Paola Barzan
(a cura di)
Musiche tradizionali in Polesine
Le registrazioni di Sergio Liberovici (1968)
2015, € 30
Formato 14x19, 18 foto in b/n, pp. 342
In offerta con il 5% di sconto
Arrivato nell’aprile del 1968 nel Polesine, sul Delta del Po, Sergio Liberovici si ritrova di fronte una realtà irriducibile al proprio orizzonte di senso, forgiato nel vivo di esperienze fortemente orientate da un punto di vista ideologico, dai Cantacronache fino alle ricerche condotte assieme a Emilio Jona sul canto sociale e le memorie operaie. Diviso nelle tre isole di Polesine Camerini, Ca’ Venier e Donzella, il territorio interessato alla rilevazione si profilava come un mondo arretrato ed arcaico, tanto nelle condizioni di vita come nella coscienza di classe: tutti vivevano promiscuamente di attività integrate, per cui era difficile separare gli ambiti economici e le appartenenze sociali, e ognuno gravitava attorno a gruppi di case aggrappate agli argini e imminenti sull’acqua.
Nell’intento di comprendere una realtà sociale e culturale così frammentata, Liberovici raccoglie una pluralità di voci e suoni che animano un vivace spaccato sul Polesine alla fine degli anni Sessanta. A dispetto del suo isolamento, nei circa 200 documenti conservati nella raccolta 117 degli Archivi di Etnomusicologia, il Delta del Po si rivela luogo di incontro dove convergono, dal sud al nord della Penisola, disparate tradizioni musicali che emergono dalle memorie di ex mondine, dai rumorosi canti d’osteria, dagli esuberanti cori spontanei di un paese fluviale e, in particolare, dalla voce di Angela Binatti, depositaria di un vasto repertorio di canti di diversa provenienza –dalle ballate dei cantastorie alle villotte venete- assimilati tramite cifre stilistiche e modi performativi appresi nell’ambiente familiare.
Con tre CD allegati, saggi di Chiara Crepaldi, Flavio Giacchero, Febo Guizzi e Paolo Rigoni, un’accurata selezione di brani con trascrizioni musicali e relativi testi poetici, il volume -realizzato in co-edizione con l'Associazione culturale Minelliana- è di fondamentale importanza per la conoscenza della cultura musicale del Polesine.
Ascolta il brano Ai sei di genaio è qui la vecia
Dall'introduzione di Paola Barzan a I documenti sonori
A dispetto della sua modesta estensione geografica, il Polesine ha offerto a Liberovici una certa varietà non solo di situazioni esecutive e di figure di informatori, ma anche di particolarità repertoriali. I documenti sonori qui presentati, in particolare, permettono di individuare differenti aree territoriali ma anche diversi ambiti sociali di acquisizione, rivelando percorsi di diffusione e modalità di trasmissione. Ecco quindi che il basso Polesine si rivela zona di approdo di canti provenienti dal centro e sud d’Italia e dall’area litoranea veneta e friulana, mentre l’alto Polesine è maggiormente caratterizzato dalla tradizione del Nordovest italiano. È facile immaginare come tra i portatori delle diverse tradizioni vi possano essere stati i soldati, i cui movimenti, prima, durante e dopo il Risorgimento hanno interessato entrambe le direttrici, Sud-Nord ed Est-Ovest; lo spostamento stagionale delle mondariso è responsabile dello scambio con la risaia piemontese, in un dare e avere di canti di lavoro, narrativi e, in misura minore, di protesta sociale. L’area litoranea aveva nei lavoratori della laguna, pescatori e battipali, i facilitatori di una circolazione di materiali musicali che arrivava a nord sino a Trieste e all’Istria.
Gli informatori di Liberovici sembrano essere rappresentativi, ciascuno, di una diversa area di provenienza dei canti, come pure di una differente modalità di acquisizione: una situazione che sembra rispecchiare la condizione di frammentazione del territorio e di isolamento delle piccole comunità, delle famiglie, dei singoli nel Polesine all’epoca della ricerca.
Sebbene i repertori non siano sovrapponibili, nei canti della Raccolta 117, ricorrono alcune caratteristiche della trasmissione orale (...). Dall’area lagunare o dall’immediato entroterra veneto giungono ad Angela, forse per tramite delle donne di Pellestrina e del padre pescatore, canti burleschi e conviviali e villotte venete. Fanno ancora parte del consistente patrimonio mnemonico della donna alcuni testi narrativi di tradizione settentrionale, insieme a canti della Grande Guerra, o comunque provenienti dall’ambiente militare, canti di propaganda politica e canzonette sentimentali d’autore ascoltate alla radio. Autoctoni sono i canti rituali di questua della tradizione del basso delta, parzialmente condivisa con le aree limitrofe del ferrarese. A detta della stessa informatrice, l’apprendimento e l’esecuzione dei canti sono avvenuti principalmente in ambiente familiare, ove si sono consolidate cifre stilistiche, formule lessicali, modi performativi che hanno agevolato l’omogeneizzazione di brani di provenienza tanto diversa. Nell’interpretazione di Angela ricorrono alcuni meccanismi dell’oralità caratteristici della ri-creazione estemporanea dei cantastorie, come la ripetizione di versi o emistichi e l’allungamento dell’ultima nota di un inciso o di una frase, espedienti che danno al cantore il tempo di richiamare la formula adeguata, per metrica e senso, a ricomporre il verso. Colpiscono la lunghezza e la completezza di molti dei canti memorizzati dalla Binatti. Angela possiede un proprio formulario di parole e melodie, un forte ed istintivo senso della scansione ed una capacità ricreativa che le permettono una grande flessibilità nell’accordare, di volta in volta, testo e musica; per ricombinare e adattare i versi, l’assetto metrico originario è talvolta forzato con l’introduzione di zeppe compensative (“ma”, “che” e simili) o l’elisione di sillabe, o con momentanei scambi del tempo tra passato e presente o della persona tra singolare e plurale. Accade così che talvolta la coerenza sintattica e grammaticale venga meno e che a guidare la donna sia piuttosto una logica musicale ed espressiva ipertestuale, attraverso cui riesce a recuperare e restituire il significato profondo delle sue storie cantate: una partecipazione emotiva che ha colpito chi, come Liberovici, l’ha potuta incontrare, ma che si comunica anche attraverso l’ascolto delle registrazioni, a distanza di decenni. Lo stesso pathos informa lo stile esecutivo, teso e melismatico, che, da una parte, si conforma, al modello lagunare solistico e lirico, del tutto anomalo nel panorama polivocale dell’Italia padana. (...) Verso la fine della sessione di registrazione sembrano aggiungersi al canto anche altre donne. Le due sorelle sono state mondine nel Vercellese, a Busonengo, dove hanno fatto esperienza del canto di risaia. La documentazione alterna il canto di monda appreso da Linda e Maria Pezzolato ai canti narrativi ricordati da Argia, che le figlie a loro volta ricordano per averli ascoltati da piccole. Solo due canti narrativi vedono tutte le donne cantare insieme; altrimenti esse evitano di interferire nei repertori di reciproca conoscenza, se non per offrire un appiglio mnemonico, suggerire parti del testo o accennare alla melodia. Le esecuzioni, all’ascolto, paiono più dimesse e meno incisive di quelle caratterizzate dalla emozionante e ricca vena di Angela o dalla travolgente energia sonora dei cantori di Calto. Il tipo di memoria musicale, specialmente nelle giovani, sembra legato al ricordo del testo nel suo insieme: se interviene un vuoto, le esecutrici difficilmente sono in grado di sopperirvi con l’invenzione estemporanea ed il canto si interrompe. Argia si schermisce più di una volta, durante la registrazione: “sa m’ho desmentgà tuto..." (...). Liberovici non ha lasciato informazioni sui cantori che affollano gradualmente la casa della Ghinati; è stato possibile ricostruire almeno in parte la composizione del gruppo grazie alla testimonianza raccolta a Calto da alcuni dei presenti a quell’evento. I cantori animano la serata scegliendo, proponendo, intonando e commentando: ben poche delle tracce audio sono esenti da interruzioni, osservazioni, rumori e voci di fondo; riusciamo ad immaginare una situazione chiassosa e movimentata, che quasi sommerge il ricercatore: ciascuno dei presenti, la Ghinati in primis, fa sfoggio della propria abilità e potenza canora; si instaura rapidamente, tra i cantori più dotati, una dinamica di “antagonismo ed emulazione". Nel canto polivocale di Calto, come si è visto per le esecuzioni di Scardovari, l’intonazione del primo emistichio o verso spetta sempre ad un solista, cui si uniscono immediatamente le altre voci, senza un punto di ingresso regolare. Secondo la consuetudine norditaliana di polivocalità a falso bordone, le parti si dispongono, in base all’estensione naturale e alla sensibilità armonica dei cantori, a intervalli di terza superiore o di terza inferiore tra voci pari, o di sesta inferiore per le esecuzioni a voci miste. Il movimento è di solito parallelo, ma talvolta, specialmente nei punti in cui le parti si triplicano, compaiono pedali, note ribattute in arricchimento dell’effetto armonico, salti di quarta della parte di basso: procedimenti armonici più complessi assimilati durante le esecuzioni dei corali protestanti di Felonica.
Dall’ascolto dei nastri, pare fosse stata piuttosto rumorosa e animata anche la sera del 6 aprile, trascorsa da Liberovici in osteria a Polesine Camerini. Unica testimonianza di repertorio strumentale di tutta la campagna di rilevamento in Polesine, il documento, nonostante l’approssimazione delle esecuzioni, la qualità non buona della registrazione, la mancanza di informazioni sugli esecutori, provvede un tassello importante nella ricostruzione dell’ambiente sonoro del delta alla fine degli anni Sessanta. La situazione si struttura intorno ad un fisarmonicista di discreta abilità, con alcuni avventori, tra cui l’accompagnatore di Liberovici, che cantano, ballano e ritmano le esecuzioni con strumenti a percussione, come si evince dagli appunti dello studioso. Il repertorio è rappresentato da ballabili, canzonette di musica leggera italiana, in voga in quegli anni o più datate, classici della canzone napoletana. È sicuramente nell’esecuzione dei canti e delle musiche di tradizione locale, una manfrina e i canti di questua per il capodanno e l’Epifania, che il fisarmonicista e gli avventori danno il meglio.
i 3 CD
CD 1 Tolle: il repertorio di Angela Binatti
1. In barca con i pescatori/Il mercato del pesce 3.00
2. Ale undici di note 2.16
3. Beati i giorni miei 1.51
4. Mamma non piangere 0.49
5. Addio o padre o madre amati 2.14
6. La mama del mio amor m’ha mandà a dire 2.02
7. Ma che tu desti fanciula 1.34
8. E la bionda di Boneli 1.44
9. Nela verde colineta 2.07
10. E l’ano vèchio l’è terminato 1.55
11. Ai sei di genaio è qui la vècia 1.04
12. Ve voglio cuntare il dolore di Maria 4.44
13. Il pitore ch’el vien da on bon gusto 2.21
14. Un giorno una ragassa 2.50
15. Povera capella 1.51
16. O citadini se mi ascolterete 1.52
17. La povera Sessilia 3.51
18. Mi vien inaménte la merosa mia 5.14
19. Buongiorno il mio soldatin 2.14
20. Mama mia cento scudi 2.28
21. Una matina mi sono alsata 3.04
22. La mia merosa vechia 1.41
23. Agli armi agli armi sian fassisti 1.27
24. Montelepre dove sei 1.24
25. O Paolina tua mamma la ti chiama 0.40
26. Vien d’on muradore 1.26
27. Il fiòlo del sior conte 5.07
durata totale: 68.11
CD 2 Tolle: il repertorio di Angela Binatti
1. Il caciatore va alla cacia 2.53
2. In mèso al mare 10.14
3. Una volta du compari 4.28
4. Le porte di Salerno 4.29
5. Quando era picina picina 1.45
6. Dove ‘sèla la Luvigina 2.30
7. Passando per Milano 4.04
8. La bianca luna che sorge dietro il monte 0.47
9. Per la spiaggia del mare 3.33
10. Le ragasse di campagna e quele di cità 2.42
11. Di qua di là del fiume 1.56
12. Il giorno di carnovale 2.23
13. Se vuoi venir con me là su in barcheta 2.16
14. Marìdate Marieta 4.07
15. Che bele tetine la ga la campagnola 2.43
16. Nina ninà 3.32
17. Il capitano dela marina 4.02
18. E la Violeta la va la va 1.50
durata totale 61.28
CD 3 Scardovari, Calto, Polesine Camerini
1. Sento le rane che cantano 1.22
2. Motorista motorista daghe l’òio 0.46
3. E sula porta e sul portón 0.34
4. Se non ci conoscete 0.28
5. Ed un treno che parte per Udine 0.20
6. Io ho passato pre un boscheto 0.43
7. E la figlia del bottegaio 2.08
8. Conosco una ragassa 3.23
9. Nine nana el me putìn 0.37
10. Le carozze son già preparate 2.15
11. O come mai mia povera Ena 5.40
12. E la mia mama l’è vechierèla 3.07
13. Parabin paraparabin paraparabèro 1.20
14. Osteria del numar uno 0.17
15. Senti le rane che cantano 0.58
16. Al Dio del vilàn l’è la carióla 0.29
17. Il caciatore va a cacia 0.47
18. Barcaiòl son barcaiolo 2.06
19. Signori io vi digo l’aventura 2.46
20. Fratel Formicola 1.40
21. Sulla riva di quel fiume 1.32
22. E la rugiada la si alza 1.40
23. Ale undici di notte l’aria è scura 1.51
24. La risara l’è grande l’è bella,
24. Mamma mia che treno lungo,
24. Le nostre case 1.22
25. Mi meto le scarpe vado in giardin 2.49
26. Ho una corona preparata in ciel 0.32
27. Venezia è una bella cità 1.25
28. La strada del bosco 0.56
29. Quel’ucelin del bosc 0.56
30. In meso al prà 1.29
31. E un bel giorno andando in Francia 0.51
32. Ve cantarò i storneli alla romana 1.49
33. El pescator che va alla pesca 0.46
34. Manfrina 1.18
35. E l’anno vecchio l’è terminato 2.44
36. Se’l paron no vol che cantemo 1.31
37. La vecia 2.56
38. Osterie 0.55
39. Mercato di Adria 3.03
durata totale 64.15
Fotogallery
Musicista ed etnomusicologa, Paola Barzan ha svolto ricerca sul campo in Italia, negli Stati Uniti e in Medioriente e ha all’attivo pubblicazioni sui repertori liturgici di tradizione orale e sulla musica veneta. Insegna Etnomusicologia presso l'Università di Padova.
Dall’indagine di fine anni Sessanta condotta dallo studioso piemontese, si rivela un territorio quanto mai ricco in termini di varietà esecutive e di particolarità repertoriali, a dispetto della sua limitata estensione e nonostante che all’epoca fosse ancora isolato sul piano tanto geografico quanto culturale. (…) Benché possieda un impianto saggistico scientifico, “Musiche tradizionali in Polesine” è libro di agevole lettura anche da parte dei non addetti ai lavori, e soprattutto, ci porta in un mondo culturale e sonoro unico Ciro De Rosa, Blogfoolk