Francesco Faeta, Francesca Uccella
Annabella Rossi
In uscita il 28 febbraio 2025, ora in pre-order a 20 euro invece di 25
Album di famiglia di un'antropologa
2025, € 25
Formato 20x20, 144 foto in b/n, pp. 216
Centoquarantaquattro fotografie, di autori spesso anonimi, per una viva rappresentazione dell’“educazione sentimentale” di una grande antropologa, dall’esteso nucleo parentale ai primi viaggi e impegni di studio, dalle amicizie di una vita fino alle pionieristiche campagne di ricerca, in solitaria o con alcuni dei protagonisti della cultura italiana del Novecento, da Ernesto de Martino a Diego Carpitella, da Michele Gandin a Roberto Leydi, da Ferdinando Scianna a Luigi Maria Lombardi Satriani.
Nel suo saggio Francesco Faeta, affidandosi a ricordi personali e con il vaglio di numerose fonti, ricostruisce la personalità di Annabella Rossi e i caratteri salienti della sua ricerca etnografica, mentre Francesca Uccella, a lei legata da rapporti di parentela, si sofferma sul contesto più prossimo alla sua famiglia, appellandosi anche alla memoria di quanti hanno avuto modo di conoscerla e frequentarla.
Scritti e fotografie concorrono così a delineare il ritratto a tutto tondo di una studiosa protagonista del suo tempo, ma anche di una donna libera e coraggiosa, irriducibile ad ogni conformismo.
Dal saggio di Faeta, Un'antropologa e il suo tempo
Assieme a Francesca Romana Uccella, con cui ho condiviso il piacere e la fatica di costruire questo libro, abbiamo pensato, sin dal suo primo momento di elaborazione, che il titolo dovesse essere Annabella Rossi. Album di famiglia di un’antropologa.
Ci sembrava, infatti, attraverso l’osservazione attenta del cospicuo materiale iconografico presente presso gli eredi della studiosa (e presso la casa stessa di Uccella, sua biscugina), che si potesse fornire un importante contributo alla ricostruzione analitica di uno dei personaggi di maggior rilievo delle scienze sociali italiane nel secondo Dopoguerra, aggiungendo così un tassello importante alla, non agevole, opera di delineazione storiografica dell’antropologia italiana nella seconda metà del Novecento.
Come per altri personaggi illustri (Luigi Pirandello, a esempio, Ludwig Wittgenstein, Richard Avedon, sia pur in una prospettiva autobiografica), ci sembrava che la pubblicazione delle fotografie di una vita, anche (forse soprattutto) di quella precedente gli esordi professionali (la vie antérieure d’un anthropologue, esplorata da Giordana Charuty nella sua ricerca su Ernesto de Martino), potesse portare un rilevante contributo di conoscenza. Ci sembrava importante trattare queste fotografie come fonte, alla stessa stregua di quelle scritte che si possono rinvenire negli archivi di famiglia o di lavoro. Abbiamo così raccolto, dalle molte centinaia disponibili, dopo un lungo lavoro di selezione, 144 immagini in bianco e nero di autori vari, il più delle volte anonimi, ricostruendo tratti importanti della vita privata e scientifica di Rossi e tratti fondamentali della sua personalità di donna e di studiosa.
Naturalmente, per album di famiglia, sia tra gli antropologi, sia tra gli storici e i critici della fotografia, s’intende qualcosa di diverso da quanto qui appare e la locuzione dunque, comunque a mio avviso pertinente, va intesa in senso libero e ampio. Un album è qualcosa di ben preciso, custodito in modo raccolto e circoscritto (spesse volte compendiato in un volume o riposto in uno specifico spazio di conservazione), che insiste in genere presso la dimora di una famiglia e che è, a volte, pervenuto nelle case di eredi, più o meno consapevoli. Non è questo il caso.
Come si è accennato nella nota di lettura, queste fotografie appartengono a più album diversi (nel senso largo che ho prima evocato), ma anche a raccolte non ordinate, a collezioni relativamente dimenticate, e a diversi rami dell’albero genealogico familiare. Dunque, in buona misura, l’album lo abbiamo costruito noi, attingendo ai copiosi giacimenti lasciati, nel nostro caso, da prudenti guardiani del ricordo.
Naturalmente, ancora, per antropologa s’intende una professionista, studiosa connessa con un luogo o più luoghi di lavoro (musei, università, centri di ricerca), frequentemente in viaggio verso siti lontani o desueti. Rossi è stata sicuramente un’antropologa. Ma le immagini raccolte narrano anche una storia ulteriore (è questo, a nostro avviso, il rilievo storiografico di questo volume). Il modo di essere donna di Annabella si è realizzato nel suo ruolo di studiosa di scienze sociali. L’antropologia è stata per lei un compendio di amore, desiderio, passione, impegno, vicinanza agli umili, insofferenza per le convenzioni, irrequietezza, curiosità pluridisciplinare, arte, fotografia.
A ben vedere, insomma, la ratio che ha guidato inizialmente i nostri passi, è forse stata trascesa dagli stessi documenti con cui abbiamo lavorato e la famiglia e la professione di antropologa di Rossi, altro non sono che una concreta espressione della meravigliosa e dolorosa avventura che è una vita, declinata al femminile con passione e rabbia.
Al comune destino di oblio e negazione cui va incontro l’antropologo italiano contemporaneo non si è sottratta Rossi: la sua importante e innovativa attività nel campo della ricerca antropologica, in quello della museografia o della documentazione visiva; la sua riflessione e la sua produzione, guardate con una certa sufficienza mentre lei era in vita, sono restate piuttosto in ombra dopo la sua morte. Buoni o cattivi che fossero, la sua personalità (restituita sovente attraverso un’aneddotica ridondante), per via della sua appartenenza di genere e del suo eterodosso anticonformismo, e il suo lavoro scientifico, per via del carattere anti-accademico che presentava, sono stati abbastanza rimossi e sono stati evocati, a tratti, soltanto da alcuni amici e da qualche suo allievo e collaboratore.
Fotogallery
Professore di Antropologia Culturale, Francesco Faeta si occupa di fotografia etnografica, di immagini e rappresentazioni dei contesti rituali e festivi e di storiografia critica della disciplina, temi ai quali ha dedicato numerosi studi.
Per Squilibri ha curato, assieme ad Antonello Ricci, Le forme della festa. La Settimana Santa in Calabria
Antropologa, Francesca Romana Uccella lavora al Museo delle Civiltà di Roma dove si occupa delle collezioni di etnografia italiana. Ha svolto ricerche sui Carnevali, le rievocazioni storiche e il patrimonio materiale e immateriale della Basilicata.