Mauro Balma, Giorgio Vassoney
(a cura di)
Musiche tradizionali della Val di Cogne
Le registrazioni di Sergio Liberovici (1956)
2009, € 23
Formato 14x19, 10 foto in b/n, pp. 194
Nel marzo del 1956 Sergio Liberovici giunge in Valle d'Aosta per realizzare, per conto del Centro Nazionale Studi di Musica Popolare, alcune rilevazioni sui repertori alpini e, seguendo le indicazioni di un consigliere d'eccezione, il canonico Jean Domaine, sale a Cogne per esplorare un microcosmo sonoro distribuito tra il centro urbano, le frazioni di Epinel e Gimillan e il villaggio minerario di Colonna dove, a 2407 metri, sulle pendici del monte Creya sorge il giacimento di magnetite più ricco e importante d'Italia.Tra il 21 e il 26 marzo, in particolare, egli raccoglie un consistente numero di brani, vocali e strumentali, del ricco repertorio locale, fermati su nastro in un periodo in cui la centralità del canto, propria di una società agro-pastorale e minacciata ormai dalle trasformazioni in atto, era ancora viva ed attuale in una comunità che con voci e strumenti era solita dare un colore tutto speciale ai giorni dell'anno dedicati al lavoro, a quelli dedicati al riposo, ai tempi di festa.
Confluiti nella raccolta 28 degli Archivi di Etnomusicologia, questi brani costituiscono un'insostituibile testimonianza di forme espressive del tutto originali, come il canto a retòn o i repertori incentrati sul tamburo di Cogne, eseguite dagli interpreti più rappresentativi nel singolare alternarsi di italiano, francese e patois, le tre lingue comunemente parlate nel territorio valdostano.
La documentazione sonora del tutto inedita, pubblicata nei due cd allegati al volume, con ampia introduzione critica, la trascrizione e traduzione dei testi poetici, numerosi esempi musicali e un piccolo ma significativo corredo fotografico, risulta così di fondamentale importanza per la valorizzazione delle tradizioni musicali regionali intrapresa dalle istituzioni locali, d'intesa con le quali è stata realizzata la presente pubblicazione.
Ascolta il brano Dans Paris il y avait une barbière
Leggi l'introduzione
G. Vassoney, Musica e tradizione a Cogne (Valle d’Aosta) nelle registrazioni di Sergio Liberovici
Il 19 marzo 1956, domenica, festa di S. Giuseppe, pochi giorni prima dell’arrivo a Cogne di Sergio Liberovici, un gruppetto di minatori aveva ottenuto il permesso di salire a Colonna con le fidanzate per pranzare e passare il pomeriggio al cinema. Colonna era allora il più alto villaggio minerario d’Europa, arroccato dai primi anni Dieci del Novecento all’ingresso delle gallerie di carreggio del giacimento minerario di Cogne, a 2407 metri di quota. Dopo la prima messa del mattino in paese, il gruppetto era salito in teleferica con le ragazze e si era recato alla mensa per il pranzo. Nel pomeriggio, finita la proiezione nella grande sala del villaggio minerario, con le lampade a carburo nascoste il giorno prima nei pressi delle tramogge, il gruppetto si avventurava nelle gallerie e nelle rimonte dell’imponente miniera di ferro, per finire poi in allegria a cantare nei cameroni degli operai. Presto scoperti, i giovani minatori avrebbero rischiato il licenziamento: se la cavarono invero con una multa di tre ore e l’affissione sulla bacheca “per aver portato ragazze in miniera senza l’autorizzazione della direzione”. Del gruppo faceva parte Osvaldo Ruffier, che sarebbe diventato dal 1961 e per 35 anni sindaco di Cogne, con Jolanda Guichardaz, la sua futura sposa; con loro erano altri quattro giovani minatori con le loro fidanzate. Questo aneddoto, raccontato dall’ex-sindaco e minatore Ruffier[i], ben riassume quella che doveva essere la vita nella comunità di Cogne all’inizio degli anni Cinquanta. Il lavoro in miniera rappresentava, a partire dal primo dopoguerra, la principale risorsa economica e occupazionale di gran parte della popolazione locale e di un gran numero di operai immigrati dal nord Italia, prima, e dalle regioni del sud dopo il 1945.
La miniera di Cogne, che dopo alterne vicende storiche aveva conosciuto il suo apice ottocentesco grazie all’ingegno e alla lungimiranza del dottor César Emmanuel Grappein (1772-1855)[ii], era rinata nei primi decenni del Novecento, assurgendo in breve a principale e più importante elemento della siderurgia integrale nazionale, rappresentata dalla Società Nazionale Cogne con le miniere di ferro e di antracite, le centrali idroelettriche e l’acciaieria di Aosta. I giovani minatori-contadini di Cogne, come già i loro padri, finito il turno in galleria si occupavano dei lavori nei campi –semine, raccolti, fienagioni– e dell’allevamento del bestiame che ogni famiglia teneva in casa durante l’inverno e saliva agli alpeggi in estate, e che contribuiva così ad arrotondare il bilancio familiare, oltre a costituire, più o meno consapevolmente, un indispensabile contributo alla salvaguardia del territorio e un sostegno alle crescenti attività turistiche legate alle bellezze e alle peculiarità di un Parco Nazionale come quello del Gran Paradiso. E tutte le attività, nel lavoro come nel tempo libero, erano scandite dal canto, che rappresentava per tutti la principale occasione di divertimento.
Sergio Liberovici incomincia le sue registrazioni all’Hôtel Grivola nel pomeriggio stesso di mercoledì 21 marzo. A cantare davanti a lui e al suo registratore Nagra è un’anziana signora di Cogne, Henriette Guichardaz La Piérótta:
di circa 70 anni, un po’ pazza. Sul suo conto vi sono molte leggende. Da giovane si recava sui boschi circostanti Cogne, sin dall’alba; da lì, invadeva la valle con canti eseguiti in maniera selvaggia e primitiva; i notabili dovettero diffidarla dall’insistere in questa abitudine perché spaventava i villeggianti. Con lei abbiamo inciso 5 canti; qualità delle esecuzioni relativamente bassa, per improvviso abbassamento di voce dell’informatrice; consumata una scatola di pastiglie. Musicalmente, qualche brano interessante. La prima registrazione è contraddistinta da una sovrapposizione di cinguettii; un cardellino si svegliò nel bel mezzo della seduta e prese ad accompagnare suggestivamente il canto della vecchia.
(…) Terminata la prima sessione e registrati cinque canti con la solista, Liberovici sale al villaggio di Gimillan, che domina duecento metri più in alto la piana di Cogne. Ad accoglierlo è Evelyne Foretier, alla quale egli si rivolge per ricercare un gruppetto di ragazze con cui programmare una registrazione per il venerdì successivo. (…)
In effetti tutti cantavano a Gimillan: le ragazze poi cantavano tutti i giorni, sin dal mattino, nella stalla, mentre la mamma lavorava in cucina, nel cortile, al fienile, fuori al pascolo. E si cantava tutto quello che veniva in mente, in italiano, in francese, in patois[iii]. L’appuntamento è fissato per venerdì pomeriggio e puntuale Liberovici arriva con il suo furgone, accompagnato dall’autista e dal tecnico. La registrazione viene effettuata in casa di Dominique Guichardaz, che all’epoca possedeva uno dei più belli e confortevoli beu di tutto il villaggio. A Cogne il beu era il locale in cui tutta la famiglia conviveva con le mucche, spesso usato per le veglie, i balli domenicali e le feste di carnevale, con le mangiatoie sulla destra, un corridoio con i letti e la stanza, sufficientemente spaziosa per ospitare un ballo, di abitazione della famiglia: papà Dominique, classe 1917, la mamma Marceline Foretier, del 1920, e i figli Rina, Pierino ed Ernesto, all’epoca di appena tre anni. (…)
Sergio Liberovici registrerà a Gimillan, venerdì pomeriggio, sette brani, ma alcune registrazioni dovranno essere rifatte, perché il registratore non funziona perfettamente a causa degli sbalzi di temperatura. Alcune delle ragazze si ritroveranno la domenica mattina, dopo la messa delle otto, nel salone dell’Hôtel Grivola, dove si effettueranno in tutto venti registrazioni. A Gimillan, inoltre, sono presenti anche alcuni uomini, il cui canto sembra disturbare Liberovici al punto che viene chiesto loro di astenersi dall’accompagnare le ragazze: alcuni brani sono poi accompagnati alla fisarmonica da Marino Grappein, il fisarmonicista che per molti anni avrebbe fatto divertire le giovani coppie del villaggio nei vari beu in cui si tenevano gli incontri e le feste, o più verosimilmente da Henri Foretier[iv]. Presi i dovuti contatti con le ragazze, Liberovici rientra a Cogne nel tardo pomeriggio di mercoledì 21 marzo e nel dopocena, al Grivola, effettua altre 8 registrazioni con Henriette Guichardaz e con due suoi nipoti, Cyprien Gérard Pyèn (Póou) de Guitsèrdòn e sua sorella Marie. (…)
La giornata di giovedì 22 marzo, oltre che a prendere contatti con un gruppo di Epinel, la frazione più bassa di Cogne, è dedicata a due importanti sedute di registrazione, che avvengono in due case private di Cogne. Verso le sei di sera si riuniscono a casa di Pacifico Perret Papicco e di sua sorella Matilde Titine un altro gruppo di giovani ragazze e Pierre Basile Guichardaz detto Magne, “il suonatore ufficiale di tamburo di Cogne”.(…)
Oltre ai canti di Matilde e Gemma Perret e Rosetta Guichardaz, accompagnate dalla fisarmonica di Papicco e dal tamburo di Magne, e a due brani eseguiti da Titine accompagnata dalla sua chitarra, si registrano alcuni brani musicali, che Liberovici annota come “tarantelle” di Cogne: si tratta di brani in due movimenti, che normalmente vengono ballati in gruppo, nei quali il tamburo accompagna la fisarmonica ritmando con le nocche, i sonagli e il rullio della pelle fatta vibrare. Sono brani che ancora oggi, aldilà delle esecuzioni del gruppo folkloristico dei Tintamaro, vengono eseguiti a carnevale nella sfilata dei coscritti verso la piazza del paese e nel ballo che ne segue, durante il quale viene portato a spalle il barile di vino che servirà per i quattro giorni di festa. Qui Pierre Basile Guichardaz, che è ricordato come un eccellente suonatore di tamburo, esegue passi di difficile riproduzione, anche per i più esperti suonatori moderni, abituati ad essere piuttosto inquadrati dalle esigenze della coralità in un unicum esecutivo piuttosto che lasciati liberi di esprimere la loro abilità individuale. (…)
Come Pierre Guichardaz, anche Pacifico Perret Papicco diventerà un punto di riferimento per i gruppi che a Cogne si organizzano per salvaguardare una tradizione canora e musicale. Nato nel 1927 “da una famiglia di autentici, seppur semplici, cultori della musica: la mamma suonava la fisarmonica, il papà il clarinetto e la sorella, oltre a cantare con una voce stupenda, la chitarra” (Guichardaz: 97), Papicco impara la musica a Crétaz con Ronzero Zoppo (da cui prenderanno lezioni anche i giovani Bibois) e si specializza poi con Pierre Lucien Ruffier Pierró, un suo coetaneo figlio di emigrati, “conducteur de métro, puis professeur d’accordéon au Conservatoire du XIIème arrondissement de Paris”[v]. Cantore per 47 anni, organista e direttore della cantoria, dopo essere stato uno degli animatori del gruppo del Costume e aver partecipato attivamente alla fondazione dei Tintamaro, Papicco finirà per traghettare la corale nei più difficili anni Ottanta, quando l’interesse e la partecipazione alle attività folkloristiche sembrano scemare. Già due anni prima, nel 1954, Papicco era stato registrato a Cogne da Alan Lomax insieme con sua sorella Titine, con il fisarmonicista Joseph Gérard, uno sconosciuto suonatore di tamburo e un gruppo di canterine di Lillaz in un repertorio che prevedeva, tra gli altri, alcuni dei pezzi di questa raccolta (Plastino 2004).
Dopo le registrazioni con le ragazze di Gimillan di venerdì pomeriggio, sabato 24 marzo alle otto di sera Sergio Liberovici si reca a casa Bibois, dove registra otto brani con mamma Reine e i suoi figli Agnese, Maria e Giuseppe. Sono presenti anche il giovane Celestino Cavagnet con il suo tamburo e Louis Rey, che esegue un canto solista. Reine Ruffier (1894-1976) è considerata la più grande poetessa di Cogne, una donna che “si dimostrò capace di forzare i limiti che le venivano imposti senza per questo rompere con i modelli sociali dell’epoca” (Roullet 2004). E con lei tutta la famiglia Bibois assume un ruolo indimenticabile nella memoria dei cogneins, con il gruppo musicale destinato a lasciare un segno in tutta la seconda metà del Novecento (…).
Nei brani registrati Maria fa il primo, Agnese il secondo e mamma Reine il basso. Ma Reine canta anche da sola, e riporta alla luce un repertorio che, a distanza di cinquant’anni, sembrava definitivamente scomparso e che ben si accompagna ai testi, alle poesie, ai racconti e alle leggende che hanno fatto di Reine la prima scrittrice in patois di Cogne, la cui produzione è ancora in gran parte da pubblicare, e che trova qui, in questi testi e in queste esecuzioni inedite, un’eccellente vetrina della sua molteplice attività. (…)
L’altro solista della serata in casa Bibois è Louis Rey, Louì de Ré detto Bisquit. (…). Anche Louis ha sempre avuto la passione per il canto. A 12 anni entra nella Cantoria e vi rimane per 50 anni, intanto incomincia a suonare diversi strumenti come autodidatta, e suona a orecchio il mandolino, il clarino, il saxofono, il violino e il banjo. Fa anche parte della banda filarmonica di Cogne nei primi anni Venti, fino al suo scioglimento. Dove poteva aver appreso questo ed altri canti del suo repertorio?
E arriviamo così alla domenica 25 marzo. A partire dalle nove del mattino Sergio Liberovici registra il gruppo delle ragazze invitate, all’uscita della messa, a ripetere alcuni dei canti registrati due giorni prima a Gimillan, e completa le registrazioni con le sorelle Bibois. Nel pomeriggio “seduta con il campanaro Pietro Cuaz (venuto in incognito) per l’incisione di un famoso e lascivo canto cognense. Proseguimento con un coro improvvisato di minatori di Colonna”. Il “famoso e lascivo canto cognense” altro non è che Le vépre de Cogne, parodia su melodia sacra molto diffusa in Valle d’Aosta: il suo esecutore invece è l’ultimo campanaro di Cogne, Pierre Cuaz detto Lou Palén.
(…) Diverso il discorso per quanto riguarda il coro improvvisato di minatori di Colonna. È lo stesso Liberovici a dichiarare nella sua relazione di non essere riuscito a salire alle miniere per effettuare le registrazioni, che vengono quindi fatte all’Hôtel Grivola “attrezzato ad Auditorium”.
[i] Conversazione con Osvaldo Ruffier e Jolanda Guichardaz, 24 febbraio 2009.
[ii] Sulla vita e l’opera del dottor Grappein vedi G. Vassoney, César Emmanuel Grappein amministratore di Cogne, in Il ferro e il buon governo. L’utopia politica ed economica del dottor Grappein e la Valle d’Aosta ai primi dell’800, a cura di Sergio Noto, Atti del convegno di Cogne del 2 settembre 2005 per il 150esimo anniversario della scomparsa, Consiglio Regionale della Valle d’Aosta, Musumeci Editore, Quart (Ao), 2007. Per le opere di Grappein, oltre ai fondi archivistici conservati presso l’Associazione dei Musei di Cogne, vedi J.-C. Perrin (par les soins de), César Emmanuel Grappein. Mémoires et écrits inédits, Musumeci Editeur, Quart (Ao), 2005. Sulla miniera di Cogne vedi P. Foretier, R. Gerbore, G. Vassoney, Cogne e la sua miniera, Musumeci Editore, Quart (Ao), 1993.
[iii] Per un approfondimento sulle lingue dei canti vedi il libretto di accompagnamento al cd Le Dzemeillanéire tsanton, citato in discografia.
[iv] Conversazione con Rina Guichardaz (12 aprile 2009) che così ricorda il suo allora fidanzato e futuro marito.
[v] Questo e altri dati anagrafici e storici relativi alle famiglie di Cogne sono tratti da A. Burland, Familles de la communauté de Cogne, Bibliothèque Communale de Cogne, 1996-2002.
i 2 CD
1. Partons chers compagnons 4.05
2. L’ermite s’en va dans les bois 1.15
3. Dans un bosquet 2.49
4. La castigliana 2.50
5. Viens Hélène 1.32
6. Canzone d’Adamo 1.58
7. Marieta ha quindes an 1.29
8. Italia bella donna 3.38
9. Bonsoir bell’enfant 1.31
10. Filastrocca di Cogne [Dancha pa dessù lo fèn] 1.56
11. Départ de l’exilé 3.52
12. Melìe 2.15
13. La cougnèntse 1.59
14. Tarantella di Cogne 1.13
15. La bella marmotta [La dzènta mermótta] 1.32
16. Le soir à la montagne [Voici venir la nuit] 2.57
17. Due tarantelle di Cogne 1.33
18. La chanson des métiers [La voiture à vapeur] 1.52
19. Là-haut sur ces montagnes 2.19
20. La vieille 1.36
21. Voilà [Catherine était fille d’un roi] 2.14
22. Pimpin 1.13
23. Le coumare de Pontey 2.18
24. La tarantella dei coscritti [Salla di conscrì] 1.10
25. Peucca poulènta 1.12
26. Djan petchoù Djan [De bon matin] 2.13
27. Nou sèn alà a Pollein 0.55
28. Susanna 1.09
29. I minatori [Lo sai che i minatori son leggeri] 1.46
30. La monferrina 1.06
31. L’amour ’l y a des charmes 5.16
32. Dans Paris il y avait une barbière 5.15
33. Siam sedici compagni 1.48
34. Partons charmants bersagliers 4.45
durata totale: 76.45
CD 2
1. Djan petchoù Djan [De bon matin] 3.41
2. Una ragazza morta dal dolore 1.58
3. Tsènsòn de carnavàl 2.05
4. La frénguetta 1.59
5. La chanson des mois 2.09
6. L’enfant de la montagne 2.23
7. L’exilé de la Bretagne 2.37
8. Les cogneins sont pas si fous 1.09
9. La pernì dou Réguénguén 1.03
10. Pour faire une ribote à crédit 2.08
11. Le tambournier 1.32
12. Dans un bosquet 5.02
13. In mezzo al mare c’è un punto nero 3.45
14. Una sera di settembre 4.02
15. La blanchisseuse 3.04
16. Lei si taglia i suoi biondi capelli 4.23
17. Un sabato di sera [Lago Maggiore] 2.06
18. La clicca djeusta 2.43
19. La fête du village 1.58
20. Le vépre de Cogne 3.50
21. Santa Barbara 3.59
22. E a la Colonna c’è la tormenta 3.01
23. I minatori son lingeri 1.39
24. Lassù sulle montagne 3.41
25. Marietta la più bella 2.19
26. Marietta ai quindes an 3.14
27. Papillon volage 1.52
28. Dis-moi oui dis-moi non 1.29
29. Soldat qui vient de la guerre 1.10
30. Dans ce petit boire d’Epinel 0.31
durata totale: 76.44
Fotogallery
Mauro Balma si occupa da oltre trentacinque anni delle tradizioni orali della Liguria e delle aree appenniniche confinanti. Ha realizzato numerosi saggi, monografie e produzioni discografiche di carattere etnomusicologo.
Tra i fondatori dell'Associazione dei Musei di Cogne, di cui è stato primo presidente e direttore scientifico, Giorgio Vassoney ha pubblicato numerosi saggi nel campo dell'etnografia e dell'archeologia industriale.
Un raro volume (...) a colmare un vuoto, quello sulle musiche tradizionali in Valle d'Aosta. Le registrazioni di Sergio Liberovici servono a ricordare un grande ricercatore di suoni che, nel 1956, passò una priimavera tra le case e le miniere dell'allora sconosciuto paese di Cogne, nel Parco Nazionale del Gran Paradiso Riccardo Piaggio, Il Sole 24 Ore
E' una fotografia sonora che fissa repertori splendidi, cantati in tre lingue, in via di sparizione, in qualche caso decisamente originali, come i brani incentrati sul tamburo di Cogne. Balma, in tempi recenti, ha documentato cosa resta oggi di tutto ciò: ma questa, a cui si va con emozione, è la fonte Guido Festinese, Il giornale della musica
Dès le premières pages, nous partons sur les traces du térrain de Sergio Liberovici, pas à pas, jour par jour, rencontre par rencontre. La première plage du premier disque débutte par un chant sauvage d'une femme qui réveille un chardonneret que l'on entend pépier et se superposer à la mélodie. Une société qui n'existe plus à decouvrir pendant plus de deux heures trente de son, illustrées de photographies des années 1950. Véronique Ginouvès, Pastel. Musique et danses traditionnelles
Après avoir gagné la confiance des Cogneins, Liberovici réunit un remarquable ensemble des chants monodoniques et polyphoniques, tires du riche repertoire local, qui illustrent les diverses expressions propres à la tradition musicale alpine, du chant a reton aux faux-bourdon. Il rassembla ainsi une documentation sonore d'une valeur inestimable, qui rêvet également une importance fondamentale pour la mise en valeur des traditions musicales régionales. Nouvelles du Centre d'Etudes Francoprovençales René Willien Il volume, impreziosito da due cd, ripercorre la ricerca compiuta da Sergio Liberovici nel 1956, attraverso documenti sonori in francese o in patois, tra cui "Le vépre de Cogne" incisa dal campanaro Pietro Cuaz detto Lou Plèn, l'accurata indagine dello stile delle voci, un significativo corredo fotografico e commoventi interviste e descrizioni, come quella della leggendaria Henriette Guichardaz detta La Piérotta Joélle Cunéaz, La Stampa