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Cantautore schivo e appartato, Antonio Lombardi ha un rapporto “carsico” con il mondo della musica, sottraendosi con sorprendente facilità ad ogni appuntamento per poi ricomparire improvvisamente sulla scena quando avverte l’urgenza di farlo. Così è successo anche con questo suo nuovo lavoro, Canzone della Contea di Levante, che, a dodici anni di distanza dal precedente album, ci restituisce in musica la storia di una comunità tra il Levante ligure e le alpi Apuane, in un racconto di grande fascino scaturito dall’esigenza di nominare tutto un mondo, che poi è quello della grande provincia italiana: un’esigenza talmente forte da spingerlo anche a scrivere il suo primo romanzo che, dal titolo omonimo, descrive più nel dettaglio questa regione dell’anima, la Contea di Levante, che è anche il paesaggio ideale di certa letteratura “resistente”, da Paolo Bertolani a Maurizio Maggiani.

Disco e romanzo sono pubblicati da Squilibri d’intesa con gli Archivi della Resistenza che hanno deciso allo stesso tempo di assumere l’opera di Lombardi, proprio per la sua irriducibile renitenza ad ogni lusinga commerciale, come un’occasione per provare a reinventarsi nuovi spazi per la musica dal vivo in una successione di appuntamenti dal titolo controfattuale di “Concerti impossibili”. In questo inatteso ritorno sulla scena di Lombardi, infatti, vi è un surplus di sfida, un senso di rilancio e scommessa per una canzone che, a fronte della riduzione della musica a mero intrattenimento, voglia recuperare l’antica vocazione a narrare degli uomini e delle loro vicende. Da qui un fitto calendario di presentazioni del disco e del libro in luoghi disparati e spesso insoliti, come circoli, musei, birrerie, case del popolo, cascine, oratori, boschi, laboratori, aie contadine e presidi sociali, in una disseminazione di musica e speranze che sembra recuperare il sentimento rivolto al futuro l’«infinito di piccole cose» di quel mondo contadino in cui si immerge la narrazione di Lombardi