Marco Lutzu
(a cura di)
Musiche tradizionali di Aggius
Le registrazioni del CNSMP (1950-1962)
2015, € 23
Formato 14x19, 6 foto in b/n, pp. 176
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Ad Aggius, tra il gennaio del 1950 e il marzo del 1962, il CNSMP organizzò cinque rilevazioni che, coordinate da Giorgio Nataletti o da Diego Carpitella, si avvalsero della collaborazione di studiosi già operanti nell’isola come Alberto Mario Cirese, Antonio Santoni Rugiu, Antonio Sanna, Paolo Cherchi e Pietro Sassu.
L’attenzione riservata a questo piccolo borgo della Gallura, nella Sardegna settentrionale, era determinata dalla ricchezza ed originalità di repertori e modalità esecutive, ora ampiamente rappresentati nei due CD: una grande varietà di forme espressive, dalle ninne nanne ai canti di lavoro, dalle serenate alle danze per organetto, fino al genere più significativo, il canto a tasgia, ancora oggi considerato dai cantori locali l’elemento cardine della propria identità culturale.
Con un’ampia introduzione critica e la trascrizione dei testi poetici con relative traduzioni, il volume presenta alcuni contributi sulle vicissitudini del canto a tasgia nel secolo scorso, dagli apprezzamenti di Gabriele D’Annunzio fino alla sua presenza nello spettacolo di Dario Fo, Ci ragiono e canto, evidenziandone la rispondenza a dinamiche performative interne alla comunità e imperniate sui due cantori più noti, Salvatore Stangoni e Matteo Peru.
Di fondamentale importanza per la conoscenza delle pratiche musicali aggesi, il volume si realizza per impulso determinante del Coro “Galletto di Gallura” di Aggius, che ha così inteso rendere omaggio ai propri padri, e segna l’avvio di una specifica sezione della collana, dedicata alla pubblicazione dei documenti relativi alla Sardegna conservati presso gli Archivi di Etnomusicologia, con la costituzione di un Comitato scientifico coordinato da Ignazio Macchiarella.
Ascolta il brano La brunedda
dall'introduzione di Ignazio Macchiarella
Nel “piccolo mondo” delle pratiche musicali trasmesse oralmente in Sardegna, i repertori di canto a più parti vocali e di canto a chiterra di Aggius hanno, e hanno avuto per larga parte del Novecento, una speciale rilevanza, occupando una sorta di posto a sé stante nel panorama musicale della regione.
In un certo senso, benché considerati frutto di una specificità musicale locale (secondo i comuni meccanismi di costruzione identitaria), si pensa (e si è pensato) ad essi come ad una sorta di “classico” della “musica sarda” in generale, un classico conosciuto, rispettato e omaggiato da chiunque, nell’isola, si interessi alle “tradizioni musicali”. Una reputazione indissolubilmente connessa alla celebrazione dei gruppi di interpreti e, in particolare, di alcuni rinomati cantori, come Giuseppe Andrea Peru, Matteo Peru e Salvatore Stangoni, di cui si dirà più avanti.
Tale particolare situazione, al di là dell’indubbia ricercatezza delle espressioni musicali in questione, deriva da una vicenda del tutto singolare, nel panorama sardo e non solo, che ha portato le musiche e i musicisti aggesi ad essere protagonisti, già all’inizio del secolo scorso, di eventi concertistici entro teatri e altri spazi inusitati per i repertori trasmessi oralmente, anticipando, per molti aspetti, fenomeni analoghi di relativamente recente diffusione. Un percorso che – come illustra l’assai documentato saggio di Roberto Milleddu in appendice a questo volume – deve tutto al diretto interessamento del musicologo Gavino Gabriel (1881-1980), eclettica e complessa figura di intellettuale, attivo entro vari scenari della vita culturale nazionale in epoca fascista e post-fascista.
(…) Con Giorgio Nataletti l’interesse verso Aggius e le sue musiche coinvolge direttamente la nascente etnomusicologia italiana. Come è ben noto, all’opera del funzionario EIAR (poi RAI), musicista e compositore, si deve l’avvio di un lavoro sistematico di ricerca e documentazione sul campo con la costituzione del Centro Nazionale Studi di Musica Popolare (CNSMP) nel settembre 1948 presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma.
Iniziata a Roma e nel Lazio, l’attività di documentazione di Nataletti, già dal gennaio 1950 muove verso la Sardegna, realizzando (o promuovendo la realizzazione di) varie registrazioni in tutta l’isola. Una attività intensa, svolta con la collaborazione della sede RAI di Cagliari, in vero poco conosciuta nel suo concreto articolarsi, che inevitabilmente – alla luce di quanto detto nelle pagine precedenti – è partita proprio da Aggius e proprio dalla registrazione di una tasgia, il primo brano della selezione proposta nei CD allegati a questo volume.
Nel complesso, grazie al lavoro di Nataletti e di altri, negli Archivi dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia vi sono 62 brani registrati ad Aggius, contenuti entro cinque diverse raccolte, realizzate fra il 1950 e il 1962. Si tratta dunque di un corpusconsiderevole di registrazioni curate da gruppi ogni volta diversi di ricercatori, la cui articolazione e la cui importanza per la vita musicale del paese gallurese – e più in generale per le musiche trasmesse oralmente della Sardegna – sono efficacemente evidenziate nel contributo di Marco Lutzu.
Realizzate in breve tempo, le registrazioni effettuate ad Aggius, come quelle in altre località dell’isola e del Continente, rivelano nel complesso l’impostazione tipica della etnomusicologia urgente di quegli anni. (…) Oltre al citato Giorgio Nataletti, ai nomi del padre dell’etnomusicologia italiana Diego Carpitella, del suo allievo e grande etnomusicologo sardo Pietro Sassu, e di uno dei maggiori maestri dell’antropologia italiana, Alberto M. Cirese, fra i firmatari delle raccolte compaiono anche tre studiosi sardi, coinvolti nelle Raccolte 31 e 46, evidentemente per le proprie competenze linguistiche: Antonio Sanna (Bonorva 1918-Cagliari 1982) all’epoca professore incaricato di Linguistica sarda all’Università di Cagliari (il primo insegnamento universitario della materia); Paolo Cherchi (Oschiri 1937), giovane studente poi diventato un insigne docente di italianistica presso la Chicago University; e l’allora studente Antonio Santoni Ruju (ovvero Rugiu) (Sassari 1921-2011) diventato illustre pedagogista e storico dell’istruzione.
(…) Nel loro indubbio fascino musicale, i materiali allegati al volume che ha in mano il lettore, costituiscono il risultato di una momentanea fissazione di eventi sonori trascorsi. Di per sé, infatti, la mera registrazione deve essere considerata come un’attestazione occasionale e discrezionale, frutto delle scelte di chi usa gli strumenti tecnici e delle circostanze in cui è stata prodotta. In quanto tale essa offre un’immagine parziale di una realtà musicale, un frammento rispetto al quale va sempre contemplato un margine (più o meno ampio a seconda dei casi e del tipo di metodologia d’indagine adoperata) di casualità: la disponibilità degli esecutori, la loro “buona vena” del giorno davanti al microfono, la “salute della voce”, l’assenza di elementi di disturbo, di condizionamenti ambientali e così via. In più vanno considerati altri fattori che oggi hanno certamente molto minore rilevanza, come la generale scarsa abitudine a stare davanti al microfono da parte degli esecutori, così come il carattere insolito della presenza di ricercatori venuti da lontano, fattori che certamente incidevano sulla qualità dell’esecuzione.
In questo senso, dunque, i materiali qui presentati – al pari di qualsiasi documento sonoro del passato – vanno considerati come parzialmente rappresentativi della realtà musicale del tempo cui si riferiscono e non hanno alcun valore paradigmatico della cultura musicale di Aggius, della musicalità degli aggesi, e via dicendo. In altre parole, il fatto che quelle realizzate dal CNSMP siano le più antiche attestazioni sonore propriamente etnomusicologiche (e perciò senza le diverse finalità delle documentazioni precedenti cui si è fatto cenno) del far musica ad Aggius non vuol dire che esse siano da considerare come i modelli “originali”, “autentici”, e men che mai che esse vadano imitate o riproposte.
L’intento di questo lavoro – e più in generale della Collana degli Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia relativa alla Sardegna che con questo volume si apre – è esclusivamente quello di dare un contributo allo studio scientifico sulle pratiche musicali di Aggius presentando e contestualizzando dei materiali documentali, frutto di conoscenze e consuetudini (degli esecutori e dei ricercatori) del tempo, tappa iniziale di un percorso di studio etnomusicologico poi proseguito, in maniera più o meno continuativa, dal lavoro di Pietro Sassu e di altri studiosi fino ai nostri giorni. Un contributo documentario, dunque, ma al tempo stesso un impegno per un futuro approfondimento analitico.
Cuore del volume sono i due CD le cui 56 tracce sono state selezionate da Marco Lutzu sulla base dell’ascolto di tutto il materiale aggese oggi depositato all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, e con la collaborazione di Gian Piero Leoni e Giampiero Cannas entrambi cantori attivi ad Aggius, esperti conoscitori della storia locale della pratica esecutiva. Per ciascun brano, oltre ai dati relativi alle registrazioni viene offerto anche il testo verbale, nella variante linguistica locale (con particolare cura ortografica secondo i recenti contributi della ricerca linguistica nell’isola) e in traduzione italiana.
Il volume è arricchito da un’ampia appendice in cui Marco Lutzu e Roberto Milleddu contestualizzano i materiali sonori dei due CD all’interno delle vicende dell’ultimo secolo di storia musicale di Aggius, dalle prime testimonianze documentarie fino alla vivace e variegata realtà esecutiva contemporanea. Segue un significativo intervento del celebre chitarrista e musicista sperimentatore Paolo Angeli. Nativo della zona, Angeli fin dall’infanzia ha praticato in prima persona le musiche locali nei tradizionali contesti esecutivi: la sua duplice prospettiva di performer/studioso offre alcune indicazioni analitiche sull’evoluzione delle pratiche del canto a più parti vocali del paese di cui riflessioni successive potranno giovarsi.
Insomma, si tratta di un volume che insieme alla particolare esperienza di ascolto offerta dai due CD, propone un ricco apparato critico e delle basilari linee interpretative relativamente a pratiche musicali uniche e irripetibili, nella loro singolarità e nel reciproco intrecciarsi ed incrociarsi all’interno della vita sociale del piccolo borgo gallurese.
i 2 CD
CD 1 1950-1956
1. Tasgia 1:46
2. Lu passu 1:11
3. Li salti 0:54
4. La brunedda 1:05
5. Bedda, li mei ‘iltù 1:12
6. Andira 1:59
7. Loda 1:35
8. Tantu tempu dunosa 2:19
9. Ottava 2:25
10. Cantu in Re 4:33
11. Disispirata 2:34
12. Gadduresa 2:02
13. Disispirata 2:10
14. Lu passu 1:06
15. Li salti 1:22
16. Baddittu 1:01
17. Lu baddu di tre 0:38
18. Lu baddu di tre in zincu 0:35
19. Lu baddu di cuattru 0:26
20. Bozi di janna 2:37
21. A ninnia 0:57
22. A ninnia 0:54
23. Duru duru 0:33
24. Muttu 0:53
25. Lauda di Nostra Signora di lu Rusàriu 1:37
26. Miserere processionale 1:19
27. Stabat Mater solenne 1:41
28. Loda 1:34
29. La brunedda 1:46
30. Lu paltì no m’appena 1:17
31. Disispirata 2:43
32. Li salti e baddittu 1:21
33. Baddu di tre, baddu di cuattru, li salti 1:45
durata totale: 52.10
CD 2 1959-1962
1. Gloria, laus et honor – Bedda, li mè ‘iltù 1:31
2. Tantu tempu dunosa 1:36
3. Regina coeli 1:22
4. Stabat Mater solenne 2:13
5. Filugnana 3:36
6. Disispirata 3:06
7. Filugnana 2:20
8. Tibi soli peccavi 4:31
9. Miserere solenne 0:45
10. Stabat Mater solenne 2:01
11. Hosanna Filio David 0:33
12. Pueri Hebraeorum 1:12
13. Gloria, laus et honor 1:14
14. Passio 3:07
15. Epistola 2:09
16. Miserere processionale 0:58
17. Stabat Mater solenne 2:04
18. Regina coeli 2:52
19. Tasgia 1:41
20. Li salti 1:44
21. La brunedda 1:54
22. Disispirata 3:17
23. Filugnana 2:10
durata totale: 48.05
Fotogallery
Docente di etnomusicologia presso il Conservatorio G.P. da Palestrina di Cagliari, membro del comitato scientifico del GATM e vicedirettore della rivista Analitica, Marco Lutzu si occupa di musiche di tradizione orale e di musica religiosa afrocubana, ambiti nei quali ha realizzato libri, cd e documentari etnografici. Assieme a Francesco Casu, ha curato l’Enciclopedia della Musica Sarda.
Un volume prezioso che fa il punto sui 'giacimenti culturali' del piccolo borgo della Gallura, nella Sardegna meridionale. E' la terra d'elezione del canto a più parti, 'a tasgia', tramandato oralmente e usato sia in ambito di repertori sacri sia profani. Un testo realizzato con l'impulso determinante del Coro Galletto di Gallura di Aggius, vero presidio di un'identità forte, in continua evoluzione e per fortuna per nulla destinato all'oblio delle prossime generazioni Guido Festinese, Alias-Il Manifesto
La consistente attività di documentazione delle musiche del piccolo borgo della Sardegna nord orientale, collocato tra il mare e le pendici del monte Limbara, venne realizzata in collaborazione con la sede RAI di Cagliari e portò a fissare una grande varietà di forme espressive (primo fra tutti il canto ‘a tasgia’, considerato dai cantori locali cuore della propria identità culturale, ma anche canto ‘a chiterra’, ninna nanne, canti religiosi, canti di lavoro, serenate, danze per organetto diatonico). Non che siano mancate in passato rivisitazioni critiche sul voluminoso corpus di documenti – penso agli interventi di Carpitella nei primi anni Settanta – ma oggi è quanto mai opportuno, riproponendo al pubblico ascolti che si accolgono con ‘grande emozione’, collocarli nella cornice analitica contemporanea, rinunciando a ‘monumentalizzarli’. (...) In definitiva, se da un lato “Musiche tradizionali di Aggius” propone l’affresco di una storia culturale, dall’altro contiene riferimenti sonori imprescindibili, pur nella consapevolezza della loro transitorietà e unicità. Ciro De Rosa, Blogfoolk