Giuseppina Colicci, Serena Facci
(a cura di)
Rosa di maggio
Le registrazioni di Luigi Colacicchi e Giorgio Nataletti in Ciociaria (1949-50)
2019, € 25
Formato 14x19, 16 foto in b/n, pp. 228
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Nel 1949 un gruppo di suonatori, cantanti e danzatori di Villa Latina (FR) rappresentò il Lazio al Festival e Congresso Internazionale di Musiche Folkloriche, organizzato con grande risonanza mediatica a Venezia dall’ENAL e dall’International Folk Music Council. Giorgio Nataletti, artefice dell’evento, curò anche la catalogazione, presso il neonato Centro Nazionale di Musica Popolare dell’Accademia di S. Cecilia, di quattro splendidi brani per concertino di zampogna e pifferi che vengono qui integralmente riprodotti nel primo CD.
L’anno successivo Nataletti affiancò Luigi Colacicchi in un progetto di raccolta delle musiche di tradizione agro-pastorale della Ciociaria alle quali Colacicchi, originario di Anagni, aveva dedicato un’appassionata opera di valorizzazione fin dagli anni Trenta, attraverso meticolose trascrizioni su pentagramma, analisi musicali e armonizzazioni per coro.
Il viaggio in Ciociaria cominciò proprio da Villa Latina e dalla vicina Atina dove furono registrati anche ballarelle e stornelli con accompagnamento di organetti o fisarmoniche. In questa raccolta, qui riportata integralmente, Colacicchi ripercorse poi alcune tappe delle sue ricerche pre-belliche, registrando brani di Anagni a lui cari come la Ninna nanna, qui cantata da una giovane solista del coro cittadino, e gli struggenti canti polivocali narrativi e d’amore delle donne di Roccasecca e di Pontecorvo. Preziosi sono anche i canti rituali e di questua registrati a Ceprano.
Frutto di una paziente opera di ricostruzione dei contesti e delle figure dei musicisti e dei cantori, il volume accompagna all’ascolto di una documentazione sonora di eccezionale valore storico e artistico. In appendice è ripubblicato il saggio di Colacicchi, Canti popolari di Ciociaria (1936), completo di tutte le trascrizioni musicali.
Ascolta il brano Rosa di maggio
Dal primo capitolo
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Luigi Colacicchi, Giorgio Nataletti e le raccolte sulla Ciociaria
1.1 Ciociaria
Le registrazioni che hanno motivato la stesura di questo libro riguardano esempi musicali di sei paesi della Provincia di Frosinone dislocati in modo da coprire zone differenti e un territorio ampio: a Est Villa Latina e Atina nella Valle di Comino; a Nord Anagni nella valle del Sacco, a Sud-Ovest Ceprano e Pontecorvo sulle rive del Liri e Roccasecca ai piedi del monte Cairo. Sembra che i ricercatori abbiano voluto così abbracciare il più possibile il territorio che a partire almeno dal XIX secolo ha convenzionalmente assunto la denominazione di Ciociaria.
In questo libro è infatti usato il toponimo Ciociaria (così come gli aggettivi derivati, ciociaro, ciociari ecc.), in omaggio e per continuità con il titolo che Luigi Colacicchi aveva voluto dare al suo studio sui canti raccolti negli anni Trenta in Provincia di Frosinone: Canti popolari di Ciociaria, appunto (Colacicchi 1936a e ora in appendice[1]).
Quello di Colacicchi era stato un gesto di orgogliosa e affettuosa reverenza nei confronti della sua terra natale. Ciociaria indica un’area linguistico-culturale approssimativamente accomunabile e il termine non ha mai avuto una valenza amministrativa, tanto è vero che i confini sono indefiniti, coincidendo solo in parte con quelli che nello Stato Pontificio delimitavano la provincia di Campagna e, successivamente all’Unità d’Italia, la Provincia di Frosinone[2]. A differenza di altri toponimi areali che prendono spunto dai nomi storici delle antiche popolazioni italiche o da definizioni medievali (Sabina, Sannio, Tuscia, ecc.), l’uso comune del termine Ciociaria è tutto sommato recente (Scotoni 1977). A partire dalla prima parte del XIX secolo in fonti letterarie e pittoriche furono chiamati ciociari i popolani nelle strade di Roma o nella campagna romana (pastori, operai, suonatori ambulanti e, per le donne, balie o contadine a giornata) che calzavano le cioce. La calzatura particolarmente adatta, sembra, per muoversi in montagna era in dotazione anche dei soldati di truppe particolari dell’esercito pontificio, gli Squadriglieri, addetti soprattutto ad azioni contro il brigantaggio, particolarmente diffuso nelle zone montuose della provincia di Campagna (Celletti 1975). Questi soldati, che combatterono per la difesa del Papa anche a Porta Pia, erano chiamati zampitti, proprio per via dei calzari.
Nonostante la presenza di città e siti di rilevante importanza storica quali Anagni, Sora, Montecassino, un’aura di arcaicità e rudezza ha circondato lungamente l’immagine che della Ciociaria si aveva dall’esterno, talvolta producendo anche atteggiamenti di disprezzo come è raccontato da Gregorovius nel suo diario di viaggio:
Quando questa calzatura è bene aggiustata e quando le striscie di tela sono ancora nuove, è bella a vedersi; ma, quando le ciocie e le striscie sono logore e vecchie, prende un aspetto povero e cencioso. E siccome in tale stato sono generalmente le ciocie di questa gente, così il popolo che le porta, appare molto miserabile ed il suo nome vien disprezzato e talvolta usato come una vera ingiuria. Un abitante di S. Vito[3], che mi faceva un giorno ammirare lo splendido panorama che si gode da quel paese, sorridendo con un certa aria di sprezzante superiorità mi diceva: «Guardate, signore, laggiù è la Ciociaria!». (Gregorovius 1968, ed. or. 1956-58: 274-5)
L’immaginario di povertà e arretratezza attribuito alle aree rurali del basso Lazio destò sul finire dell’Ottocento l’interesse da parte di studiosi di folklore e di viaggiatori (Targioni Tozzetti 1891, Pascarella 1914) e non poco favorì nei primo decenni del XX secolo la costituzione nella provincia di gruppi folkloristici, che contribuirono ai raduni di folklore e alle parate frequenti a Roma e in altre città[4].
Luigi Colacicchi si inserì in questo processo di tipizzazione in senso arcaico della cultura ciociara, eliminando però completamente qualunque giudizio negativo. Attraverso le sue trascrizioni e i suoi acuti e fioriti commenti non negò i caratteri di durezza e essenziale semplicità delle espressioni poetico-musicali e degli atteggiamenti performativi dei cantori e musicisti che incontrava nelle sue ricerche, però riuscì a trovare proprio in quei caratteri le motivazioni culturali ed estetiche per far conoscere, nobilitare e amare quei repertori.
Dal canto suo, Giorgio Nataletti, che proveniva da Valmontone e aveva svolto diverse ricerche nella campagna romana, aveva avuto sicuramente modo di venire in contatto con le musiche ciociare anche grazie alle sue molte attività di organizzatore culturale.
1.2 Il sodalizio tra Colacicchi e Nataletti
Il sodalizio tra Luigi Colacicchi (1900-1976) e Giorgio Nataletti (1907-1972), così importante per le raccolte del CNSMP delle quali si parla in questo libro, era sicuramente già stato avviato molti anni prima. Nel 1934 i due studiosi avevano partecipato al III Congresso Nazionale di Arti e Tradizioni Popolari, dove presentarono i risultati di due ricerche che sono risultate fondative per i successivi studi sul folklore musicale del Lazio: quella di Colacicchi su alcune zone della Ciociaria e quella di Nataletti sulla poesia cantata in ottava rima della campagna romana (Colacicchi 1936 e ora in app., Nataletti 1936a).
Colacicchi partecipò a quel convegno come studioso e musicista. Organizzò infatti l’esibizione di alcuni passi del Pianto delle zitelle con un gruppo di cantatrici di Vallepietra[5].
Nataletti, già da allora, occupava un ruolo significativo per l’ispirazione e gestione organizzativa delle attività di ricerca sul folklore musicale. In quanto membro della Commissione Tecnica del Comitato Nazionale di Arti e Tradizioni Popolari, l’organismo che aveva gestito il convegno, presentò infatti anche una seconda relazione: Il disco e il film sonoro nella ricerca e nella trascrizione della musica popolare (Nataletti, 1936b)[6].
Del resto una certa contiguità caratterizzò in quegli anni l’esperienza lavorativa dei due: formatisi prevalentemente in ambiente romano come musicisti, avevano maturato come molti loro contemporanei una professionalità poliedrica che spaziava dal giornalismo, alla didattica, alla divulgazione. Colacicchi era prevalentemente compositore e critico musicale. Collaborava con “Il popolo di Roma”, “il Messaggero” e varie riviste. Nataletti che aveva un indiscutibile talento come organizzatore-divulgatore, e operava all’interno dell’Opera Nazionale Dopolavoro, svolse in maniera assolutamente pioneristica una significativa attività radiofonica[7].
Dopo la fine del fascismo e della guerra, l’avvio della Repubblica nel 1946 vide i due studiosi ancora attivi negli ambienti musicali della capitale[8].
È interessante, per questo studio, come la sinergia tra i due negli anni dal 1947 al 1950, particolarmente fertili per il riavvio degli studi sul folklore musicale, riportasse al centro dell’attenzione nazionale, ma anche internazionale, proprio i repertori legati alla Ciociaria. Nel 1947 Colacicchi concretizzò la sua ormai ventennale ricerca a Vallepietra sui canti legati alla devozione per la Santissima Trinità con la realizzazione di una registrazione integrale del Pianto delle zitelle su dischi di lacca per conto della Discoteca di Stato[9]. L’anno successivo un estratto di questa registrazione fu offerto a un uditorio internazionale all’interno della relazione Il pianto delle zitelle – The Lament of the Maidens presentata da Colacicchi al primo congresso dell’International Folk Music Council (IFMC, l’attuale International Council for Traditional Music, ICTM) tenutosi a Basilea dal 13 al 18 settembre 1948[10]. L’importante società scientifica era infatti stata fondata l’anno precedente e per l’Italia vi avevano aderito, oltre a Colacicchi e Nataletti, Raffaele Corso e Giulio Fara. Anche Nataletti aveva proposto un paper, dal titolo Musical Folk Lore in Italy from 1918 to the Present Day, che però non fu letto[11]. Rilevantissimo fu però il ruolo di organizzatore e promotore di Nataletti che, con Gioacchino Malavasi in rappresentanza dell’ENAL, presentò ufficialmente la candidatura di Venezia per il congresso dell’anno successivo.
Il mese successivo, ottobre 1948, come è noto Nataletti fondò il Centro Nazionale di Studi sulla Musica Popolare, “Promosso e posto sotto gli auspici dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e della Radio Italiana”[12] e Colacicchi nel febbraio del 1949 fu nominato dal Consiglio degli Accademici di Santa Cecilia, a rappresentare la stessa Accademia in seno al Comitato Direttivo del Centro[13]. Lo conferma una lettera inviata da Ildebrando Pizzetti, allora Presidente dell’istituzione romana, allo stesso Nataletti[14].
Pizzetti annunciò anche che Colacicchi avrebbe partecipato a una riunione del Comitato indetta per il 22 febbraio 1949. Pochi giorni dopo, il 31 marzo, Colacicchi e Nataletti partirono per la prima comune ricerca sul campo. Precisamente a Vallepietra (FR), dove registrarono fuori contesto un’ulteriore versione del Pianto delle Zitelle, e, a completamento, alcuni stornelli e canti corali. Questo materiale è compreso nella raccolta 5 del CNSMP.
[1] Luigi Colacicchi Canti popolari di Ciociaria (1936a). Fu riedito integralmente a cura dello stesso autore nel 1970, per conto dell’Ente Provinciale per il Turismo di Frosinone (Colacicchi 1970a) in concomitanza con la pubblicazione di un Long Playng con lo stesso titolo (1970b). Questa seconda versione dell’articolo è ripubblicata in Appendice a questo volume.
[2] Il confine settentrionale e orientale lambiscono la zona dei Castelli Romani e l’Abruzzo, quello meridionale non includerebbe la zona al di là del fiume Garigliano che faceva parte al momento dell’Unità d’Italia del Regno di Napoli, mentre il confine occidentale si ferma ai monti Lepini al di là dei quali si apriva la vecchia Marittima divenuta, dopo la bonifica dell’agro pontino, e l’inserimento di una zona della vecchia Terra di lavoro, l’attuale Provincia di Latina.
[3] Intende San Vito Romano, paese sui Monti Prenestini in provincia di Roma.
[4] Nella Capitale, gruppi ciociari parteciparono ai festeggiamenti per le nozze di Vittorio Emanuele III, a cortei per il Carnevale, la Festa dell’uva e, durante il fascismo, ad altre ricorrenze.
[5] “In semptember of the same year some of the parts were performed at the third Congresso of Arti e Tradizioni Popolari at Trento” (Colacicchi 1949: 40).
[6] Nataletti ricoprì il ruolo di direttore tecnico per le Arti e Tradizioni Popolari dell’Opera Nazionale Dopolavoro (OND) dal 1926 (anno successivo alla fondazione dell’OND stessa) al 1936 (Nataletti 1962).
[7] Vero pioniere, Nataletti prima ancora della costituzione dell’URI e dell’EIAR, nel 1922-23 fu direttore artistico di Radio Araldo, la prima stazione radio di Roma. Successivamente, per l’EIAR, aveva curato molte trasmissioni per la rubrica Cronache italiane del turismo con descrizioni di feste e altre attività folkloriche. Riprese dopo la guerra, a partire dal 1946, con “Fonte viva” espressamente dedicata alla musica popolare (Nataletti 1962). Come è noto agli studiosi che si sono occupati della sua attività la radio costituì per lui non solo uno strumento divulgativo, ma anche un luogo di elaborazione e riflessione scientifica (Agamennone 2017).
[8] Nel dopoguerra l’OND fu convertita in Ente Nazionale Assistenza Lavoratori e Nataletti riprese la sua attività di promotore del folklore come segretario del Comitato Italiano Arti e Tradizioni Popolari (1947-1952); parallelamente continuò fino alla sua scomparsa l’attività presso la RAI, curando rubriche sulle musiche tradizionali: oltre la citata “Fonte viva”, “Ora Araba” e successivamente “Passaporto per”, “Italia canta” e altre, fino alla più nota “Chiara fontana” iniziata nel 1957 (Nataletti 1962). Colacicchi, oltre alla attivitá di critico musicale per diversi periodici (“Il Messaggero” dal 1940 al 1944 e “Il Momento” dal 1945), era docente di Storia della Musica presso l’Accademia di Danza (dal 1940) e fondò nel 1948 il coro dell’Accademia Filarmonica Romana, importante realtà della capitale per la promozione musicale. Per comprendere maggiormente la relazione tra i due bisogna sottolineare che Nataletti era stato vicedirettore dell’Accademia Filarmonica Romana dal 1929 al 1944.
[9] Come riportato in diverse fonti, questa registrazione andò persa a causa del deterioramento dei supporti.
[10] L’intervento fu pubblicato sul primo numero del “Journal of the International Folk Music Council” (Colacicci 1949). La delegazione italiana era composta da: Colacicchi, che partecipò come rappresentante dell’Ispettorato Spettacolo Informazioni e Proprietà Intellettuale, Gioacchino Malavasi, figura di rilievo del Partito Popolare e del cattolicesimo antifascista, che allora era presidente nazionale dell’ENAL, e Nataletti come rappresentante dell’ “Italian Government and Comitato Italiano Arti e Tradizioni Popolari” (Report 1948: 3). Colacicchi partecipò anche al dibattito a proposito della realizzazione di un Manual for Collectors.
[11] Ivi, p. 20.
[12] Annuario 1952: 249.
[13] Colacicchi era diventato accademico di S. Cecilia nel 1939. Curiosamente Nataletti, nonostante la sua assidua attività per conto dell’istituzione, fu chiamato a far parte del collegio accademico solo nel 1968
[14] Lo statuto del Centro, infatti, prevedeva un Consiglio direttivo che fu così composto: a) Presidente dell’Accademia, Ildebrando Pizzetti b) Direttore Centrale dei programmi RAI, Giulio Razzi, c) un rappresentante dell’Accademia, Luigi Colacicchi, d) un rappresentante della RAI, Mario Labroca, e) il Direttore del Centro, Giorgio Nataletti (Annuario 1952: 249, cfr. anche Ferretti 1993a). La lettera fu inviata da Ildebrando Pizzetti, allora presidente dell’Accademia, a Nataletti il 14/02/1949: “mi pregio comunicare che a rappresentare l’Accademia Nazionale di S. Cecilia in seno al Comitato Direttivo del Centro Nazionale di Studi di Musica Popolare, è stato designato l’accademico Maestro Luigi Colacicchi” (ANSC-AS, sez. AE, Carteggi 1948-1952, Accademia Nazionale di Santa Cecilia-Archivio Storico, sez. Archivi di Etnmomusicologia, cartella Carteggio). Non è possibile dare una segnatura definitiva in quanto il carteggio relativo agli anni 1948-1952, delle attività dell’allora CNSMP, non è ancora stato inventariato.
i 2 CD
CD 1 Villa Latina, Atina, Anagni
- Ballarella 1:59
- Novena per il Natale 2:07
- Novena di Natale 3:24
- La campagnola 2:47
- Canto a la stesa 3:15
- Stornelli 3:03
- Saltarello (Ballarella) 2:59
- Stornelli 1:55
- La campagnola 3:59
- Canto a stesa 1:55
- Stornelli a saltaregliu 2:19
- Ninna nanna 1:31
- Novena per l’Immacolata 3:30
- Saltarello 2:38
- Stornello 3:36
- Stornelli a dispetto 2:32
- Ninna nanna 2:39
durata totale: 46:15
CD 2 Ceprano, Roccasecca, Pontecorvo
- A stesa de carnevale 1:39
- Stornelli 0:33
- L’anima del purgatorio 2:08
- San Giuseppe 1:47
- Tempo reale 3:46
- Vecchio marzo pellegrino 3:50
- Rosa di maggio 2:01
- Rosa Rosetta colorita e bella 1:43
- Pinozza (Pinotta) 4:18
- La pajarella 0:52
- E nun fa gnente amore se nun ci parlame 0:21
- Ohi che bell’aria 3:18
- La canzone della palma 3:15
- Pajarella a la stesa 1:24
- Povera Emma 4:06
- Cecilia 2:56
durata totale: 38:03
Fotogallery
Giuseppina Colicci si è laureata in etnomusicologia con Diego Carpitella e ha conseguito il Ph.D. in etnomusicologia presso la UCLA. Ha condotto ricerche etnomusicologiche in Ciociaria, Sicilia e presso comunità di emigrati italiani negli USA, occupandosi del rapporto tra musica e lavoro e musica e religiosità popolare.
Docente di Etnomusicologia e di Studi di popular music presso l’Università di Roma “Tor Vergata”, Serena Facci ha svolto ricerche etnomusicologiche in Italia e in Africa centro-orientale e si è occupata di didattica interculturale, di canzone nel XX secolo e recentemente di musica e migrazione.
Un volume prezioso (...) una minuziosa contestualizzazione del materiale d'epoca e indispensabili commenti esplicativi (...) Un poderoso catalogo di stornelli, ballarelle, novene, canti in coppia, saltarelli e ninne nanne. Un altro tesoro musicale d'Italia strappato all'oblio Piercarlo Poggio, Blow Up
Un’ altra significativa tessera nel mosaico della restituzione alle comunità dei materiali musicali degli Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia portato avanti dall’attivissimo editore SquiLibri.(...) Attraverso analisi musicologiche e interviste in loco, le etnomusicologhe Giuseppina Colicci e Serena Facci hanno ricostruito il contesto delle registrazioni e le personalità di musicisti, cantatori e cantatrici dell’epoca, sistematizzando i materiali raccolti dai due studiosi e restituendo una documentazione sonora di eccezionale valore storico e artistico Ciro De Rosa, Blogfoolk
Il volume ricostruisce con acribia e pazienza documentale la scoperta di un mondo a sé che aveva le proprie regole e i propri riti come vennero mostrati settant'anni fa a Venezia durante il celebre Congresso internazionale di musiche folkloristiche. A renderle note fu Giorgio Nataletti, cui prima o poi si dovrà dedicare una biografia che ricostruisca l'influenza intellettuale condotta ad ampio raggio Fabio Francione, Il cittadino di Lodi