Antonello Ricci
I cugini Nigro
La musica della Sila Greca
2006, € 18
Formato 14x19, pp. 144, 86 foto a colori
In offerta con il 5% di sconto
Il mondo musicale e l’orizzonte culturale di una coppia di musicisti popolari dell’area del fiume Trionto, sul versante ionico della provincia di Cosenza, uno dei territori maggiormente rappresentativi della tradizione della chitarra battente in Calabria.
Premiati come “Testimoni della Cultura Popolare” assieme a Pete Seeger e Giovanna Marini, Luigi e Giuseppe Nigro, di Rossano, sono gli eredi di un’articolata tradizione di saperi musicali appresi secondo le modalità di trasmissione orale all’interno delle famiglie d’origine e del contesto sociale nel quale vivono, la cui vitalità è attestata anche dalla presenza dei loro giovanissimi figli nelle loro performance.
Con un consistente apparato fotografico e, nel cd allegato, un’ampia selezione del loro repertorio, il volume consente di addentrarsi nell’affascinante microcosmo musicale dei “cugini Nigro” per apprezzare le delicate sonorità della chitarra battente, la struggente poetica cantata con un inconfondibile stile vocale, l’arcaico paesaggio sonoro evocato dal suono della zampogna e il travolgente impeto delle tarantelle.
Ascolta il brano A farsa, u quarantasette
Leggi l'introduzione
I cugini Luigi e Giuseppe Nigro sono figli di due coppie di fratelli e di sorelle, come è possibile vedere nello schema genealogico: “simu proprio stretti, come fratelli”, ribadiscono tutte le volte che se ne parla. Abitano ambedue nella contrada Amica, una delle innumerevoli contrade sparse sul territorio comunale di Rossano, che è tra i centri più popolosi del versante ionico della provincia di Cosenza, nell’area della Sila Greca e anche uno dei principali nuclei di cultura bizantina in Calabria. Si tratta di un’area compresa all’interno di un più vasto territorio, fra la piana di Sibari e la valle del fiume Trionto, a tutti gli effetti una delle aree elettive di diffusione della chitarra battente in Calabria. Qui, infatti, sono densamente presenti peculiari forme di canto, dette a strofette, caratterizzate da uno stile esecutivo sullo strumento dall’andamento cadenzato e oscillante, fluido e sincopato segnato da una sonora e profonda percussione del piano armonico detta ribbummu e da una modalità di canto dalla melodia “larga” e fiorita con emissione di voce tesa e vibrante. La famiglia di Giuseppe e di Luigi è originaria di Longobucco, di sicuro il paese chiave della geografia culturale musicale di quest’area. Di tale cultura musicale Luigi e Giuseppe sono oggi due rappresentativi esponenti, a tutti gli effetti due maestri, la cui giovane età (poco più di trent’anni nel 2006[1]) non deve far pensare a un fenomeno di revival: si tratta invece di protagonisti diretti di questa cultura musicale appresa all’interno del contesto familiare e socio-economico di appartenenza, secondo le modalità di trasmissione della tradizione orale, come è possibile leggere nelle loro dirette testimonianze. Luigi canta e suona la chitarra battente, il mandolino, la zampogna surdulina, il tamburello, l’organetto e molti altri strumenti musicali, soprattutto a fiato; Giuseppe canta e suona la chitarra battente[2].
Luigi oggi conduce un gregge di circa duecento capre assieme alla moglie Antonella, originaria della limitrofa Corigliano Calabro, e con il valido aiuto delle due figlie Sabina e Giuseppina (rispettivamente di dieci e otto anni) le quali, come dicono i genitori, sanno fare già tutto. La piccola azienda è situata in località Valimonti su un terreno a suo tempo acquistato dal padre di Luigi.
(…) Giuseppe oggi lavora in un’azienda agricola per la produzione di agrumi, una delle attività trainanti dell’economia di Rossano e di Corigliano, in particolare per la produzione delle clementine. Anche lui in passato ha fatto il pastore, ma secondo la sua stessa ammissione, ripetuta in più occasioni, non ama il rapporto con gli animali. Per un breve periodo i due hanno avuto gli armenti in comune, ma il sodalizio lavorativo si è interrotto proprio per la differenza di vedute in merito al lavoro della pastorizia. Per Luigi la conduzione di un gregge di capre costituisce elemento centrale del suo stile di vita: più volte nel corso dei nostri colloqui ha ribadito con orgoglio la sua discendenza da una famiglia di pastori; per Giuseppe la conduzione di un gregge viene definita come un’attività di sacrifici che costringe a vivere tra gli animali.
Come si è già detto, per più di vent’anni Luigi ha lavorato in una grossa azienda di allevamento di bestiame situata sul territorio comunale di Corigliano, in contrada Castello al confine con il territorio comunale di Terranova da Sibari, presso la quale si era trasferito suo padre con tutta la famiglia. È proprio durante questa lunga permanenza che Luigi dilata il suo orizzonte musicale a comprendere anche la tecnica e i repertori dell’organetto, strumento assente nell’area di Rossano e del fiume Trionto. Durante quegli anni egli sviluppa e affina anche la sua manualità, la sua competenza di costruttore di oggetti sonori di varia natura. (…) Luigi oggi costruisce con abilità e precisione belle zampogne surduline di varia misura e di diverso modello (foto 47-53) complete di ance e di otre, tamburelli di differente misura, flauti e altri strumenti a fiato, nonché castagnette e altri oggetti sonori. Più volte ha espresso l’intenzione di costruire anche le chitarre battenti.
Ambedue condividono un retroterra culturale contadino e, soprattutto, pastorale, come viene ben descritto da loro stessi nelle testimonianze di seguito riportate. Tale condivisione, che rende omogenei alcuni tratti delle loro personalità, è ben rappresentata dalla conoscenza dei repertori e delle forme poetico-musicali, dall’emissione e dalla timbrica vocale, tutti aspetti fortemente calati nel contesto tradizionale e nella cultura musicale di quest’area della Calabria jonica. Luigi e Giuseppe sono anche molto diversi: il primo esprime la stabilità di un percorso di formazione personale le cui radici sono saldamente ancorate alla certezza di una “tradizione” familiare inserita a pieno nell’orizzonte sociale, rappresentata dalla figura del nonno, costantemente evocata; il secondo esprime la natura inquieta e frammentata del mondo popolare di oggi, il cui tessuto sociale lacerato non fornisce più uno stabile e sicuro ancoraggio alle scelte personali; ambedue avvertono l’importanza di realizzare questo progetto musicale per ridare forza alle forme dell’espressività sonora locale non più ampiamente condivise e riconosciute; i risultati che ognuno dei due immaginano sembrano a un certo punto divergere: il primo prefigura un esito esclusivamente culturale e una testimonianza per il futuro, il secondo apre anche scenari che rinviano all’immaginario del mondo dello spettacolo.
(…) Con Luigi e con Giuseppe Nigro ho intavolato fin dall’inizio un’intesa fortemente e chiaramente dialogica, con l’idea che il risultato finale di tutto il lavoro di ricerca – questo libro con cd allegato – dovesse derivare dalla somma e dalla condivisione di esperienze e di saperi che tutti e tre potevamo mettere in campo. Da una parte il sapere musicale, poetico, artigianale, la competenza acustica di Luigi e di Giuseppe, retaggio della loro appartenenza familiare e sociale, ma anche frutto di personali arricchimenti ed elaborazioni; dall’altra parte la tecnica di indagine etnografica, l’attenzione per il dettaglio, la capacità di orientare l’emergere di un patrimonio culturale immateriale costituito da ricordi, memorie, emozioni, saperi incorporati, musica e canto, visione e ascolto; accanto a ciò la competenza tecnica della messa in forma volta a trasformare il flusso etnografico in una modalità di messa in scena.
(…) Nell’estate del 2006 sono state registrate con Luigi tutte le suonate con le zampogne, mettendo insieme un repertorio vasto e articolato, fatto di brani legati al mondo pastorale e al lavoro con gli animali: diverse varianti di tarantella e di pizzica, a nchjanata e l’irtë, a ninna, tu scendi dalle stelle, vino vino…, a passeggera, a passijata, a pastorale, u sbijaturë, u pappagaddë, u gualanë, il canto a ra ciaramedda. Sono pure state registrate, con entrambi, molte cantate alla lonnuvucchisa con l’accompagnamento di chitarra battente e con l’aggiunta, a volte, del mandolino; ciò ha anche risvegliato in Luigi la voglia di rimettersi a cantare, che era rimasta sopita per anni. Sono stati registrati brani con la partecipazione dei rispettivi figli, Sabina al tamburello e Francesco (figlio di Giuseppe, di quattordici anni) al tamburello e al canto, realizzando un ritratto completo delle rispettive capacità musicali oggi e dei possibili sviluppi che si possono prefigurare.
[1] Luigi è nato a Villiers le Bel in Francia il 22 marzo 1970, Giuseppe è nato a Rossano il 10 luglio 1974.
[2] La chitarra battente e la surdulina, con i rispettivi repertori cantati e strumentali, sono due strumenti musicali ampiamente diffusi nell’area di Rossano e della valle del fiume Trionto, dal mare fino a Longobucco: appartengono, quindi, alla tradizione areale e familiare dei Nigro. L’organetto, il mandolino e il tamburello appartengono a tradizioni musicali di aree limitrofe, come si potrà leggere in maniera più ampia più avanti.
il CD
1. Alla lonnuvucchisa, 5:23
U trenu era partutu di sta casa
2. Alla lonnuvucchisa, 4:51
Vaju di capajirt’ e de penninu
3. Alla lonnuvucchisa, 6:32
Jettu nu cacchju ncoddu a sa pernice
4. Alla lonnuvucchisa, 2:57
Siti due sorelle e jat’ unite
5. Pizzica cantata 2:14
6. Tarantella 1:57
7. Alla lonnuvucchisa, 3:22
Site due sorelle e jat’onite
8. A farsa, U quarantasette 3:25
9. U Sbijaturë 1:27
10. U Sbijaturë 1:51
11. Canto a ra ciaramedda, 3:15
Amuri amuri chi m’ha fattu fare
12. Tarantella 3:21
13. Tarantella lenta 1:47
14. Pizzica 1:52
15. A zuchitijata, 1:08
Sacciu na canzunedda curta curta
16. Canzone per San Giuseppe 3:56
17. Tarantella all’antica 2:27
18. Tarantella cantata, 5:51
Jamu girannu vinedde vinedde
19. Tarantella cantata, 3:51
Rosa Teresa Catarinedda mia
durata totale: 62:24
Fotogallery
I Nigro a una rassegna sulla chitarra battente
Antropologo e musicista, virtuoso di chitarra battente e zampogna, Antonello Ricci insegna all’università “La Sapienza” di Roma e si occupa di questioni antropologiche, relative ad aspetti visivi e museografici della musica e dell’ascolto.
autenticità pura, distillato della vera musica popolare, i cugini Nigro ci introducono alle sonorità arcaiche della Sila Greca e ai suoi strumenti che si costruiscono ancora artigianalmente con sapienza e passione. Raccontano della cornamusa, della chitarra battente e poi danno loro voce, in un’armonia che incanta e risale a origini antiche. Valter Giuliano, Slow Food
Secondo una prospettiva antropologica riflessiva e dialogica, Ricci costruisce l'oggetto della ricerca con gli stessi musicisti Giuseppe e Luigi Nigro, testimoni eccellenti di una radicata comunità musicale che si riconosce soprattutto negli stili esecutivi della chitarra battente e nelle peculiari forme di canto Ciro De Rosa, World Music
La chitarra battente e il mandolino, la zampogna e la surdulina (che costruiscono da sé), l'organetto e il tamburello sono gli strumenti musicali, tipici del mondo silvo-pastorale di una volta, con i quali si esibiscono in maniera coinvolgente Giuseppe e Luigi Nigro. Le loro performance costituiscono una testimonianza eloquente di un mondo di saperi, significativo ma a rischo di estinzione, sul quale disponiamo ora anche di una documentazione importante Tonino Garro, La Gazzetta del Sud