Fabio Bonvicini
(a cura di)
Con la guazza sul violino
Tradizioni musicali in provincia di Modena
2009, € 23
Formato 14x19, 37 foto in b/n, pp. 260
In offerta con il 5% di sconto
Una riflessione a più voci sulle tradizioni musicali del modenese in cui, accanto a studiosi ed esperti, intervengono quanti sono impegnati da anni nella rivisitazione dei repertori popolari, dal Coro Mondine di Novi ai Suonabanda, dai Viulan alle Pivenelsacco, per delineare una mappa sonora del territorio in cui, come in filigrana, si coglie una dinamica continuità tra passato e presente. Balli antichi e staccati, frülane e manfrine, canti per l'infanzia e Maggi, indagati nella loro specificità storica, culturale e linguistica, risaltano soprattutto come fonti d'ispirazione di un agire musicale capace di intrecciare le esigenze della conservazione e tutela alle dinamiche di riuso e riattualizzazione delle musiche tradizionali.
Con saggi di Francesco Benozzo, Gian Paolo Borghi, Giuliano Biolchini, Argia Bertoni, Massimiliano Aravecchia, Marco Piacentini, Fabio Bonvicini, Nunzia Manicardi, Maria Giulia Contri, Manuela Rossi, Alberto Cottica, Gino Pennìca e Roberta Cappi e un significativo corredo fotografico, l'intero volume gravita così attorno a un secolare patrimonio culturale che rivendica nell'oggi il proprio diritto e la propria necessità ad esistere.
Nel primo cd, una significativa raccolta di canti tradizionali e, nel secondo, una rappresentazione emblematica delle possibili trasfigurazioni dei repertori popolari ad opera dei gruppi più rappresentativi della nuova scena musicale locale (Viulàn, Pivaritrio e Compagnia del Maggio di Frassinoro, Coro Mondine di Novi, Francesco Benozzo, Pivenelsacco, Suonabanda e Bandabardana)
Ascolta il brano Iolanda di Pivaritrio e Compagnia del Maggio di Frassinoro
Leggi l'introduzione
La vastità dei panorami che si aprono all’occhio e alla mente, nell’iniziare una ricerca, un’indagine o una perlustrazione, può talvolta risultare immobilizzante. Attraversare il territorio della musica tradizionale[1], in particolare, può causare una sorta di smarrimento da perdita dei confini, da incapacità di definire un margine o un perimetro: cosa indagare, cosa approfondire, cosa raccontare per restituire un’immagine adeguata delle tradizioni musicali della provincia di Modena. L’idea che da subito mi ha guidato nella definizione del campo di inchiesta è stata di promuovere un libro corale, a più voci, anche se, per paradosso, in questo volume non si parlerà di cori (fatta eccezione motivata per il Coro Mondine di Novi). Il lavoro da me svolto in questi ultimi dieci anni intorno alla musica e alla cultura popolare, mi ha concesso numerosi e preziosi incontri: musicisti, studiosi, cantori, suonatori, rappresentanti delle istituzioni, operatori culturali che a più riprese e per motivi diversi si sono occupati di sostenere, difendere e diffondere – a scapito dell’universo circostante – il mondo delle tradizioni popolari. Ecco che già un territorio andava definendosi, fra le terre estreme della nostra provincia – da Novi a Frassinoro – inframezzate da sparpagliate e imprevedibili oasi, che insieme formano la mappa che qui si può leggere. Luoghi autentici, testimoni concreti di tradizioni secolari e persone che, prima di altri e con intelligenza e costanza insolita, hanno saputo cogliere dall’esterno la qualità preziosa di un patrimonio che andava perdendosi.
Si sono così definite le tre sezioni in cui si articola questo volume: indagini, approfondimenti, storie. Indagini che hanno il pregio di fare intendere a chi legge, il peso specifico della materia che qui trattiamo; approfondimenti che scavano sotto la superficie di alcuni aspetti dell’ampio materiale disponibile; storie che raccontano esperienze di vita, di amicizia, di suoni e di canti. Si sviluppa e si realizza in tal modo quell’idea di coralità a cui facevo riferimento sopra: persone e voci diverse che trattano di un unico argomento da differenti punti di vista e di esperienza vissuta, nel tentativo di realizzare un volume che sfugga sia al pericolo del testo erudito e museale per pochissimi eletti, che alla facile ed indiscriminata divulgazione di un materiale che merita di essere tolto dalle sabbie mobili del localismo e della piacevole narrazione arcadica del bel tempo andato. (…)
Si può in tal modo definire una sorta di percorso di tutela e diffusione della diversità che, partendo dalla conservazione e raccolta dei patrimoni antichi, si muova verso la sfera scolastico –educativa, per transitare, attraverso la diffusione di tali repertori e pratiche per mezzo di pubblicazioni, riproposte e rivisitazioni originali, fino ai territori della contaminazione, termine oggi così abusato e scarsamente affascinante per i suoi connotati sanitari piuttosto che culturali.
Da questa considerazione discende non solo l’impostazione generale del volume, che concede spazio sia a contributi di carattere marcatamente documentativo che narrativo, ma anche la scelta di proporre due cd che contengono il primo registrazioni d’archivio e di documentazione, il secondo incisioni recenti di gruppi che attualmente propongono una rilettura dei repertori tradizionali. Dunque un patrimonio che prende le mosse dal passato, ma che riafferma nel presente il proprio diritto e la propria necessità ad esistere, sia nella continuazione di antichissime tradizioni, sia nella loro trasformazione e modernizzazione per renderle maggiormente fruibili ad un nuovo pubblico senza alterarne la natura profonda e l’intima essenza.
Si arriva così a toccare l’ultima questione che vorrei approfondire in questa breve introduzione ad un volume già estremamente ricco che già contiene al suo interno le ragioni e le motivazioni del proprio farsi e proporsi al pubblico. Ossia, quanto e come le tradizioni del passato possono e debbono essere continuamente aggiornate e tradotte per un mondo in trasformazione che non conosce ormai più il senso funzionale della musica viva e dei riti a cui essa appartiene o apparteneva. Intorno alle motivazioni di operazioni come la presente mi pare di avere già sufficientemente argomentato, almeno per gli spazi e le esigenze di questo volume. Mi preme però dire ancora qualcosa sulle modalità con cui le operazioni di aggiornamento possano essere svolte, in modo da definire – modestamente – un panorama di possibilità per chi voglia unirsi a questo lavoro di diffusione di una cultura ricca, ma soprattutto differente e originale. Lungi da me l’idea di porre dei limiti ai possibili interventi che potranno svolgersi in futuro, o che in passato si sono svolti, occorre però intervenire in una discussione che ha spesso segnato la pubblicazione di cd o volumi sulla musica tradizionale. Si è infatti spesso assistito ad una contrapposizione, perlopiù sterile, fra i fautori di una severa linea improntata all’autenticità estrema che vieta ogni intervento di traduzione e riscrittura dei testi originali, e la pratica di musicisti che, in nome della libertà artistica, hanno usufruito di un materiale grezzo su cui elaborare le loro rivisitazioni senza limiti o costrizioni. L’argomento è piuttosto spinoso e di difficile soluzione, ma credo che si debba uscire dalla necessità di proporre forzatamente una linea univoca intorno a cui tutti, più o meno, debbano uniformarsi. Stante l’angusto panorama -discografico, economico, di occasioni di esecuzioni dal vivo, di feste, di collaborazioni- in cui spesso siamo costretti a muoverci, credo che nessuna ipotesi o pratica possa essere esclusa a priori. Credo che la linea della purezza a tutti i costi porti inesorabilmente alla scomparsa o alla sopravvivenza invisibile della musica tradizionale, mentre la libertà assoluta, che a volte sconfina nel saccheggio culturale, porti allo stesso modo alla scomparsa, non per consunzione, ma per assimilazione all’interno di altri paradigmi più forti e cogenti. L’uscita da questa letale empasse, penso sia da ricercare nella qualità e nell’autenticità di ogni singola proposta che, partendo dall’ambito tradizionale, decida di muoversi verso l’esterno, o al contrario decida di rimanere in un ambito ristretto e riservato. Uguale dignità dovrebbe spettare – per fare qualche esempio- sia al corso di balli antichi, o alla messa in scena di un Maggio, come alla pubblicazione di un cd o all’esecuzione di un concerto che, partendo dall’archivio, riscrive un canto o un ballo per ascoltatori che ignorano l’universo di provenienza della materia iniziale. Soltanto l’unione di tutti questi sforzi – certo se guidati da volontà autentiche e non soltanto da un desiderio di apparire o dalla necessità di carenze creative che sfruttano materiali non protetti per colmare lacune inventive – può contribuire in modo sostanziale e non effimero alla sopravvivenza di un mondo che, fatalmente, ha perduto la quasi totalità dei suoi contesti significanti.
Anche in ragione di queste considerazioni ho proposto, a tutti i collaboratori di Con la guazza sul violino, l’idea di una scrittura corale, aperta e insieme rigorosa, differenziata e insieme legata da un unico fine necessario e nobile: la diffusione e la tutela del patrimonio musicale che i secoli ci hanno affidato.
Appunti per una mappa musicale della provincia di Modena
(…) Principale materia del contatto con la Toscana e la provincia di Reggio Emilia, è senz’altro l’universo espressivo del Maggio, sia nella sua struttura poetica e drammatica, sia nelle caratteristiche eminentemente espressive e musicali[2]. In particolare mi pare necessario sottolineare la specifica qualità stilistica della vocalità dei cantori del Maggio, che – allontanandosi dagli schemi espressivi del canto corale o di insieme, più cari al mondo canoro padano e alpino – portano nel colore e nelle fioriture del canto e della voce, il sapore e l’eleganza del mondo mediterraneo[3].
Se dall’estremo Appennino ci spostiamo verso la Pianura padana, attraversando la zona pedemontana di Sassuolo e i comuni limitrofi – che ormai costituiscono un unico agglomerato industriale interamente votato alla produzione ceramica – entriamo progressivamente nell’alveo di influenza del Po e sentiamo la provincia, le persone, le parlate e i costumi, prendere un diverso colore, un altro andamento. Il dialetto perde ogni connotazione ed influenza toscana, che troviamo invece ampiamente in Appennino, e si piega verso le esigenze della grande pianura, con inflessioni che portano verso Ferrara, Mantova e Reggio Emilia[4]. Allo stesso modo, il canto e i suoi stilemi espressivi abbandonano sempre più le caratteristiche che ho sopra brevemente delineato in merito alla vocalità dei maggiarini: le esigenze di intonazione e pulizia legate alla coralità si affermano con maggior forza e la funzione significativa del canto si sposta verso una più marcata forma narrativa in cui il potere di comunicare viene progressivamente restituito alla parola e non più all’intensità vocale o al gesto del cantore. (…)
Infine alcuni cenni anche sull’altra area tematica di cui si occupa questo libro: la musica per il ballo[5]. Oltre che alla manfrina, certamente il ballo più diffuso nell’intero territorio provinciale nonché il più caratteristico dell’area, si è deciso di dare rilievo a tutto il repertorio dei balli antichi – o staccati – piuttosto che al ballo liscio e di coppia, trattato solo marginalmente, non essendoci testimonianza diretta di alcuna orchestra musicale dedita nello specifico al liscio.
[1] Utilizzerò in questo saggio il termine tradizionale o popolare con la stessa accezione che ritroviamo negli Scritti sulla musica popolare di Béla Bartók in merito alla musica contadina: “la musica contadina in senso stretto altro non è, in fondo, che il prodotto di un’elaborazione compiuta da un istinto che agisce inconsapevolmente negli individui non influenzati dalla cultura cittadina. Perciò quelle melodie raggiungono la più alta perfezione artistica, perché esse sono veri esempi di come si possa esprimere nel modo più perfetto, nella forma più sintetica e con i mezzi più moderni, un’idea musicale”. Cfr. B. Bartók, Scritti sulla musica poplare, a cura di D. Carpitella, Torino, Bollati Boringhieri, 1977, p. 76.
[2] Per una descrizione e un’analisi dei temi e degli aspetti del Maggio, nelle diverse connotazioni con cui si presenta nella provincia modenese, si veda il contributo di Massimiliano Aravecchia sul Maggio drammatico e il mio sul Maggio delle ragazze di Riolunato.
[3] Sugli aspetti musicali ed espressivi della vocalità dei maggiarini, si veda, sempre in questo volume, il contributo di Marco Piacentini.
[4] Si veda per la questione della lingua del canto popolare, l’ottimo contributo di Francesco Benozzo in questo volume. Per altre e più ampie questioni intorno al dialetto della provincia modenese rimando all’ampia bibliografia presente al termine di questo libro.
[5] Si vedano i due contributi scritti da Suonabanda e Biolchini in questo volume, insieme alle due note di Gino Pennìca con Roberta Cappi e Argìa Bertoni, che aprono e chiudono i due interventi.
i 2 CD
CD 1
1. Manfrina 1.05
2. Frülana 1.15
3. Manfrina 1.06
4. Tarantella 1.44
5. Manfrina 0.51
6. La Veneziana 0.55
7. Manfrina 0.43
8. Manfrina 1.00
9. Quartine da “La battaglia di Benevento” 0.53
10. Quartina da “La battaglia di Benevento” 0.33
11. Quartine da “Bentlei” 1.15
12. Quartina da “Tristano e Isotta” 0.33
13. Quartina da “Il Presente e l’Avvenire dell’Italia” 0.39
14. Quartine da “Il Conte d’Altavilla” 1.52
15. Quartina da “Il Presente e l’Avvenire dell’Italia” 0.24
16. Sonetto da “Il Presente e l’Avvenire dell’Italia” 0.39
17. Sonetto in minore da “Il Presente e l’Avvenire dell’Italia” 0.36
18. Sonetto da “Il mistero del Taigeto” 0.45
19. Sonetto finale da “Tristano e Isotta” 0.50
20. Ottava da “Marzo 1944” 2.00
21. Ottava da “Le avventure di Roberta” 1.48
22. Valseviè 1.18
23. Fox trot 2.27
24. Valzer antico 1.45
25. L’albero pianta’ in mezzo al pra’ 3.12
26. Din don campanòun 1.33
27. Trecento cavalieri 0.43
28. È arrivato l’Ambasciatore 0.52
29. Conte e Filastrocche 1.01
30. La risaia (insieme di canti della monda) 5.14
31. Da otto giorni non vedo il mio Gino 2.07
32. Sciur padrun e altri canti della risaia 4.01
33. Ecco il ridente Maggio 5.23
34. Rispetto al Sindaco 2.31
35. Rispetto al Parroco 2.26
36. Ambasciata 2.29
37. Quartine del Maggio drammatico di Castello di Riolunato (Frammenti) 1.40
durata totale: 60.25
CD 2
1. I Viulàn, “Ninna nanna” 2.51
2. Pìvaritrio e Compagnia del Maggio
di Frassinoro, “Iolanda” 4.02
3. Coro Mondine di Novi, “I Mundaris” 1.40
4. Suonabanda, “La veneziana” 2.20
5. I Viulàn, “La ricciolina” 2.15
6. Francesco Benozzo, “L’isteda di mort” 3.13
7. Pìvaritrio e Compagnia del Maggio di Frassinoro, “Stabat mater” 6.55
8. Pivenelsacco, “Giga ferrarese” 2.57
9. Francesco Benozzo, “L’Appennino” 5.16
10. I Viulàn, “Maddalena” 3.33
11. Suonabanda, “Manfrine: Lóvi, Méster, Baciarosp” 2.56
12. Pìvaritrio, “Rusinòt” 3.19
13. Bandabardana, “Salterello romagnolo” 2.55
14. Coro Mondine di Novi,“Figli di nessuno” 3.12
durata totale: 47.30
Fotogallery
Fabio Bonvicini Musicista e ricercatore, si occupa da diversi anni di musica antica e popolare, alternando l'attività concertistica all'impegno didattico.
Un libro da leggere, da guardare ma soprattutto da ascoltare per ritrovare le radici profonde della nostra cultura, musicale e non solo Gianluigi Lanza, Il resto del Carlino
uno dei migliori libri sulle tradizioni musicali del Belpaese, usciti negli ultimi anni. (...) Questa ricerca può far comprendere come tali tradizioni, per certi versi, siano stati importanti anche per molti cantautori e rockstar della regione, fucina del pop italiano Fabio Francione, Il cittadino di Lodi