Gabriele Stera, Franziska Baur e Jérémy Zaouati
Dorso mondo
2021, € 15 formato 19x14, 78 pp. con un poetry comics di Martina Stella
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Dorso mondo è un libro elettrico. Sono elettriche le sue parole, i suoi suoni, le sue voci, le sue musiche e le sue immagini. È dunque un’opera vibrante, che si espande e cortocircuita: in due lingue, italiano e francese, in tre codici (ma forse di più), testo, voce ed immagini, in quattro protagonisti, anche se l’autore infine, per quanto collettivo, avrà un nome e cognome.
Un poema macchinato e dunque, oggi, naturalissimo e contemporaneo. È lì apposta per dimostrare che chi crede che la poesia in voce e suono sia più ‘facile’, sta scambiando il divertimento (che è cosa complessa) con il semplicismo. E siccome è orchestrato collettivamente sta lì a dimostrare anche che l’arte fatta insieme è spesso molto soddisfacente per chi la fa e per chi la fruisce. Che è una possibilità contemporanea. Ed è infine la prima scommessa di uno dei migliori poeti europei delle giovani generazioni: Gabriele Stera, che è il regista di questo film. (L.V.)
Dall'introduzione di Gabriele Frasca
(...) Prendete ancora questa esecuzione, ad esempio, quella del primo presunto poemetto, "al dorso mondo". Se al suo inizio non c’è altro che la voce e l’eco del suo mezzo, allora innanzi tutto è vero che la voce che ascoltiamo non è di un signore qualsiasi, mettiamo Gabriele Stera, ma di questo signore qui che però si è innestato una macchina, replicando ad arte il paradosso che ci ha fatto umani. Far poesia, allora, significa disindividuarsi con un nuovo processo d’individuazione, togliersi gli abiti da borghese e mettere su la tuta da lavoro, col rischio di confondersi con tutti gli altri che la indossano. Per questo non c’è stata estetica più lontana dalla poesia di quella romantica, coi suoi abiti borghesi da non dimettere mai, anzi persino da sfoggiare, estrosi quanto basta, sebbene fatti in serie e col trucco palese di un tocco personale, una gardenia, che so, una pochette.
E poi, se è solo la voce macchinata che intendiamo così distintamente in questo esordio, allora per davvero potrebbe essere giunto il momento di farla finita con tutta ‘sta questione della poesia e della musica, che poi da una parte è quella dell’acqua calda, e dall’altra è quella dell’uovo e della gallina. Non c’è nessuna priorità, fra poesia e musica, e nessuna possibile separazione, men che meno identità.Gabriele Stera ha avuto coraggio a cominciare senza l’ausilio dei suoi sodali musicisti, Franziska Baur e Jérémy Zaouati, che poi però intervengono, accompagnano, indicano persino nuove strade, ma sempre non smettendo mai di tenere dietro al verso. Perché c’è qualcosa che viene prima della melodia che fa musica la musica, ed è l’intonazione, che per l’appunto fa poesia la poesia. (...)
Non c’è poesia che non nasca con la sua intonazione, nell’ambiente diffusamente performativo che è quello della lettura che ancora non conosce l’introversione submissa voce, qual era quello medievale, oppure quello del tutto risonante che adesso ci spetta, in cui l’arte più diffusa resta quella dell’ascolto domestico della distratta convocazione a distanza. E non c’è intonazione che non possa preludere a un suo sviluppo melodico, e dunque a un suo salto di livello mediale. Il lavoro che Stera fa coi suoi musicisti è esattamente di questo tipo, ed è per questo che è esemplare di quanto la collana Canzoniere sta provando a testimoniare: il salutare ritorno in poesia per l’appunto dell’intonazione, come ciò che innanzi tutto dà forma alla forma, fino a farla saltare di livello, e poi ridona voce, per contagio, a chi dovrebbe al contrario prestare solo un ascolto distratto.
Una voce grossa per un corpo che s’assottiglia sempre di più, perché la voce del poeta per l’appunto non gli appartiene. Per questo sa diventare un coro, il coro stesso dell’oggi che l’ascolto distratto del mondo nasconde. Prendete "mortuos voco vivos plango", con quel bell’io sottinteso sì, ma solo nel titolo. Di che cosa parla Stera? O meglio: chi parla in Stera? Chi sono i suicidi che si sono impossessati di lui, e che possono tornare ad armarsi fino ai denti, per una di quelle guerre che hanno attraversato periodicamente il continente più martoriato, che ha persino col suo sangue concimato la storia rendendola maiuscola? La risposta è sotto gli occhi di tutti, e ci ricambia lo sguardo. L’urgenza della poesia di Stera è la sua contemporaneità, che rischia sempre di divenire senza tempo.
E da dove viene, allora, o a chi si rivolge, il noi che riconquista la ribalta nell’ultimo sottoinsieme, il poemetto conclusivo dal dorso mondo, per tornare a dirsi soffocato nella sua detenzione digitale, come se fosse il coro degl’inghiottiti dagli stessi strumenti di comunione che hanno ingoiato? Questo, se volete, è il concetto greco di enthousiasmos, che ha sempre significato più farsi avvolgere comunitariamente dal dio della possessione che ospitarlo individualmente. E allora, se così è, dove ci porta Stera, che pure sa esporsi in prima persona, in arête/lisca o in z (psaume I), fra le “pareti accoglienti” della stessa trappola, che poi sono quelle replicate senza scampo nel poetry comics di Martina Stella? E se tutto come credo converge, di sicuro nel valzer finale dei satelliti che ispirarono a McLuhan l’immagine claustrofobica del villaggio globale, ma ancor di più verso la ballata della generazione che non c’è di poème (in origine intitolata où sont-ils), dove si dispiega un paradossale ubi sunt che rimpiange gli scomparsi del futuro, allora possiamo esserne sicuri che Stera parla con la voce di una generazione. E se è una generazione che gli fa grossa la voce, e dilegua in un corpo che si riduce alla silhouette di chi in fondo non può che essere tutti quanti, allora Stera è un poeta lirico.
Il CD
1. Al dorso mondo 19.36
2. Mortuos voco vivos plango 2.44
3. Arete/lisca 4.28
4. z (psaume I) 5.15
5. Cavalca mare mondo (psaume II) 3.34
6. Poème 4.39
7. Dal dorso mondo (I-III) 19.44
GABRIELE STERA, FRANZISKA BAUR E JÉRÉMY ZAOUATI: musiche e arrangiamenti
GABRIELE STERA: produzione e mix, LA CONFRÈRIRE (PARIS) E LE CLUZEAU (HAIMPS)
FRANK NEMOLA: mastering
Gabriele Stera (1993), poeta, artista sonoro e traduttore, è nato a Trieste e vive a Parigi.
Dorso mondo è il risultato della collaborazione con l’artista visiva Martina Stella (1992), la violinista e drammaturga Franziska Baur (1993) e il musicista Jérémy Zaouati (1994)
Approcciare un universo come quello di Dorso Mondo significa immergersi in una concertazione di stimoli che, masticati tra loro e disposti con equilibrio, rimandano ad un qualcosa sempre altro, eppure così vicino. Il lavoro di Gabriele Stera, alla voce e ai testi e all’elettronica e soprattutto all’evidente regia generale, apre alla percezione dell’ascoltatore le porte di un immaginario luogo così aderente al nostro che “ti capita davanti agli occhi muto, e distende una pellicola sul mondo facendone un giocattolo di plastica”, espresso in un linguaggio e con espressioni che non si coglie se siano etiche o emiche, quasi a sottolineare la convivenza di questo Dorso Mondo alla realtà, suggerendo persino una via per collassare all’interno di quest’altra realtà Isidoro Concas, Neutopia Magazine
Oltre lo spoken word per proporre una combinazione intensa che si proietta oltre le dimensioni usuali della poesia e della canzone, esplorando più direzioni dentro un paesaggio asemico, quasi spazializzando i testi ben oltre il solo “corredo”. E se la scrittura di Stera rivela un rapporto particolare e complesso con la percezione della realtà, la musica che lo sostiene è un tappeto volante di elettroniche e di corde, un sostrato indispensabile, quanto a volte indifferente, di lanci elettrici e insinuanti, una suggestione continua e viva, quasi intrappolata dalle parole Raffaello Carabini, Spettakolo.it
Dorso Mondo è un omaggio potente e sconvolgente alla poesia con musica di arte contemporanea. (...) Come sempre la casa editrice Squilibri offre squarci inaspettati di culture “altre” e convoglia all’interno dell’unicità del suono ogni manifestazione artistica di qualità (...) CD elettrico, in senso visivo, che si esprime attraverso i giochi di parole, le assonanze consonantiche, gli scivolamenti intellettuali per tendere la voce, e dunque la poesia, verso tutto ciò che è suono Anna Menichetti, RSI-Radio Svizzera Italiana