In pensiero 4
Cosmogonie o cosmoagonie?
Arti e linguaggi del presente
2010, € 10
Formato 16x24, pp. 148
In offerta con il 5% di sconto
Con l'intenzione di scandagliare le variegate e problematiche cosmogonie contemporanee, in questo numero In pensiero tenta di mettere alla prova la (r)esistenza dell'antica capacità di costruire mondi, rinnovare racconti, ripensare fondazioni, sviluppare visioni del mondo in cui, fin dal titolo, si intrecciano diverse e complicate domande: i racconti, le visioni, le riflessioni dei nostri giorni immaginano un mondo, o piuttosto si sforzano di smontare quello che hanno ereditato? La scienza, la tecnologia validano un'idea di cosmo già dato, o sono la principale agenzia di invenzione di mondi e visioni del mondo? Esiste ancora la possibilità di configurare un mondo, raccontarlo, scriverlo, disegnarlo, o l'attuale e dominante visione del mondo non ha alcun bisogno di essere raccontata, sta già nelle cose, è implicita in ogni oggetto, bene, merce che scambiamo?
Rispondendo ognuno con il proprio linguaggio, i tanti autori presenti in questo numero sperimentano concretamente le possibilità che offrono le cosmologie contemporanee: i disegni e lavori grafici di Robert Rebotti, le sculture di Enrico Pulsoni, le prose e le poesie del più grande scrittore basco vivente, Bernardo Atxaga, il primo trattato di petafisica mai pubblicato dall'Adipe (Accademia di Petafisica), i saggi della poetessa Rosaria Lo Russo, del filosofo Piero Montani, dello scienziato Edoardo Boncinelli, le poesie e i racconti per l'infanzia di Chiara Carminati, le fotografie di Gianluca Riccio, i fumetti di Claudio Calia e Gianluca Costantini, le poesie dello scittore argentino Arturo Carrera.
Nel DVD un video musicale di Canio Loguercio, una videoperformance di Sergio Garau, un cortometraggio di Luigi Nacci, lo spoken music di Lello Voce e brani di due gruppi musicali emergenti, gli Heraclite, e i K-branding.
Ascolta lo spoken music di Lello Voce Napoletana
Leggi L'Editoriale di Gianmaria Nerli
Il nuovo numero di in pensiero viene al mondo, è proprio il caso di dire, con qualche novità, prima tra tutte il sottotitolo, arti e linguaggi che sperimentano il presente, che vuole rendere omaggio non tanto ai soliti stanchi sperimentalismi, ma allo sperimentare, al misurarsi con strumenti espressivi sempre diversi con un presente che a ogni passo chiede di essere riconosciuto e forse (ri)pensato.
Non è casuale quindi che questo e il prossimo numero della rivista, il 4 e il 5, siano dedicati alle cosmogonie contemporanee, alla nostra capacità di costruire mondi, di rinnovare racconti, di ripensare fondazioni, di sviluppare visioni del mondo. La prima domanda che proponiamo, appoggiandosi su un banale gioco di parole, cosmogonie o cosmoagonie?, mette in questione proprio le capacità cosmogoniche della nostra cultura, o della nostra civiltà: i nostri racconti, le nostre visioni, le nostre riflessioni interrogano o immaginano un mondo, o piuttosto si sforzano di smontare quello che hanno ereditato, si impegnano a dimostrare che il nostro universo non tiene, o semplicemente non sanno creare né distruggere niente? E la scienza, la tecnologia dei nostri giorni stanno validando un’idea di cosmo che ormai ci è stato dato, o sono forse la principale agenzia di poiesis, di invenzione, produzione di mondi e visioni del mondo? E cosa succede quando le spinte creative del pensiero incontrano strumenti e tecnologie tanto disponibili da far credere di cancellare i limiti del mondo e dei mondi? Cosa, quando le crescenti spinte entropiche e antropiche da fine del mondo si incrociano senza conflitto con i nuovi numerosissimi umanesimi tecnologici? E infine, quello che un tempo era lo spazio dell’utopia si esaurisce nello sviluppo della tecnica, o delle tecniche di mercato, oppure c’è ancora spazio per costruire mondi altri?
Domande che come sempre abbiamo deciso di porre direttamente a studiosi e artisti, chiedendo a ognuno di dare, con la propria sensibilità e il proprio linguaggio, la propria risposta. L’ambizione è che tutti insieme finiscano per essere una reale risposta al dubbio principale che sottostà al groviglio che teniamo in mano: se cioè siamo ancora in grado di configurarci una visione del mondo, di raccontarla, di scriverla, di disegnarla, di confrontarci con le sue forme, o se la nostra unidimensionale visione del mondo non ha bisogno di essere raccontata, se già sta nelle cose, se già è implicita in ogni oggetto, bene, merce che scambiamo. In fin dei conti, delle cosmogonie abbiamo bisogno, o possiamo farne facilmente a meno? I racconti e le fondazioni ci sono necessari, o sono facilmente sostituiti dalla realtà integrale del mondo che è già nostro?
Buona lettura, buon ascolto, buona visione.
il booktrailer