Jean During
Musica ed estasi
In promozione a 16 euro invece di 28
L'ascolto mistico nella tradizione sufi
2013, € 28
Formato 15x21, pp. 303, 20 immagini a colori (a cura e traduzione di Giovanni De Zorzi)
In offerta con il 5% di sconto
Nella tradizione sufi il termine samâ’ (ascolto, audizione) indica il raccoglimento interiore che, applicato a musica e poesia, sfocia in un “concerto spirituale” durante il quale possono affiorare stati d’estasi che si esprimono nella danza o anche in scomposti movimenti fisici.
Nato nella Baghdad del IX secolo e presto diffusosi, in forme diverse, in tutto il mondo islamico, questo cerimoniale ha dato vita a una vasta produzione trattatistica che l’autore affronta in una prospettiva multidisciplinare, coniugando allo studio analitico dei testi del sufismo l’esperienza diretta del samâ’, maturata in una pluridecennale ricerca sul campo.
Uno studio diventato un classico sul concerto e la danza mistica dei dervisci per la prima volta in un’edizione italiana, rivista ed aumentata dall’autore, con il corredo di un CD con canti e musiche che ci restituiscono la pregnanza di un rituale tuttora vivo, in cui la grazia estatica giunge e scompare all’improvviso, mescolando in un lampo dell’animo afflizione e grazia, nostalgia e gioia.
Ascolta un canto sul tamburo
dall'introduzione di Giovanni De Zorzi
Note estatiche
Che senso ha ritornare su di un libro pubblicato nel 1988, ormai venticinque anni fa?
La risposta al perplesso lettore italiano è molto semplice: il libro nel tempo ha continuato ad essere letto e a crescere d’importanza divenendo un vero e proprio classico di riferimento. L’edizione italiana, integralmente riveduta e aggiornata dall’autore, è arricchita da un CD composto di brani inediti da lui registrati tra diversi esponenti della cultura sufi durante questi venticinque anni, tratto che rende l’edizione italiana “competitiva”, se non “superiore”, rispetto all’edizione originale.
Il libro, infine, non si rivolge esclusivamente ad una ristretta cerchia di studiosi, ma anche ad un pubblico di appassionati, di curiosi e di musicisti ed è evidente ovunque la volontà di comunicare i risultati della propria ricerca. In particolare l’opera è imprescindibile per chi si interessi al tasawwuf (“sufismo”) e per chi si occupi della vasta area di lingua e cultura persiana che accomuna il mondo iranico, caucasico, ottomano, centroasiatico e indoafghano. Insomma, lettrice, lettore, lasciate le vostre perplessità e iniziate il viaggio sereni!
Musique et Extase. L’audition mystique dans la tradition soufie (Paris, Albin Michel, 1988) nasce da una monumentale tesi di dottorato (thèse d’état) del 1986 che diede vita a due libri distinti: uno è questo che ci si accinge a leggere, mentre l’altro si intitolò Musique et Mystique dans les Traditions de l’Iran (Paris, IFRi-Peeters, 1989). Il primo metteva in luce il contesto culturale della pratica nata in ambiente sufi detta samâ’ (“ascolto, audizione, concerto spirituale”) analizzandone soprattutto la produzione trattatistica d’epoca medioevale mentre il secondo, di carattere più etnomusicologico, entrava invece nel vivo dei repertori di diverse comunità sufi in area di cultura persiana; entrambi i volumi provenivano da ricerche compiute dall’autore a partire dalla fine degli anni ’70. Curiosamente, fu soprattutto il primo libro ad avere più successo, probabilmente grazie alla multidisciplinarietà che lo rende ancor oggi uno strumento fondamentale.
Musica ed Estasi si pone infatti al crocevia fra diverse discipline: musica e musicologia, certo, ma anche e soprattutto filosofia, esoterismo, mistica, islamismo e orientalismo. Una simile “trasversalità”, a ben vedere, è implicita nel tema stesso dell’opera: i generi e i repertori musicali nati dal samâ’ dei sufi stanno – in un equilibrio oggi spesso compromesso dai recenti e sedicenti fondamentalismi – all’intersezione tra religione, musica classica (o d’arte, o colta che dir si voglia), musica popolare (o rurale, o folk), estasi (o trance, o stato alterato di coscienza) danza e guarigione.
Il libro si divide in tre sezioni: la prima è dedicata ai miti e ai riti dell’ascolto mistico. In essa, oltre a quella sufi, si prendono in esame diverse tradizioni che pongono al centro l’ascolto e il suono nate in seno alle tre religioni abramiche, con numerosi accenni anche ad altre vie spirituali nate in Oriente; la seconda parte, intitolata Dhikr e samâ’, si dedica specificamente alle pratiche spirituali tipiche del mondo islamico e del tasawwuf (“sufismo”); la terza parte (profondamente ampliata per l’edizione italiana) si concentra sul particolare samâ’ del grande santo e poeta sufi di lingua persiana Mowlana Rûmî (Balkh, 1207- Konya, 1273) e sulla confraternita dei dervisci mevlevî che a lui si ricollega, meglio noti in Occidente come “dervisci rotanti” o “danzanti”.
Le tre sezioni sono concluse da due brevi appendici: la prima, anch’essa ampliata per l’edizione italiana, è dedicata agli scritti di autori mistici poco noti come Ruzbehân Baqli Shirâzi (m. 1209) e Khâje ‘Abdollâh Ansâri (1006-1089) mentre la seconda, decisiva per chi si dedichi a questo tema tuttora di stretta attualità, prende in esame lo statuto della musica nell’Islam a partire dal Corano, dalla sunna (“tradizione”) e dalle primissime interpretazioni che ne fecero i vari giuristi del mondo islamico.
Nella particolare prospettiva degli studi etnomusicologici, Musica ed Estasi apparve a correggere il campo aperto dal generoso, ma spesso impreciso, libro di Gilbert Rouget, mettendo in atto un approccio che media un’accurata analisi testuale di matrice orientalistica e filosofica, con un approccio (etno)musicologico ed una “esperienza diretta” che riporta alla dialettica observer/participant di matrice antropologica.
A proposito di questa “esperienza diretta” During nell’introduzione all’edizione italiana, sottolinea ancor oggi che: “La necessità di un simile approccio proveniva dalla constatazione di come quello degli orientalisti fosse molto spesso un approccio astratto ed erudito che non teneva conto dell’aspetto concreto e vissuto del samâ’. L’esperienza diretta e lo studio delle musiche e dei rituali estatici praticati ancora ai nostri giorni nelle terre dell’Islam ci ha permesso di reinterpretare i testi antichi, vivificando l’approccio dei classici al samâ’”.
Più in generale il testo resta una pietra miliare negli studi dedicati ai fenomeni che intercorrono tra la musica e i cosiddetti “stati alterati di coscienza”, siano essi visibili o invisibili, manifesti o celati. E una posizione a sé stante vi ha la musicoterapia. Non mi soffermo sul tema perché il libro lo svolge ottimamente. Mi sembra invece interessante notare come uno dei meriti di Musica ed Estasi sia di documentare anche i difficili rapporti che simili pratiche ebbero con la religione dominante.
Nel tempo il potere del suono sull’animo umano, o la reattività dell’animo umano al suono, sono stati visti con sospetto dai principali sistemi religiosi, che si affrettarono a porre condizioni e prescrizioni ai diversi fenomeni di “estasi” capaci di portare alla sfrenata (pericolosa?) caduta di limiti e barriere. In questo senso la pratica sufi dell’“ascolto” (samâ’), così come il sufismo stesso, furono duramente attaccati e contestati dai circoli più conservatori, talora retrivi e bigotti, dei dottori (ulamâ, foqahâ) della Legge islamica (shari’a), al punto che le prime testimonianze sul samâ’ provengono da trattati composti in difesa di una simile pratica già nella Baghdad multiculturale del IX-X secolo d.C.
Venticinque anni dopo è possibile inquadrare con una certa distanza critica il periodo nel quale uscì il volume: allora l’argomento era poco noto e in ambito scientifico c’erano davvero pochi studi. Iniziano, però, in quegli anni i successi di artisti formatisi in ambiente sufi, come il suonatore di flauto ney Kudsi Erguner, spesso alla direzione di ensembles di dervisci mevlevî (meglio noti in Occidente come “dervisci rotanti”); oppure come il qawwal pakistano Nusrat Fateh ‘Ali Khan; o come il successo di cerimonie impregnate di quel sufismo che il presente libro definisce “del volgo” (ad esempio gli gnawa del Marocco oppure la cerimonia egiziana detta al-tannûra).
Oltre ad una rete in Europa di centri di diffusione responsabile e scientifica di queste musiche, nasceva in quegli anni il fenomeno della cosiddetta “World Music”, con i suoi fraintendimenti e i suoi equivoci successi discografici, mediatici ed economici: d’un tratto ogni Assessorato alla Cultura, assecondato da impresari spregiudicati, cercava il cantante della Mongolia, l’ensemble di gamelan balinese oppure… et voilà, i “dervisci rotanti” o la “musica sufi”! In particolare tra la fine degli anni ’80 e oggi questa si afferma come un vero e proprio genere musicale, con i suoi successi e le sue rassegne.
Se è certo vero che nei secoli si sono consolidate tradizioni di repertori, strumenti e cicli ritmici nati per il samâ’, vale però la pena di ricordare un tratto fondamentale che ricorre più volte in Musica ed Estasi: nel suo senso più alto non esiste una “musica sufi” ma la musica (o il suono) ascoltato dai sufi.
Non conta cosa si ascolta, ma come si ascolta, chi ascolta, e con che intenzione ci si dispone all’ascolto. In certi casi il samâ’ divenne in quegli anni l’affascinante biglietto da visita con cui sedicenti “maestri”, apparsi con la New Age e i suoi sincretismi “mistici”, accalappiavano ingenui in buona fede. Il fenomeno non è certo nuovo, anzi, appare sin dalle origini e il libro (“libro di storie, non di Storia”, come mi dice During) pullula di figure equivoche che sfilano dietro sinceri e austeri dervisci: in questo senso la lettura di Musica ed Estasi può ancora essere d’aiuto e può far nascere nel lettore una coscienza critica capace di portarlo ad un certo discernimento e di renderlo capace di cogliere un più sottile “gusto” (dhawq), ineffabile, diretto e indicibile come lo è solo l’esperienza mistica, confermato dal noto detto: “Colui che gusta, conosce”.
il CD
1. Canto spirituale (5.40)
2. Improvvisazione al flauto ney (4.21)
3. Shaykh Amiri e zikr (4.24)
4. Sahari, melodia ahl-e haqq (3.09)
5. Brano nello stile sheykhi-damali (4.46)
6. Simorgh (5.38)
7. Zikr-e khodâ (zikr divino) (3.41)
8. Danza delle gru (durnalar sema’i) (6.03)
9. Maqâm Tarz e inno Lâmi (“Per l’Amato”) (5.43)
10. Canto Alevi (4.59)
11. Quarto Salam, Son peshrev e Son Yürük Semâ’î dell’âyin mevlevî nel maqâm Panjgâh, seguiti da un’improvvisazione (taksîm) (5.57)
12. Sequenza di zikr (3.45)
13. Sequenza di zikr e canto (8.46)
14. Canto sufi composto da Olmas Rasulov (4.50)
15. Canto sul tamburo a cornice daf (6.32)
fotogallery
Musicista, etnomusicologo ed orientalista, Jean During, ha pubblicato numerosi studi e CD sulle musiche d’area iranica e centroasiatica, analizzandone in particolare i rapporti con la società, la cultura e la mistica islamica.
L'oggetto dello studio se da un lato si concentra su uno specifico aspetto della tradizione esoterica islamica (il samâ’, ovvero l’ascolto mistico, spesso tradotto anche come “concerto spirituale”), dall’altro coglie l’occasione per ridefinire un campo affascinante, ma denso di problemi, quale quello delle relazioni fra la musica e gli stati non ordinari di coscienza, campo aperto anni fa dall’etnomusicologo Gilbert Rouget con un celebre volume ora tradotto anche in Italia, e destinato ad una larga fortuna anche presso un pubblico di non specialisti. Antonello Colimberti, Europa
L’enorme lavoro di During, maturato affiancando prolungata ricerca e pratica sul terreno, assidua prassi musicale, studio filosofico, esegesi delle fonti e della trattatistica, ha i connotati della “trasversalità” (...). I repertori scaturiti dal samâ’ (ascolto, audizione) si pongono all’incrocio tra religione, estasi, musica d’arte, musica popolare, danza e pratica terapeutica. (...) Diciamo subito che il testo non è rivolto solo agli studiosi di cose islamiche, ma apre la strada alla comprensione del fenomeno della via iniziatica musulmana a un pubblico di cultori, appassionati e musicisti in un periodo in cui, sulla scia del successo delle musiche del mondo e dell’interesse verso forme di spiritualità, il sufismo ha riacquistato in occidente una visibilità non immune da superficialismi, inevitabili esotismi, storture. Ciro De Rosa, Blogfoolk
Qui la musica ha una funzione estatica più che estetica, cioè può provocare quegli stati alterati di coscienza che conducono alla Verità. Raggiunta non per via razionale, bensì mistica. Non c'è nessuna teoria psicologica o scientifica alla base di questo studio, ma un lavoro etno-musicologico sul campo. E poi emerge dal libro una consolazione fondamentale: la convinzione che l'ascolto sia ancora la facoltà superiore dell'uomo. Federico Capitoni, la Repubblica