Domenico Di Virgilio
(a cura di)
Musiche tradizionali in Abruzzo
Le registrazioni di Diego Carpitella (1970)
2010, € 20
Formato 14x19, 6 foto in b/n, pp. 128
Nel 1970, Diego Carpitella, allora incaricato di Storia della musica presso l'Università di Chieti, effettuò una campagna di rilevazioni in alcuni paesi alle falde orientali della Maiella (Civitella Messer Raimondo, Gessopalena, Palena e Quadri), raccogliendo un significativo corpus di musiche e canti rappresentativi della tradizione orale dell'area.
Confluiti nella Raccolta 129 del CNSMP, oggi Archivi di Etnomusicologia, questi documenti sonori costituiscono una straordinaria testimonianza della persistenza dei repertori popolari che, travolti dai processi di modernizzazione e in gran parte defunzionalizati, sopravvivono nella memoria degli esecutori accanto a inevitabili e, il più delle volte, inconsapevoli modifiche della prassi musicale originaria. Arie di mietitura e canti a dispetto, musiche devozionali e lamenti funebri, ninne nanne e scongiuri ci restituiscono una cultura musicale dai tratti sorprendentemente arcaici, che risaltano negli stili esecutivi e nell'uso della voce, soprattutto femminile, e dell'organetto diatonico come catalizzatore della dimensione strumentale in tempi più recenti.
Nel CD allegato al volume, con un'ampia introduzione critica, i testi poetici con traduzione in italiano e un denso studio di Annunziata Taraschi sugli aspetti linguistici, si pubblica per la prima volta una documentazione sonora di fondamentale importanza per una ricostruzione delle musiche tradizionali abruzzesi.
Ascolta il brano Canto per la raccolta delle olive
Leggi l’introduzione
I documenti sonori della raccolta 129 furono registrati tra il 28 giugno e il 6 luglio1970 nelle località di Civitella Messer Raimondo (1000 abitanti circa, 600 metri altitudine), Palena (1500 ab. circa, 760 metri alt.), Gessopalena (1700 ab. circa, 645 metri alt.), Quadri (1000 ab. circa, 600 alt.), tutte situate nella fascia pedemontana della provincia di Chieti. La scelta delle località fu di Ferdinando D’Amario, laureando in lettere presso l’Università “G. D’Annunzio” di Chieti con una tesi di etnomusicologia sul repertorio abruzzese, sulla base di conoscenze che lo stesso D’Amario aveva in zona. A principio degli anni Settanta dello scorso secolo i comuni dell’entroterra abruzzese sono in piena crisi di identità. Hanno ormai definitivamente abbandonato un’economia di sussistenza, si sta lentamente esaurendo l’onda lunga del processo migratorio, le occupazioni principali cominciano ad essere l’industria ed i servizi: nasce un nuovo sradicamento ed una nuova emigrazione verso le zone costiere. E’ in questo periodo che la politica vuole fortemente un certo modello di sviluppo che dovrebbe ripagare della secolare emarginazione sia economica che geografica, dare cioè alle popolazioni locali nuove e migliori condizioni di vita. Vengono individuate alcune aree per grandi insediamenti industriali e comincia la costruzione di una fitta ‘rete di infrastrutture’, che vuol dire quasi sempre strade. Il pendolarismo che ne deriva contribuisce al nascere di un confronto culturale particolarmente contraddittorio se pensiamo che la giornata tipo di un lavoratore pendolare nell’industria-servizi era divisa in parti pressappoco uguali tra la modernità/fuori paese/posto di lavoro ed una cultura agro-pastorale, pur depauperata, tra le mura di casa/la famiglia[1].
I comuni in questione, che si trovano alle falde orientali e sud-orientali della Maiella, oggi fanno parte, tranne Quadri, della Comunità Montana Aventino Medio Sangro, rivelando un’omogeneità geografico territoriale che si riflette nell’omogeneità del repertorio documentale raccolto (cfr. anche il capitolo sulla lingua). L’economia di quest’area era stata legata alla pastorizia, all’artigianato indotto (lavorazione della lana ecc.) e ad una agricoltura di sussistenza. Le notizie più complete le abbiamo sul territorio di Gessopalena, grazie a Gennaro Finamore che tra i molti saggi sulle realtà locali scrive nel 1872 Delle condizioni economico-agricole di Gessopalena. La classe artigiana era numerosa (il 12% della popolazione alla data in cui l’autore scrive), nel passato recente la fortuna del paese, come di altri, era stata la lana, mentre l’agricoltura era limitata e diviene principale occupazione solo in seguito al parziale disboscamento e all’aumentare dei terreni dissodati. Un’agricoltura però povera per scarsità di “scienza agronomica” e che produce, in modo spesso insufficiente, cereali (grano e granturco), patate, legumi. Il paese ha a fine ’800 due bande. A parte le osservazioni poco favorevoli del Finamore sulla reale economicità di quel lavoro, le bande sono state in passato (fino al secondo dopoguerra) un vanto per diverse comunità locali e certamente un importante anello di passaggio tra musica colta e popolo. A riprova del ruolo fortemente connotativo che la tradizione artigiano-bandistica assume nel repertorio tradizionale si ascolti la traccia 25 dove l’esecutore imita con la voce la ‘parte’ per banda[2]. La presenza del canto (la voce), della musica (singoli strumenti musicali/gruppi di strumenti), testimoniano una presenza del suono non solo come elemento capace di caratterizzare l’ambiente ma anche come capacità di reagire in un certo modo alla qualità della vita[3]. Perchè se le condizioni economiche delle aree rurali erano spesso di precarietà tale da risultare anche moralmente avvilenti, e se non possono essere dimenticate quando trattiamo argomenti di intrinseca aleatorietà (beni immateriali definiti oggi) ma oggettiva bellezza (tali sono a mio parere i canti della tradizione popolare), sembrerebbe anche lecito chiedersi come un prodotto d’arte possa nascere. Torniamo a citare Gennaro Finamore che già scriveva attorno al 1880:
Le nostre contadine sono cantatrici indefesse, cantano presso la culla o presso la tomba, in casa e all'aperto, lavorando, facendo, pensando. Laboriosissime e frugali, bevono acqua e s'inebriano di canto. Direbbesi che la prosa sia l'eccezione della loro vita, [...] e il canto l'ala che batte continua a sollevare l'anima dalla misera realtà. Nondimeno sono restie a dettare i loro canti, quasi che un senso di pudore le trattenga da scoprire a profani la parte più gelosa ed intima di se stesse (G.Finamore, MSS XXXVIII, Bibl. Prov. De Meis, Chieti)[4].
A leggere poi come si viveva in questi paesi e negli Abruzzi circa un secolo fa non può sfuggire la comunanza di marginalizzazione e però di voglia di vivere delle popolazioni del meridione italiano (e probabilmente non solo di esso) e il milieu culturale che esse condividevano; e come questo potesse essere risvegliato dalle immagini di un’opera di Gabriele D’Annunzio:
una feroce vicenda di passioni ferme, nel mondo senza tempo della terra. Mi accorsi subito che questa sorta di purificazione era dovuta, più ancora che alle attrici, al pubblico. I contadini partecipavano alla vicenda con interesse vivissimo. I paesi, i fiumi, i monti di cui si parlava, non erano lontani di qui. Così li conoscevano, erano delle terre come la loro e davano in esclamazioni di consenso sentendo quei nomi. Gli spiriti e i demoni che passano nella tragedia, e che si sentono dietro le vicende, erano gli stessi spiriti e demoni che abitano queste grotte e queste argille[5].
Si tratta della stessa condivisione di immagini prodotta dal secolare incessante andirivieni tra monti e tavoliere (cfr. nota 24): si confronti in proposito la traccia 26 (aria di mietitura) con il seguente sunette raccolto nel Gargano:
vurria salì ‘ncil’a se putess
pe nna scalett de tremila pass,
vurria ca la scaletta ce rumpess
e ‘mbrazz’ a la nenna mij me truess
[1] Alfonso Maria Di Nola scriverà poi su questa condizione di alienazione in cui il lavoratore è spostato “dal suo ambiente in un altro ambiente – senza- la garanzia che gli deriva dalla consapevolezza di una condizione proletaria e dalla lotta di classe, ma non ha più neanche la garanzia che gli può essere offerta dai serpenti o dagli espedienti tradizionali.” (Di Nola 2008: 310).
[2] Ed in effetti la tradizione del buongiorno, ancora viva in alcuni centri della provincia, prevede questo alternarsi tra distici improvvisati ed ensemble di strumenti a plettro ed ottoni.
[3] Le campagne risuonavano di canti, assai più densi di significati di quanto non sia oggi, anche per il solo banale motivo di essere un tempo più percepibili. Il sottoscritto sa, come sa chiunque faccia ricerca, che in un dato posto oggi e a distanza di pochi anni non è più possibile registrare perché il rumore di fondo del traffico automobilistico è aumentato in modo esponenziale; e la riproposta di un lamento funebre in una stanza con le finestre aperte faceva si che in un pomeriggio estivo tutto il vicinato si raccogliesse sotto casa a chiedere cosa fosse successo.
[4] Il ruolo assegnato da Gennaro Finamore alle donne nel trasmettere i documenti della tradizione orale è sottolineato da Pasolini nella sua introduzione al Canzoniere Italiano (2 voll., Milano, Garzanti, 1992) dove diverse pagine sono dedicate al repertorio abruzzese.
[5] Così Carlo Levi descrive la rappresentazione teatrale de La fiaccola sotto il Moggio messa in scena da un piccola compagnia teatrale a Gagliano. Levi 1967, pag. 198. Carlo Levi sarà uno dei principali riferimenti dell’itinerario umano per l’etnomusicologia italiana: “il bisogno di storicizzare, di puntualizzare le descrizioni leviane[…]la necessità di organizzare e condurre una ricerca interdisciplinare, la quale consentisse di far fruttificare[…] intuizioni letterarie e percezioni artistiche in modo sistematico, metodico e scientifico.”. (D. Carpitella, L’itinerario di Carlo Levi e la ricerca interdisciplinare di Ernesto de Martino, in Carlo Levi nella storia e nella cultura italiana, Gigliola De Donato (a cura di), Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 1993, pp. 203-212, 205, 208, cit. in Ferdinando Mirizzi, Indagini etnografiche e studi demologici nella Basilicata degli anni cinquanta.
Il CD
1. Aria di notte 0.11
2. Valzer 1.30
3. Polka 1.32
4. Canto per la mietitura 1.32
5. Ninna nanna 0.34
6. Canto di mietitura 1.22
7. Saltarella ‘molto antica’ chiamata “montredù” 1.33
8. Saltarella ‘molto antica’ chiamata “montredù” 1.09
9. Saltarella 1.58
10. Canto per la raccolta delle olive 4.50
11. Strofette a dispetto “suspittë” 2.55
12. Canto di pellegrinaggio 2.18
13. Canto di mietitura 3.42
14. Canto di trebbiatura 5.56
15. Canto all’altalena 2.37
16. Esorcismo contro la grandine 1.22
17. Esorcismo per la erisipela 0.56
18. Esorcismo per dolore di pancia e vermi 0.46
19. Esorcismo contro il malocchio 0.46
20. Ninna nanna 1.13
21. Rosario 0.47
22. Proverbi 1.04
23. Coroncina a Sant’Antonio 1.25
24. Cimiróse 1.12
25. Il buongiorno 1.12
26. Canto di mietitura 0.49
27. Lu calasòle 2.14
28. Lu calasòle 0.55
29. Saltarella 1.13
30. Valzer 1.28
31. Saltarella 1.07
32. Quadriglia 1.05
33. Valzer 1.19
34. Ninna nanna 1.42
35. Ninna nanna 1.40
36. Ninna nanna 1.29
37. Lamento funebre per la madre 0.54
38. Lamento funebre per la sorella 1.25
39. Filastrocca 0.32
durata totale: 54.16
Domenico Di Virgilio. Presidente dell'associazione A.E.L.M.A. (Archivio etnolinguistico musicale abruzzese) e autore di numerosi studi sulle tradizioni musicali abruzzesi, ha realizzato molte ricerche sul campo in ambito etnomusicologico.
Ce disque est un voyage étrange dans des traditions ancestrales qu'il nous semble connaître. Les chants issus du travail collectifs, la récolte du blé et son battage, la cueillette des olives sont quasiment hurlés. Domenico Di Virgilio démontre cette énergie en visualisant des sonogrammes mais l'auditeur ressent à l'écoute la contraction excessive des muscles du cou du chanteur. (...) Les modes musicaux et des timbres des voix nous transportent dans un monde oublié. (...) Ce voyage à travers le temps dans lequel nous plonge cette documentation sonore est émouvant ; il nous aide à reconstruire le monde des musiques traditionnelles, Le carnets de la phonotèque, MMSH- Maison Méditerranéenne des Sciences de l'Homme, http://phonotheque.hypotheses.org/3848