Maurizio Agamennone
(a cura di)
Musiche tradizionali del Salento
Le registrazioni di Diego Carpitella e Ernesto De Martino (1959, 1960)
2006 III ed., € 23
Formato 14x19, 8 foto in b/n, pp. 164
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Nelle estati del 1959 e del 1960, quando alcune procedure di ricerca e documentazione in Italia erano ancora sconosciute, Ernesto de Martino e Diego Carpitella raccolsero, in due campagne nel Salento per conto del Centro Nazionale di Studi di Musica Popolare, la più ampia documentazione sonora esistente sulle musiche del tarantismo che, in grandissima parte ancora inedita, si pubblica per la prima volta nei due cd allegati al volume, con introduzione critica, i testi poetici e le fotografie realizzate dallo stesso Carpitella.
Le due raccolte – nn. 48 e 53 degli Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia – documentano espressioni musicali scomparse ormai dalla prassi esecutiva, con gli esecutori più rappresentativi della terapia musicale del tarantismo come il violinista-barbiere Luigi Stifani e la tamburellista e cantante “Za Tora” Marzo, e forniscono una testimonianza sonora delle occasioni e procedure espressive di una cultura contadina, quali la ritualità della nascita e della morte, il lavoro e la danza. La raccolta 48, in particolare, costituisce il corredo sonoro dell’indagine demartiniana del 1959 a Nardò, Muro Leccese e Galatina, sfociata poi ne La terra del rimorso, mentre la raccolta 53, estesa anche alle località di Giuggianello, Matino, Sanarica, Taviano e Ruffano, ha un carattere antologico in cui sono rappresentati generi e modi performativi molto diversi, dai canti di lavoro al lamento funebre.
Ascolta il brano Pizzica tarantata
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(…) Dopo una lunga preparazione condotta con incontri settimanali presso la casa romana dello studioso, Ernesto de Martino e i suoi collaboratori[1] arrivano finalmente nel Salento, per osservare direttamente sul terreno il tarantismo pugliese: vi trascorrono un periodo compreso fra il 20 giugno e il 10 luglio del 1959, alloggiando presso il piccolo albergo “Il cavallino bianco” nella città di Galatina, da loro considerata il centro rituale e il cuore ancora pulsante del fenomeno; svolgono le loro operazioni di ripresa e documentazione fra le località di Galatina – soprattutto, come s’è visto, intorno e dentro la cappellina dedicata a san Paolo –, Nardò e Muro Leccese. Pur se limitata nel tempo[2] e sottoposta a valutazioni complesse e controverse[3], questa prima esperienza salentina ha avuto senz’altro un carattere fondativo, per gli studi etnologici, storico-religiosi e musicologici. Intanto, per il volume che ne scaturì, La terra del rimorso, considerato – ancora oggi, dopo oltre quaranta anni – il punto di partenza e il testo di riferimento[4] per qualsiasi riflessione o aggiornamento di studi e interpretazione critica sul tarantismo, nella ricostruzione storico-religiosa, l’osservazione etnografica e nei preziosi contributi dei più giovani collaboratori[5]. E, ancora, per la documentazione prodotta, che appare assolutamente unica, priva di precedenti e non altrimenti attingibile; quindi, per le proiezioni e prospettive di ricerca che, successivamente, ne derivarono.
(…) Prima di quella remota esperienza salentina certe procedure di ricerca e documentazione erano, in Italia, semplicemente sconosciute; l’energia emotiva e l’impegno produttivo (fabrile e operativo, sul terreno, ma anche teorico, rivolto verso una riflessione critica sui dati acquisiti) che caratterizzarono l’opera di quegli studiosi (quasi tutti molto giovani, allora) furono tali da marcarne profondamente l’azione, nei decenni successivi: il profondo interesse per la corporeità dell’agire musicale - la “somatizzazione del suono”, come spesso preferiva dire - che ha ininterrottamente caratterizzato l’opera scientifica di Carpitella fino alla sua scomparsa, e il ricorso costante a procedure di documentazione sonora e visuale (fino a essere considerato uno dei fondatori dell’antropologia visiva, e divenirne uno dei teorici), credo si sia consolidato definitivamente e irreversibilmente proprio nella prima campagna salentina, quella a guida demartiniana, e nelle successive, che per Carpitella si protrassero negli anni seguenti.
(…) Con il suo “rapporto etnografico” compreso nel volume demartiniano, Carpitella compone le sue considerazioni sulla musica nella terapia del tarantismo: una riflessione che può dirsi, in buona sostanza, matura e definitiva: successivamente, non ebbe occasione di ritornare sull’argomento in maniera significativa. Tuttavia, nonostante l’apparente “provvisorietà” della riflessione e il secco tono stilistico – da rapporto etnografico, appunto – questo testo è, ancora oggi, dopo oltre quaranta anni, il saggio di riferimento per quanto concerne la musica nel tarantismo salentino. (…) La bibliografia più recente – copiosissima, soprattutto negli ultimi dieci/quindici anni - non aggiunge praticamente nulla di sostanziale e rilevante, salvo pochi lavori[6], all’analisi etno-musicologica proposta in quell’ormai lontano “rapporto etnografico” del 1961.
(…) Queste due raccolte rappresentano il corpus documentario più importante, articolato e diversificato, intorno alla musica del tarantismo. La raccolta 48, soprattutto, è quasi interamente dedicata a questo fenomeno, e costituisce la dotazione documentaria completa - per quanto concerne i suoni - della campagna demartiniana condotta nel 1959: concerne tre sole località (Nardò, Galatina e Muro Leccese) considerate come il cuore ancora pulsante del fenomeno (soprattutto Nardò, Galatina). La raccolta 53, invece, ideata e condotta direttamente dal solo Carpitella, non risulta strettamente subordinata a un programma di ricerca monografico o “esterno”: pur conservando tracce profonde di una persistente attenzione verso il fenomeno del tarantismo, rilevato ancora nel corso della terapia domiciliare, si configura, piuttosto, come una raccolta a carattere antologico, in cui sono rappresentati, con numerose testimonianze, generi e modi performativi molto diversi; concerne un’area più estesa, con un numero maggiore di località ancora non esplorate (Giuggianello, Sanarica, Matino, Taviano, Ruffano, Avetrana), alcuni ritorni (a Muro Leccese) e verifiche successive, presso gli stessi informatori; conserva repertori precedentemente non rilevati e non documentati altrimenti: il che ne avvalora ulteriormente la pertinenza culturale.
[1] Allo studioso napoletano si affiancarono: Diego Carpitella, etnomusicologo, Giovanni Jervis, psichiatra, Letizia Comba, psicologa, Amalia Signorelli, antropologa, Vittoria de Palma, assistente sociale, Franco Pinna, fotografo. Al gruppo di ricercatori, nonostante nelle cronache risulti assente o sia citata in maniera sfuggente e ambigua, partecipò senz’altro l’allora giovanissima Annabella Rossi. Pur non avendo maturato un rapporto sempre felice con de Martino (cfr. Esposito 2002) - che, peraltro, non era affatto persona facile nelle relazioni con i suoi collaboratori - Annabella Rossi trasse dalla campagna salentina importanti e fertili esperienze (Rossi 1994 e 2002).
[2] Se confrontata con gli scenari e tempi classici dell’etnografia e antropologia, una permanenza sul terreno di 20 giorni può risultare, effettivamente, assai breve. Comparativamente, la permanenza in Basilicata, nel 1952, fu più lunga.
[2] La bibliografia su questa esperienza demartiniana è molto ampia; cito soltanto alcuni titoli, fra i più significativi: Gallini (a cura di) 1986, Carpitella 1992/a, Cherchi 1994, Lanternari 1997, Gallini e Faeta (a cura di) 1999, Di Mitri (a cura di) 2000, Merico 2000, Imbriani 2003.
[3] La bibliografia su questa esperienza demartiniana è molto ampia; cito soltanto alcuni titoli, fra i più significativi: Gallini (a cura di) 1986, Carpitella 1992/a, Cherchi 1994, Lanternari 1997, Gallini e Faeta (a cura di) 1999, Di Mitri (a cura di) 2000, Merico 2000, Imbriani 2003.
[4] Tutto sommato, anche il controverso e problematico fenomeno contemporaneo del cosiddetto “neo-tarantismo” trova nel volume demartiniano il testo fondativo; cfr, Nacci (a cura di) 2001 e 2004.
[5] Rispettivamente, nella forma di appendici numerate in ordine progressivo, in de Martino 1961: Giovanni Jervis, Considerazioni neuropsichiatriche sul tarantismo (pp. 287-306), Letizia Jervis-Comba, Problemi di psicologia nello studio del tarantismo (307-334), Diego Carpitella, L’esorcismo coreutico-musicale del tarantismo (335-372), Amalia Signorinelli, Dati relativi alle condizioni economiche dei tarantati (373-377), Ernesto de Martino e Vittoria de Palma, Problemi di intervento (378-384). Come si vede, Amalia Signorelli vi appare come Signorinelli, sia nella prima edizione (1961) che nelle successive, leggermente modificate sul piano editoriale.
[6] Fra questi, segnalo, Giannini 2002: l’indagine proposta riguarda l’area di San Vito dei Normanni, situata pochi chilometri a est di Brindisi, ma in territorio che si può considerare ancora salentino; fra i contributi e le rilevazioni più interessanti, indico: l’assenza assoluta di riferimenti alla devozione e protezione paolina o di altri santi ausiliatori, che invece connota le esperienze più meridionali descritte nell’esplorazione demartiniana; la descrizione dello strumentario utilizzato (oltre i violini, risultano anche molto presenti i mandolini, nonché il bombardino, per alcuni usi terapeutici specifici); la coincidenza fra la professione di barbiere e l’azione di musicista-terapeuta; l’attiva presenza di alcune donne tamburelliste; infine, alcuni documenti musicali: cinque, preziose, trascrizioni delle pizziche eseguite a San Vito per la terapia, nonché quattro spartiti annotati dagli stessi musicisti-terapeuti, indicativi di una elementare alfabetizzazione alla scrittura, integrata alla prevalente tradizione orale che caratterizza sia la formazione dei musicisti che le loro prassi esecutive, nella terapia e nella “musica da barberia”.
i 2 CD
CD 1 Registrazioni di Diego Carpitella ed Ernesto de Martino (1959,1960)
Pizziche tarantate, ninne nanne, canzoni narrative e lamenti, polke e valzer
1. Pizzica tarantata 0:39
2. Pizzica tarantata 0:42
3. Tarantella 1:59
4. Ieri sera chiantai nu dattulu 4:12
5. Ah ziu mia di core 0:36
6. Mi presi la cavalla e me ne ’ndai ’lla guerra 6:07
7. Pizzica tarantata 2:03
8. None none none none nanna 1:07
9. Nanna nanna piccinnu miu 0:59
10. Beddhu meu beddhu meu 1:15
11. Pizzica tarantata 2:47
12. Pizzica tarantata 6:12
13. Pizzica tarantata 6:00
14. Pizzica tarantata 2:59
15. Pizzica tarantata 2:59
16. Polka prima e seconda 7:24
17. Valzer 2:16
18. Pizzica tarantata 4:01
19. Pizzica tarantata 3:56
20. Valzer 3.35
21. Polka 2:50
22. Scotis 2:27
23. Moretto moretto 0:48
24. Pizzica tarantata 0:57
25. Pizzica tarantata 4:02
26. Au cumpare cumpare cumpare 0:32
durata totale: 74:35
CD 2 Registrazioni di Diego Carpitella (1960)
Pizziche tarantate, canti dei “trainieri” e altri canti durante il lavoro
1. Pizzica tarantata 5:40
2. Pizzica tarantata 4:33
3. E mujerima pe la musica è pazza pazza 0:58
4. Canto di carrettiere 0:17
5. Canto di carrettiere 2:44
6. Canto di carrettiere 3:08
7. Canto di carrettiere 1:26
8. Canto di carrettiere 6:34
9. Pizzica tarantata 1:38
10. E quannu te curchi intra dhu biancu lettu 2:00
11. Quantu tiempu ci stia desideratu 1:57
12. Beddha quantu ulia te baciu 4:17
13. Lu Rivellinu te le Cathrippuline 1:55
14. T’amai quann’eri piccola zitella 1:39
15. Muntagne fine intra dhu boscu te muntagne fine 1:51
16. Quannu l’ugeddhu pizzica la fica 2:39
17. E me pezzecau chiù sutta te la unnella 2:59
18. Lu Ntoni te lu Capu 1:54
19. Dice c’ha partorita la reggina 3:21
20. E tuppi tuppi la porticella 1:25
21. E la notti ncelu e la e monta alla sera 1:51
22. Fino al Piave noi siamo rivati 2:30
23. Che beddha fija tiene sto massaro 2:22
24. E vulia sapere ci suntu li toi 2:18
25. E la dunni ni mea e din pettu nun tiene i menne 1:53
26. Tantu t’aggiu stringere e baciare 0:54
27. Arannu arannu me mparai arare 2:15
28. E dammene una e dammene doi 0:33
29. E lu mio bene ci arte tiene 0:41
durata totale: 69:30
Alcune foto di Carpitella
Docente dell’università di Firenze, Maurizio Agamennone è autore di numerosi studi di etnomusicologia e antropologia della musica e per Squilibri ha pubblicato diversi volumi tra i quali Musica e tradizione orale in Salento. Le registrazioni di Alan Lomax e Diego Carpitella (1954)
Questo libro rappresenta il miglior contributo apparso in tutti questi decenni sul fenomeno divulgato da de Martino e Carpitella e sintetizza il valore di questi documenti inserendoli in mezzo secolo di studi etnomusicologici. Dinko Fabris, La Repubblica
Non ci pare di rivolgerci a un pubblico di nicchia segnalando l’uscita di un piccolo tesoro … celato nel forziere delle musiche di tradizione del nostro paese. Un forziere che finalmente… potrà aprirsi a tutti. Perché questa è musica che tutti dobbiamo ascoltare. Per sapere chi siamo. Gabriele Ferraris, La Stampa
Questo libro ci pone di fronte al documento originale, che è molto più crudo e aspro della miriade di rivisitazioni più o meno competenti, dandoci la misura della distanza che intercorre tra la sofferta impellenza del rituale di allora e l’euforica celebrazione dell’intrattenimento di oggi. Paolo Scarnecchia, Il giornale della musica
Carpitella e De Martino capiscono di trovarsi di fronte alla “fine” di un mondo, i cui brandelli restano ora appettiti da un mercato sempre più globale e rimasticate in un glocal commerciale lontano dalle posizioni musicali e comportamentali di quarant’anni fa. Fabio Francione, Il cittadino
La pubblicazione è un evento di straordinaria importanza per chi si occupa di musica popolare. Queste incisioni sono infatti la testimonianza di anni in cui la musica di tradizione orale del nostro paese era ancora altro, testimonianza di un altro modo di fare musica. Giovanni Vacca, Alias