Guido Bertolotti
(a cura di)
Avanzamenti
Minatori, fabbri e operai nella ricerca sul campo e negli archivi
2014, € 26
Formato 17x21, 36 foto a colori e in b/n, pp. 266
In offerta con il 5% di sconto
Si potrebbe dire che non vi sia quasi ricerca condotta dall'Archivio di Etnografia e Storia Sociale (AESS) nelle montagne lombarde, dall'inizio degli anni '70 in avanti, che non abbia incontrato, a vario titolo, la presenza significativa del 'ferro': i passaggi, le convivenze, le persistenze di vari modi di produzione - preindustriali, industriali, postindustriali - che hanno segnato l'arco di un secolo. Nei luoghi che hanno praticato attività di estrazione o di trasformazione del ferro si sono trovati i materiali etnografici più interessanti, le comunità più sensibili alla 'conservazione' di elaborati folklorici, gli informatori più straordinari: per i repertori canori, per i carnevali, per la ritualità religiosa e, naturalmente, per molti saperi tecnici specialistici. Di 'ricerca' si parla dunque in questo libro, sul campo e d'archivio: di memorie orali, di immagini e di suoni, di riflessioni sulla cultura di gruppi sociali (minatori, artigiani, operai), attraverso punti di vista che rappresentano la molteplicità di interessi e competenze con cui, sul territorio, si sono affrontate e si affrontano problematiche complesse di conservazione, interpretazione e fruizione di documenti, materiali e immateriali.
Con contributi di Angelo Bendotti, Graziella Pedretti, Carolina Lussana, Maria Costa, Maddelena Cerletti, Alberto De Cristoforo, Primo Ferrari e Bruno Pianta che amplia, in una articolata riflessione sulla cultura operaia e proto-operaia, i risultati raggiunti in una pionieristica ricerca realizzata nel 1972 sui minatori della Valtrompia che, ripubblicata ora nel volume, è all’origine dei successivi studi etnografici sulla miniera e sul mondo della lingera in Lombardia. Le immagini d'autore, introdotte da Roberta Valtorta, appartengono alla vasta raccolta di AESS (Maurizio e Federico Buscarino, Pepi Merisio, Ferdinando Scianna) e dell'Archivio del Lavoro di Sesto S. Giovanni (Silvestre Loconsolo).
Allegato al volume un CD, con la riproposta del repertorio della famiglia Bregoli, e un DVD con una "videoballata" che, realizzata da Guido Bertolotti, Elisa Piria e Diego Ronzio, si ispira idealmente alle 'radio ballads' create da Ewan MacColl, Peggy Seeger e Charles Parker nel 1958 per la BBC.
Ascolta il brano Quando avevo quindici anni
Leggi l'introduzione di Guido Bertolotti
Le parole di Tino Faussone, immaginario montatore di tralicci creato da Primo Levi, sono le prime a venirmi in mente: “Io lo so già come finisce, quando le cose di ferro diventano cose di carta, storta finisce”. Con la realizzazione, insieme ad Elisa Piria e Diego Ronzio, della ‘video ballata’ pubblicata nel DVD allegato a questo volume, con il medesimo titolo Avanzamenti, mi ero riproposto di superare la consolidata abitudine di dar conto del lavoro di ricerca sul campo attraverso testi cartacei e di sperimentare le possibilità di utilizzo degli strumenti multimediali. Di cambiare linguaggio, insomma, e di affidarmi al suono e all’immagine.
Una sfida stimolata in parte dalla consapevolezza delle esigenze di nuovi fruitori, abituati ormai alla comunicazione audiovisiva piuttosto che alla lettura, ma, soprattutto, da qualche riflessione sulla ricerca etnografica: dalla considerazione cioè che la memoria, che gli informatori trasmettono e chi registra raccoglie, è strutturata come racconto orale e per immagini e che la sua restituzione e interpretazione può essere organizzata, forse più appropriatamente, attraverso strumenti congruenti.
La memoria è la materia prima (non la sola) cui presta attenzione il ricercatore etnografico, a partire dalla raccolta delle cosiddette ‘storie di vita’. E la memoria, sappiamo da qualche tempo dalle scienze neurocognitive, non conserva dati fissati una volta per tutte ma, incessantemente, li riorganizza, li modifica, li aggiusta, li aggiorna in base alle esperienze sopravvenute e ad altri ricordi successivamente giustapposti. I dati mnemonici sono mutevoli, dunque, e fatti di un impasto non troppo dissimile da quello dei sogni: materiali audiovisivi, in certo senso, privi di requisiti di oggettività e, soprattutto per questo, particolarmente affascinanti per l’etnografo.
D’altro canto, è non meno vero che un prodotto costruito per essere guardato occulti, a sua volta, altri elementi della ricerca che l’essenzialità o suggestività delle immagini non è in grado di far ‘vedere’, mentre il testo scritto sì. Mi riferisco alle riflessioni, indotte dagli informatori o da studiosi o dagli stessi materiali audio e visivi, che danno indirizzo e ‘senso’ alla ricerca e all’interpretazione dei documenti di ogni tipo. Mi piace quindi pensare che tutto quanto è contenuto in questo volume possa dare con to, con strumenti e a livelli differenti, di una ricerca che è esito di stratificazioni ed incroci di parecchie ricerche, condotte, anche queste, con strumenti e prospettive differenti. Le ragioni che hanno portato ad occuparsi del ‘ferro’ in Lombardia, dal punto di osservazione etnografico, sono molte e hanno una storia ormai lunga che incrocia frequentemente le attività di ricerca dell’Archivio di Etnografia e Storia Sociale della Regione Lombardia (AESS), a partire dall’inizio degli anni ’70. Si potrebbe dire che non vi sia quasi ricerca condotta da AESS nelle montagne lombarde che non abbia incontrato, a vario titolo, la presenza significativa del ferro.
È indubbio, infatti, che, tanto nei luoghi che hanno praticato sino a pochi anni fa, o ancora praticano, lavorazioni significative collegate a questo minerale, quanto in quelli dove le attività di estrazione o di trasformazione sono cessate da oltre un secolo ma hanno avuto una storica importanza per gli scambi commerciali e la specializzazione della manodopera (spesso migrante), si siano trovati i materiali etnografici più interessanti e le comunità più sensibili alla ‘conservazione’ di elaborati folklorici di vario genere. Così per i repertori canori, per i carnevali, per la ritualità religiosa e, naturalmente, per molti saperi tecnici specialistici diffusi nelle aree montane.
In questo senso il ferro piuttosto che ‘tema’ è filo conduttore di questo volume, elemento di congiunzione di temi e situazioni emblematiche che caratterizzano una parte importante della cultura popolare lombarda non contadina, per così dire: i minatori, gli artigiani, gli operai, i lavoratori temporaneamente migranti. L’occasione di intrecciare differenti ricerche, passate e attuali, è scaturita concretamente da un progetto interregionale denominato Iron Route, promosso da AESS-Regione Lombardia in partnership con altre regioni alpine e sostenuto dall’Unione Europea. Il progetto prevedeva un ampio numero di azioni rivolte alla valorizzazione di aree storicamente collegate alla presenza del ferro e, tra queste azioni, anche la realizzazione di un ‘prodotto’, relativo alla Lombardia, senza particolari vincoli formali o contenutistici. Un’occasione, appunto, per ripensare vecchie ricerche, vecchie discussioni anche, e per confrontarle con la novità di cambiamenti che riguardano non solo la realtà più recente dei soggetti indagati ma anche l’irruzione sul territorio di una molteplicità di soggetti, pubblici e privati che, a vario titolo, attraverso musei, archivi, raccolte, interventi di salvaguardia paesaggistica e culturale, hanno prodotto un’enorme ricchezza di materiali sulle miniere, i magli, le grandi fabbriche siderurgiche.
Di ‘ricerca’ si parla, dunque, in questo libro, sul campo e d’archivio, legata al mondo del ferro. La ricerca realizzata nel 1972 da Bruno Pianta sui minatori della Valtrompia – che ha aperto la strada ai successivi studi etnografici sulla miniera e sul mondo della lingera, in Lombardia e non solo, e che viene integralmente ripubblicata in questo volume – è stata essenziale punto di partenza e di riferimento. Insieme ad essa sono molti i materiali di ricerca sul campo, direttamente o indirettamente pertinenti con il tema del ferro, conservati presso l’Archivio AESS della Regione Lombardia, sotto forma di interviste, fotografie e filmati, cui faccio continuo riferimento nel mio contributo in questo volume, inseguendo molte tracce, incluse quelle di indagini più recenti che ho svolto io stesso e che integrano e confermano i documenti già raccolti.
Nessuna indagine etnografica che desideri avere una qualche consistenza documentaria può oggi prescindere dai materiali schedati e conservati negli ultimi anni da archivi di impresa e sindacali, comunità locali, associazioni culturali. Questa abbondanza di documenti d’archivio, che si sono resi disponibili dalla fine degli anni ’90, credo costituisca la novità più significativa, per gli etnografi e per chiunque sia interessato alla conoscenza del patrimonio culturale. Non solo perché oggi è indubbiamente più agevole e più significativa, anche quantitativamente, la comparazione dei dati delle ricerche sul campo con documenti provenienti da fonti eterogenee e antecedenti ma, soprattutto, perché questa comparazione avviene, a differenza del passato, per reciproco interesse di etnografi e archivisti, con grande giovamento della documentazione e della sua comprensione.
Ai responsabili di alcuni enti privati e pubblici, nei confronti dei quali tanto le riflessioni che svolgo quanto la realizzazione dell’audiovisivo sono maggiormente in debito, ho chiesto, per questo volume, un contributo sulla loro area geografica, sulla loro attività, su collezioni specifiche, comunque pertinenti con il tema del ferro. La diversità dei punti di vista ben rappresenta, a mio avviso, la molteplicità di interessi e competenze con cui, sul territorio, si affrontano problematiche complesse di conservazione, interpretazione e fruizione di documenti, materiali e immateriali, che illuminano le trasformazioni socioeconomiche e culturali dell’area lombarda.
Angelo Bendotti, storico, direttore del Museo Etnografico di Schilpario, parla delle miniere scalvine e del segno profondo che hanno lasciato nella cultura della valle.
Graziella Pedretti, responsabile del settore cultura e turismo della Comunità Montana della Valtrompia, dà conto delle attività di salvaguardia di siti minerari, forni fusori e magli, avviata da tempo sul territorio comunitario, ma anche del lavoro di catalogazione dei documenti e di forme innovative di gestione e proposta di fruizione degli spazi museali.
Carolina Lussana, anch’essa storica, responsabile della Fondazione Dalmine, spiega l’attività di salvaguardia e di organizzazione e diffusione dei contenuti documentari di una delle maggiori aziende siderurgiche, la Dalmine-Tenaris, tuttora attiva nel territorio lombardo.
Dell’area siderurgica più importante della regione si preoccupano Maria Costa e Maddelena Cerletti, dell’Archivio del Lavoro di Sesto San Giovanni, ponendo l’accento sulla conservazione dei documenti orali e delle immagini, con particolare riferimento a due raccolte straordinarie: le centinaia di interviste realizzate dal sindacalista Giuseppe Granelli ai colleghi operai e gli scatti fotografici realizzati da Silvestre Loconsolo, fotografo operaio.
Alla stessa area e alla sua profonda trasformazione è dedicato anche il contributo di Alberto De Cristoforo e Primo Ferrari, della Fondazione ISEC-Istituto per la storia dell’età contemporanea, di Sesto San Giovanni.
A Bruno Pianta, che da sempre conosco, ho chiesto invece di riprendere in mano le osservazioni da lui svolte parecchi anni fa sul repertorio di miniera e di svilupparle come meglio riteneva. Cosa che ha fatto con grande generosità, allargando l’orizzonte ad una riflessione molto ampia sulla cultura operaia e proto-operaia e offrendo, al contempo, una testimonianza autobiografica e di ricerca di inconsueta originalità.
Un contributo specifico è stato richiesto a Roberta Valtorta su una selezione di immagini di importanti fotografi – conservate presso AESS, ad eccezione di quelle di Loconsolo custodite dall’Archivio del Lavoro di Sesto San Giovanni – che vengono pubblicate in questo volume.
Coerentemente con l’impostazione di questa collana editoriale viene integralmente ripubblicato in allegato al volume e in formato cd, il disco Minatori della Valtrompia. La famiglia Bregoli di Pezzaze, a cura di Bruno pianta, Albatros vpa 8237, 1975, con l’aggiunta di alcuni brani, sempre del repertorio Bregoli, contenuti nel vinile Brescia e il suo territorio, a cura di Roberto Leydi, albatros vpa 8223, 1975. All’audiovisivo Avanzamenti, allegato al volume in formato dvd, è dedicata una presentazione degli autori, Guido Bertolotti, Elisa Piria e Diego Ronzio.
Di una parziale e arbitraria riflessione sulla ‘cultura del ferro’ – ma è più corretto dire sulle trasformazioni culturali di alcune categorie di lavoratori del ferro – tento di dare conto nel mio contributo, svolto nella forma di report di ricerca, dove ho scelto di mantenere la forma narrativa che gli informatori, in qualche modo, mi hanno suggerito.
A tutti loro, menzionati e non nei testi e nell’audiovisivo, è dedicato questo volume, in particolare ad Annibale Mattavelli, Lino Bregoli, Giuseppe Granelli, venuti a mancare nelle more dei lavori di stampa.
CD e DVD
IL CD Minatori della Valtrompia. La famiglia Bregoli di Pezzaze
1. Pierina (2.38)
2. Cecilia (7.27)
3. La pollaiola (mazurka) (2.23)
4. All'alba del mattino (5.33)
5. Giu'n dal lett e giù de cùna (1.00)
6. La Pastorella (2.05)
7. Ai dis che i minatori (1.55)
8. Anche mio padre (Santa Barbara) (3.48)
9. All'erta minatori (2.12)
10. Cara moglie di nuovo ti scrivo (1.54)
11. Son passato di Milano (7.17)
12. Eravamo in ventinove (3.53)
Brescia e il suo territorio
13. Tunin l'è ciocch (valzer) (2.03)
14. Quando avevo quindici anni (2.27)
15. Uscii dall'avanzamento (3.59)
16. Se tu ti formi pesce (4.13)
durata totale (54.36)
Il DVD Avanzamenti Video ballata di Guido Bertolotti, Elisa Piria e Diego Ronzio (41.52)
Fotogallery
Cofondatore de "La ricerca folklorica", Guido Bertolotti ha collaborato come ricercatore per l'Archivio di Etnografia e Storia Sociale della Regione Lombardia fin dalla sua costituzione, partecipando a numerose indagini sul campo e curando la redazione della collana regionale Mondo popolare in Lombardia.
Un libro che intreccia in modo corposo storia ed espressione sonora di comunità di lavoratori in alcune zone del Nord Italia. E si parla di operai entrati talvolta nella leggenda, come sono stati in ogni nazione i miti legati al ferro e alla sua durezza. (...) Ben vengano libri come questo, che danno la misura della ricchezza ancora nascosta nel panorama sonoro e nella ricerca musicale del mondo subalterno Michele Fumagallo Il Manifesto