con la ricerca sul campo e la direzione artistica di programmi musicali
Trovare una maniera di raccontare un oceano senza sponde qual è la musica dell'area mediorientale e centroasiatica è l'impresa titanica che Giovanni De Zorzi, il maggiore studioso italiano di musica sufi ottomano-turca e persiana, ha affrontato con risultati brillanti. La sintesi di un insieme smisurato di forme, stili e linguaggi musicali Oreste Bossini, Il manifesto
De Zorzi giunge alla meta al termine di tre decenni di studi matti e appassionati (...) per ricostruire con pazienza sia le radici che gli esiti di un fenomeno (...) per introdurci a meraviglie musicali di inestimabile valore, frutto di un patrimonio millenario che continua a rinnovarsi nel presente Piercarlo Poggio, Blow Up
... i padri fondatori di una disciplina denominata musicologia comparata e, dal 1949, etnomusicologia. Nella cui scia il volume dello studioso veneziano, arricchito dalla prefazione di Jean During e da sostanziose appendici bibliodiscografiche, e costruito con apprezzabili intenzioni narrative, si inserisce ora in modo autorevole Luca Cerchiari, Domenicale-Il sole 24 ore
C'è un paesaggio sonoro, che si dipana dalla Spagna fino ai confini con la Cina, che nei secoli ha sempre mantenuto una sua dinamica identità (...) Un patrimonio musicale che, soprattutto in Occidente, rischia di essere ignorato e che ora trova nel libro di Giovanni De Zorzi un affascinante momento di apprendimento e di indagine Giampaolo Bonzio, Il gazzettino
In un’epoca in cui gli approcci alla diversità culturale faticano ad attivare prospettive generatrici di senso e di curiosità, il lavoro dell’etnomusicologo dell’Università di Venezia “Ca’Foscari” e la cura dell’editore Squilibri sanno tenere in positiva tensione la trama narrativa, l’eccellente documentazione iconografica e alcune cornici d’insieme che permettono di apprezzare da più punti di vista i maqām in quanto musiche d’arte, senza tralasciare aspetti culturali, spiritualità, organologia e connessioni geo-storiche Alessio Surian, Blogfoolk
Il libro è felicemente affollato di connessioni, usanze e pratiche musicali comuni a territori tutto sommato lontani, nonché di quelle diversità che caratterizzano i tanti luoghi e le tante etnie che rappresentano (...) L'idea alla base del libro è forte: ci permette infatti di immaginare un Oriente ancora una volta unito da pratiche comuni e il libro ne diventa un'antologia in italiano di sicuro riferimento Salvatore Morra, Il Roma
Se lo scopo principale è quello di guidare il lettore in una serie di percorsi che della dimensione del viaggio vogliono mantenere il fascino, ciò non implica che si rinunci a una ricostruzione minuziosa – saldamente ancorata alle vicissitudini storiche – delle pratiche e delle teorie musicali che vanno sotto il nome di maqām Giulia Sarno, Drammaturgia
L'autore realizza al di là di ogni aspettativa il miracolo che Cuttat non avrebbe pensato più possibile, almeno per un occidentale: non solo la comprensione di un sistema musicale esotico (ma vigente in qualche modo anche in Europa fino al Rinascimento inoltrato), ma il suo utilizzo come chiave indispensabile per la comprensione di una intera civiltà (o insieme di civiltà) Antonello Colimberti, Il regno
Maqām, ci racconta De Zorzi in un testo che ha il pregio della scorrevolezza nella forma, e il rigore scientifico della documentazione, è una sorta di termine ombrello che abbraccia generi, forme, strumenti, cicli ritmici semplici e complessi, maturati nella progressiva diffusione delle culture islamiche, in un arco geografico immenso tracciabile tra la Penisola iberica e la Cina, e facendo centro, però, su un nucleo culturale primario, espresso in arabo e persiano Guido Festinese, Il giornale della musica
Le grand mérite du livre de Giovanni De Zorzi, qui marque une pierre de touche dans la connaissance de ces musiques si fascinantes, qui marquent l’apogée de la civilisation arabo-islamique Jean Lambert, Cahiers d'Ethnomusicologie