Ferdinando Scianna
In viaggio con Roberto Leydi
2015, € 14
Formato 17x21, 67 foto a colori e in b/n, pp. 107
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Il rapporto tra un maestro della fotografia come Ferdinando Scianna e un intellettuale poliedrico come Roberto Leydi è innanzi tutto la storia di un’amicizia, avviata nel 1962, nella piazza di Bagheria, quando l’uno era ancora un giovane studente di antropologia e l’altro un affermato professionista, giunto in Sicilia per un servizio sui cantastorie per ‘L’Europeo’. Da quell’incontro, suggellato dalla presenza ieratica di Ignazio Buttitta e dalla straordinaria voce di Cicciu Busacca, è nato un legame umano che, con l’arrivo di Scianna a Milano e il suo ingresso nello stesso periodico diretto da Tommaso Giglio, si è tradotto anche in una forte intesa professionale, sorretta dalla condivisione degli stessi interessi e da una comune predisposizione, curiosa e divertita, alle vicende degli uomini.
Con la vivacità e l’immediatezza di una conversazione orale, Scianna ripercorre sul filo della memoria alcune delle numerose esperienze che hanno cementato questa amicizia, dalle incursioni nel cuore delle tradizioni musicali del nostro paese alle rilevazioni sui carnevali alpini, dai raduni di sinti e rom nella Francia meridionale alla devozione verso il ‘glorioso Alberto’ nell’Italia meridionale, dal pellegrinaggio alla Madonna di Polsi al Carnevale di Ivrea, da Sampeyre a Marrakech, da Santiago de Compostela a Samarcanda. Un racconto puntellato dalle sue fotografie che, nel restituirci con grande efficacia volti, contesti e situazioni, esprimono quanto con le sole parole non si può dire attorno al rapporto tra due intellettuali, inclini a “fare tutto sul serio senza prendersi troppo sul serio”.
Come sottolineato da Nicola Scaldaferri nella postfazione, testo e immagini si offrono come una vivida esplorazione dell’immaginario di due autori, capaci di lasciare un segno profondo nelle rispettive aree di pertinenza, spaziando dai cantastorie al mondo del circo, dalla componente del sacro ai comportamenti performativi insiti nelle dinamiche sociali, anche nei loro risvolti musicali.
In viaggio con Annabella Rossi alla ricerca della magia popolare
A seguire ci fu un altro giro nel Sud, soprattutto in Campania e Basilicata con Annabella Rossi e Roberto alla ricerca della magia popolare, dove, grazie anche alle conoscenze di Annabella, abbiamo documentato cose incredibili, per esempio quello straordinario fenomeno magico-religioso che occorreva a Serradarce, vicino a Eboli.
Da quelle parti pare si fosse fermato Cristo ai tempi di Carlo Levi, ma quando ci siamo andati noi nessuno sapeva più dove diavolo fosse, nemmeno Cristo ci sarebbe più passato, altro che fermarsi.
E lì abbiamo vissuto e raccontato un fenomeno assolutamente incredibile. Qualche anno prima un ragazzo di diciassette anni, Alberto Gonnella che lavorava con suo zio camionista, morì in un terribile incidente, il cassone ribaltabile del camion si mollò di colpo e gli schiacciò la testa. Il fatto provocò grandissima emozione. Ma incredibile è quello che successe dopo. Pochi giorni dopo la zia di Alberto, Giuseppina Gonnella, cominciò ad avere delle spettacolari manifestazioni di carattere isterico per cui alla stessa ora nella quale era avvenuto l’incidente nel quale era morto Alberto, lei ruttava, sputava, vomitava, urlava, diceva frasi oscure e, a un certo punto, diventava Alberto.
E succedevano cose molto singolari: la gente, le donne del paese si ritrovavano, per esempio, dei rosari in tasca. Insomma, la voce della reincarnazione di Alberto nel corpo della zia si diffuse in maniera fulminea. Alberto Glorioso era in paradiso e dal paradiso parlava. Cominciarono ad arrivare pellegrini da tutta quella parte di Sud che era anche una zona sociale e culturale tremendamente arretrata, la stessa di cui aveva scritto Carlo Levi, appunto.
Un fenomeno che si sviluppò in maniera incredibile, fantasmagorica. Il giorno dell’anniversario della morte di Alberto arrivavano autobus con cinque-seimila persone da tutto il Mezzogiorno d’Italia, soprattutto dalla Campania. A Serradarce avevano costruito una chiesa a tre navate. All’inizio il prete locale aveva cercato anche lui di entrare nel gioco, presto però con i parenti di Giuseppina i rapporti di affari si guastarono e il prete fece una cosa che io trovo stupefacente: lì denunciò, denunciò Giuseppina Gonnella per abuso della credulità popolare. Lui che faceva il prete denunciò Giuseppina per abuso della credulità popolare! Processo memorabile. Giuseppina naturalmente portò centinaia di testimoni che dichiararono che lei non chiedeva mai una lira, che non c’era nessun abuso, che quello che loro davano era per il tempio e cose di questo genere. Poi, durante il processo, il prete cadde dalla scalinata della chiesa e si ruppe entrambe le gambe. Definitivo giudizio di Dio.
E in questo tempio, dove io ho fatto le fotografie, succedevano quotidianamente cose incredibili. Giuseppina saliva su una specie di altare, dove diventava Alberto, le tiravano addosso cesti di fiori e petali di rose, e Giuseppina faceva prima una predica ritmata, piena di suggestive parole oscure, che sembrava scandita in esametri antichi. Assomigliava ai comizi di Grillo! Un’ipnotizzatrice fantastica, come un caposetta texano, dopodiché faceva un breve reportage dal paradiso: “Qui di fronte a me c’è Papa Giovanni, aspettiamo la Madonna, c’è anche Kennedy. Ah, ecco che Maria è entrata! È bellissima!”. Arrivavano migliaia di persone: tutta la disperazione del Sud.
C’è una frase di Roberto, che lui ha ripetuto in una magnifica intervista a Claude Ambroise per Le Monde, in cui parlando delle determinanti influenze demartiniane sul suo lavoro, diceva che a De Martino certe manifestazioni della magia isterica, che lui documentava razionalmente, ripugnavano, gli davano soprassalti di reazione illuministica, però, commentava De Martino, cosa abbiamo da offrirgli in cambio a questa gente, la cassa mutua? La domanda mentre vivevamo questa esperienza con Roberto e con Annabella ce la siamo posta anche noi. Lì arrivavano delle sagrestane che raccontavano che la notte un caprone si impadroniva delle loro anime oltre che dei loro corpi, oppure tipi che dicevano “sto emigrando in Germania, guarda che ho cambiato indirizzo, quindi se ti devi occupare della mia famiglia ricordati che adesso stanno in via Giuseppe Garibaldi al 12, non in via Mazzini al 17!”. Oppure: “ho qui il bambino, che ha un cancro al cervello e all’ospedale mi hanno detto se lo porti a casa, non c’è più niente da fare”.
E Giuseppina rispondeva: “Tu non ti preoccupare, ci pensa Alberto, ci pensa Alberto, torna a casa tua”. Annabella Rossi, che aveva un rapporto molto intenso con Giuseppina Gonnella, si arrabbiava: “Giuseppina, ma che cosa gli dici? Quello lì probabilmente ha bisogno di cure” e Giuseppina rispondeva: “Lascia fare, lascia fare”. Tutti la chiamavano Alberto, noi la chiamavamo Giuseppina, ma anche lo sdoppiamento andava bene. Non se ne stupiva nessuno. Del resto, Giuseppina ad agosto andava in ferie. Alberto si presentava tutte le mattine, ma sino alla fine di luglio! In agosto Alberto-Giuseppina andava al mare e poi ripigliava a settembre, anche in paradiso c’è bisogno delle ferie! Quella storia diventò il clou di questo nostro reportage sulla magia popolare, nel quale facemmo altri incontri con personaggi che poi sono diventati importantissimi nel mondo magico italiano.
Per esempio Natuzza Evolo, che noi abbiamo incontrato quando il suo era ancora un culto locale e non quel fenomeno colossale che è diventato negli anni. Anche Zi Vicienzo, una mummia collocata dentro un’edicola lungo una strada di campagna, meta di importanti pellegrinaggi. Zi Vicienzo era specialista nell’area ginecologica e tutte le donne che dovevano partorire o avevano problemi di fertilità andavano da lui a pregare di assisterle; e pare che facesse benissimo il suo mestiere. Nel beneventano abbiamo incontrato un altro straordinario personaggio, il mago di Paduli, che ho fotografato. È uscita una grande doppia pagina su L’Europeo. Anni dopo sono tornato a trovarlo e quello appena mi ha visto mi ha abbracciato e baciato; abitava in una villa, quel reportage pubblicato su L’Europeo aveva fatto la sua fortuna, era diventato molto ricco.
Dialoghi incredibili. A un certo punto Roberto gli chiese: “Ma qui, nella zona di Benevento, come funziona con le streghe?” e quello: “No, non ci sono più le streghe. Ma prima ce n’erano tante. Persino quel liquore Strega fatto da queste parti si chiama così per questo. Sì, prima ce n’erano tante”. “Ma adesso ce ne sono ancora?”. “Sì, qualcuna c’è, ma poco, poco”. “Ma come si fa a riconoscerle?”. “Si ritrovano la seconda domenica dopo l’Epifania, si riuniscono dietro una certa chiesa in campagna”. “Ma ancora adesso?”. “Sì, sì, poche settimane fa si sono incontrate”. “Ma quante erano?”. “Pochissime, saranno state al massimo due-tre-cento”.
Due-trecento! Ci aveva spiegato che le donne, le donne contadine di quella zona, soprattutto quando raccoglievano le olive, erano particolarmente esposte alla possessione demoniaca, perché si chinavano per fare i loro bisogni e il demonio, entrava dentro; e vallo a tirare fuori! Ci voleva Giuseppina, che era un’altra maga di Napoli che avevamo scovato, specialista in filtri d’amore e morte. Un viaggio straordinario intorno alla magia popolare del Sud fatto con Roberto e Annabella, con la quale ho poi fatto un libro su Alberto Glorioso. E poco dopo che uscì questo libro col testo di Annabella e le mie fotografie, Giuseppina Gonnella fu ammazzata con due colpi di lupara. Non si è mai capito bene se da un fedele deluso o da un guidatore di camion che aveva controversie commerciali con la famiglia Gonnella.
Fotogallery
Ferdinando Scianna, tra i più noti fotografi italiani, dagli anni Sessanta racconta per immagini la cultura e le tradizioni della sua terra, la Sicilia, in un percorso artistico che, da fotoreporter e inviato per “l'Europeo”, lo ha portato a collaborare con le principali agenzie fotografiche e con registi e scrittori come Leonardo Sciascia e Giuseppe Tornatore.
Il racconto di Scianna è formidabile e molto godibile, come la galleria di foto di Leydi e del mondo che l'etnomusicologo ha frequentato. (...) Roberto Leydi è stato davvero un personaggio incredibile e le foto e il racconto del suo amico Scianna ce lo restituiscono assieme al clima di quegli anni. Copertina bellissima, foto magnifiche. Da non perdere. Marco Belpoliti, La stampa-TuttoLibri
Prima Scianna ha modo di incantarsi a sentire Leydi e a seguirlo nelle sue peregrinazioni a caccia di antichi canti popolari e devozioni ai limiti dell’animismo, matrimoni marocchini e feste gitane. Spesso nell’obiettivo ci finisce anche Leydi, in genere armato di registratore, al lavoro: il tutto lo ritrovate negli splendidi scatti raccolti da Scianna per Squilibri, necessario pendant al recente e corposissimo libro di Ferraro, Roberto Leydi e il Sentite buona gente, Guido Festinese, Alias-Il manifesto
'In viaggio con Roberto Leydi” è la storia di un’amicizia transmediale che ci consente di scoprire il lato forse meno noto dello studioso piemontese ovvero la sua ironia, la sua legerezza e “quel fare tutto sul serio senza prendersi troppo sul serio” che ha caratterizzato il suo approccio alla ricerca etnomusicologica. Salvatore Esposito, Blogfoolk
Un ricco album che racconta della splendida stagione di ricerca dei due protagonisti. Esperienze comuni di due grandi maestri che nelle loro ampie aree di competenza hanno prodotto qualcosa di innovativo e unico. Nella postfazione dal titolo “Ritratto di un “raccoglitore di musica popolare”. Nicola Scaldaferri, allievo di Leydi e ora docente all’Università degli Studi di Milano, sintetizza l’epopea che avvolge e circonda i due personaggi, rappresentando mirabilmente l’intima connessione tra immagini, musica e tradizione popolare che i due intellettuali seppero esprimere con grande intensità. Il Cantastorie