Mikaela Minga, Nicola Scaldaferri
Spanja Pipa
La canzone urbana di Korça
2015, € 15
Formato 14x19, 25 foto in b/n, pp. 80
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La canzone urbana di Korça è una raffinata tradizione melodica, dove elementi di derivazione orientale e balcanica (come i ritmi del rebetiko e quelli zoppi) si fondono con una sensibilità di tipo occidentale. Nel travagliato passaggio da un centro ottomano di media importanza ad uno dei pochi centri urbani di un’Albania per la maggior parte rurale, Korça, in virtù anche della prossimità a Grecia e FYROM-Macedonia, si trova esposta a molteplici sollecitazioni culturali - greche, turche, rumene, ma anche francesi, nordamericane e italiane - che trovano una meravigliosa sintesi nelle pratiche musicali affrontate nel volume.
La storia di questo genere musicale, tanto immediato all’ascolto quanto complesso nella sua genesi e sfuggente a ogni definizione univoca, è emblematicamente riassunta dalla vicenda biografica di Spanja Pipa, attrice e cantante protagonista della scena locale tra gli anni ‘60 e ‘70, totalmente immersa, e a tratti sommersa e nascosta, nella dimensione della sua città. La sua voce, che a un ascoltatore italiano rievoca le grandi voci italiane dello stile melodico del dopoguerra, aderisce perfettamente alla suadente cantabilità di queste musiche, disvelando le complesse sfumature di un canto urbano, con la sua sorprendente ricchezza di chiaroscuri e i suoi elementi intimi e malinconici, lontani dagli stereotipi della musica albanese e balcanica in generale.
Come evidenziato nella prefazione di Ignazio Macchiarella, l’esperienza di Spanja Pipa rappresenta anche un caso esemplare di “resistenza musicale” all’interno di un micro-mondo contemporaneo in cui il recupero della memoria e la reinvenzione del passato sono orientati a dare senso e valore al presente.
Ascolta il brano O moj korçare
La prefazione di Ignazio Macchiarella
“The political authority which bans people’s music, culture, life style was always been caught bizarre against life”: così la conclusione del folgorante piccolo filmato Be happy, it’s an order, scritto e diretto da Sinan Çetin. La storia del cosiddetto Secolo breve è troppo affollata di dittatori che hanno preteso di decidere, in maniera più o meno coercitiva, cosa la gente potesse o non potesse suonare/ cantare. Ed è altresì piena di espressioni musicali che, al di là di ogni coercizione, hanno continuato ad essere eseguite, clandestinamente o meno, magari con l’alterazione di qualche elemento, per rispondere a necessità condivise. Continuità esecutive non sempre connotate come espliciti atti di opposizione politica, piuttosto motivate da istanze e bisogni dello stare insieme della gente, sia pur entro scenari costrittivi di un sistema dittatoriale – o forse proprio per (r)esistere in situazioni del genere. Da qui una gran varietà di micro-storie fatte di uomini e donne che attraverso la pratica musicale, oltre le grandi retoriche del potere politico, hanno rappresentato la propria condizione, pensato se stessi e il mondo attorno nella concretezza della vita di ogni giorno. Storie che oggi, con il distacco del tempo, possono anche apparire sorprendenti, offrendo, ogni volta, nuovi tasselli alla narrazione della forza simbolica della musica. È il caso della storia, per certi versi insolita, presentata nelle pagine seguenti, ed attraverso le voci e i suoni del compact disc allegato.
Frutto della inevitabile commistione fra diversi elementi musicali dovuti all’incontro/interazione di esperienze culturali differenti, tra elementi di derivazione orientale e suggestioni occidentali, entro uno contesto urbano di inizio Novecento, la canzone di Korça è stata inghiottita dal buco nero delle vicende politiche albanesi, caratterizzate, nel secondo dopoguerra, da una crudele dittatura, che per lungo tempo ha chiuso il paese all’esterno, isolandolo dal resto del mondo. Come altri totalitarismi, anche quello albanese ha investito molto nella “normalizzazione” della pratica musicale, concentrandosi soprattutto sulle espressioni tradizionali. Queste sono state investite da intensi ed articolati processi di spettacolarizzazione che si sono sviluppati in parallelo con la nascita, in tutto il paese, di centri culturali con l’obbiettivo dichiarato di dar vita ad una (presunta) “nuova pratica musicale popolare” all’interno di un farneticante progetto di creazione del njeriu i ri (l’uomo nuovo) del comunismo in salsa locale. Già dal 1949, delle grandi kermesse (il cosiddetto Festivali Folkloristik, festival folkloristico) affidate alla cura di musicisti e coreografi di formazione scolastica, sotto la guida (ovviamente) del ministero della Cultura, venivano imposti come paradigmi dell’autentica musica tradizionale secondo il regime. A esse si sommava il campionario tipico delle iniziative in campo musicale di una dittatura, contraddistinto dalla maggiore o minore “grettezza musicale” (chiamiamola così) dei funzionari incaricati a vari livelli. In questo scenario, un’espressione “diversa” come la canzone di Korça non poteva certamente esser vista con favore, subendo condizionamenti e intromissioni, divenuti insostenibili con la cosiddetta rivoluzione culturale del 1966. Caduto il regime, il movimento di rinascita del paese ha dedicato attenzione anche alla canzone di Korça, testimonianza eloquente del radicato valore storico-culturale ad essa attribuito che anni di silenzio coatto, in pubblico, non sono riusciti a scalfire. Al di là del repertorio storico, impossibile da ricostruire perché affidato alla fragile ed effimera realtà dell’oralità, dell’apprendimento e trasmissione ad orecchio, l’operazione di recupero è stata (ed è) imperniata sul contributo dei protagonisti di un tempo, di individualità creative come Spanja Pipa.
Personalità musicale ricca e articolata, la signora Pipa rivela i tratti tipici di quell’artigianato musicale urbano che, a ragion veduta, i due curatori del volume indicano quale caratteristica basilare della canzone di Korça. Come si può ben apprezzare all’ascolto del CD allegato, la qualità della sua memoria musicale, della reinvenzione dei brani proposti, dell’interazione creativa con i musicisti che suonano con lei lasciano pensare ad una continuità esecutiva nel tempo, ad una (r)esistenza attraverso la musica, sia pure confinata, per un lungo periodo di tempo, alla sfera del privato. Una continuità che rifiorisce acquisendo oggi un proprio rilevante spazio nell’intenso e variegato moltiplicarsi della pratica musicale dell’Albania di oggi, ricco di espressioni di grande qualità ben oltre le pratiche polifoniche legate alla tradizione orale e conosciute fuori dal paese.
Frutto evidentemente di un sincero e profondo rapporto di collaborazione- amicizia con la signora Pipa e gli altri performer, il lavoro di Mikaela Minga e Nicola Scaldaferri offre un efficace spaccato di un micro-mondo musicale contemporaneo in gran fermento, focalizzando con la personalità di Spanja Pipa, un caso assai emblematico di attiva reinvenzione del passato che dà senso e valore al presente.
Il CD
1. Si ëndrra që vjen edhe shkon/ Come sogno che appare e svanisce 4:00
2. O moj korçare/La bella ragazza di Korça 3:29
3. Këndo kitar’ me mua/ Chitarra canta con me 4:01
4. Kalojn’ ditët si ujërat e lumit/ Passano i giorni come l’acqua del fiume 4:09
5. Sikur të deshte zemra jote/ Se il tuo cuore volesse 3:37
6. Më zu malli/ Ho nostalgia 3:11
7. Sado vite të ëmbël kaluam/ Nonostante gli anni passati insieme 2:53
8. Vet’ më the/ Tu mi dicevi 3:41
9. Do të vdes moj nëne/ Madre mia morirò 4:50
10. Në kopshtin plot lule/ In un giardino di fiori 2:50
11. Gjashtë muaj shkova/ Per sei mesi sono passato 4:50
12. Sofati/ La soglia 3:28
durata totale: 45:27
Fotogallery
Spanja Pipa a Radio Statale Milano
Musicologa e Ricercatrice presso l’Istituto di antropologia culturale e studi delle arti di Tirana, Mikaela Minga si interessa di pratiche musicali urbane e di popular music nei Balcani e ha pubblicato diversi saggi e due volumi.
Etnomusicologo dell’Università di Milano, Nicola Scaldaferri si occupa di musica elettroacustica e di pratiche musicali dell’Italia meridionale e dei Balcani. Per Squilibri ha pubblicato diversi lavori tra i quali, con Stefano Vaja, Nel Paese dei cupa cupa. Suoni e immagini della tradizione lucana e ha curato, con Renata Meazza, Patrimoni sonori della Lombardia.
l’articolata e ricca personalità artistica di Spanja Pipa pone in luce i tratti tipici di quell’artigianato musicale urbano, le cui radici affondano nell’oralità. (…) Si colgono nella vocalità della cantante di Korça la qualità della sua memoria musicale, e la sua capacità di reinventare e reinterpretare la tradizione, (…) svela complesse sfumature melodiche lontane dalle strutture tipiche della tradizione albanese, ma in cui Oriente ed Occidente sembrano incontrarsi in un abbraccio Salvatore Esposito, Blogfoolk