21 aprile, ore 18,30
Teatro Anfitrione
via San Saba 24, Roma
Un omaggio a Matteo Salvatore, colto in una veste alquanto insolita: Riccardo Cucciolla legge brani emblematici di una letteratura di ispirazione meridionalistica, da Ernesto De Martino a Rocco Scotellaro, e lui li commenta in presa diretta, affidando ai suoi brani più intensi ed ispirati l'espressione del proprio pensiero, mentre sullo sfondo scorrevano le foto di un giovane fotografo, Paolo Longo, poi diventato noto come inviato Rai in Cina, Un evento straordinario di cui si sarebbe persa memoria se a Bari, in quella serata del 1978, tra il pubblico non vi fosse stato anche Giovanni Rinaldiche ne ha fissato su nastro lo svolgimento, curandone poi la pubblicazione nel CD allegato al volume A sud. Il racconto del lungo silenzio.
Cucciolla legge Scotellaro, Contadinii del Sud
Matteo Salvatore canta Il Pescatore
Questi documenti fanno parte dell’imponente Fondo Rinaldi dell’Archivio Sonoro della Puglia, che raccoglie una parte significativa della sua quarantennale ricerca sul campo, con esiti di assoluto rilievo quali la recente mostra fotografica sulla ritualità popolare in Puglia (Memoria della festa) e il documentario sui cantori della Settimana Santa di Vico del Gargano (Ritorno a Vico) che si potranno vedere ed ascoltare il 21 aprile, assieme ad altri materaili audiovisivi su Matteo Salvatore.
L’incontro sarà chiuso da una testimonianza in musica di Andrea Satta e Carlo Amato, che con i Tetes de bois hanno reinterpretato brani di Salvatore come Lu furastiero, e Tonino Zurlo che al cantrore di Apricena ha dedicato un brano di rara intensità espressiva: due modi diversi per evidenziare il legame che una 'certa' musica d'autore ha con le tradizioni popolari di cui Matteo Salvatore è stato a sua volta un geniale rivisitatore.
Trovo che ci sia infinita poesia nelle ballate di Matteo Salvatore, uno che magari di poesia ne aveva letta poca eppure riusciva a esprimere una singolare, inquieta e intima lettura del mondo. Andrea Satta
Piantato dentro la sua Puglia senza pizzica e taranta, Tonino Zurlo canta di anime e corpi, di vita e di morte, di santi e di idoli che appartengono a tutti, in un linguaggio musicale che intreccia un'antica voce contadina con le suggestioni del blues, dello swing, persino del gospel Sandro Portelli