Yolanda Castaño, Isaac Garabatos
Lingua dell'inchiostro
2018, € 15 formato 19x14, 64 pp. con un poetry comics di Miguelanxo Prado
In offerta con il 5% di sconto
Lingua dell'inchiostro è un raffinatissimo e spericolato esercizio di levitazione del linguaggio sul suono, tutto giocato sulla ricchezza dei significati e sulla loro, non innocente, ambiguità. Il linguaggio di Yolanda Castaño è sempre affilatissimo. La Galizia e la sua lingua sono qui allegoria potente di un mondo dove identità sia sinonimo di apertura, inclusione, dialogo, una scommessa in cui ogni scelta poetica, formale, è, in sé, un atto profondamente politico.
Ma Lingua dell'inchiostro è anche una lunga e complessa riflessione sull'amore: quello per i luoghi e quello per i corpi, quello per le lingue e quello per i ritmi. Mentre la musica di Isaac Garabtos dà alle parole l'intensità e la dinamica necessarie a far volare i segni traducendoli in suoni e spaziando dall'elettronica al jazz, dal rock alla world music con una sonorità travolgente, creando una nuova lingua, fatta di fiato e di inchiostro, d'alfabeto e di saliva.
L'introduzione di Antón Lopo
Anche nella saliva
Sin dalle prime pubblicazioni, all'inizio degli anni novanta, Yolanda Castaño (Compostela, 1977) afferma decisamente che il suo corpo e l’immaginazione costituiranno l’asse portante del suo discorso. Nella poesia galiziana fa detonare una nuova fisicità, evoluzione di un edonismo coltivato nella decade precedente, (quella della movida gallega e della transizione politica dalla dittatura), di cui è erede. All’improvviso la fisicità esplode nella sua poesia con una disinvoltura fino a quel momento insolita per una scrittrice. Fu un avvenimento che suscitò più di una polemica. La procacità dei versi di Castaño, la sua gioventù, la perizia letteraria, la spigliatezza con cui si muoveva su temi scivolosi, la sua sfida, la flessibilità politica che prendeva le distanze dai dogmatismi… Alcuni interpretarono quella proposta come una posa e altri come una curiosità. Ci fu chi rimase scettico e chi la idolatrò immediatamente. Lei, al di là di tutti, non si spostò di un solo millimetro dal suo programma, mentre i lettori compravano con entusiasmo i suoi libri.
Yolanda Castaño è poco più di una bambina quando vince con Elevar as pálpebras (1995) il Premio Bouza Brey, il suo debutto editoriale. Ha diciassette anni, quasi come François Sagan quando si rivelò in Bonjour Tristesse o come Arthur Rimbaud quando conobbe Paul Verlaine. Con loro ha qualche affinità e notevoli differenze: i diciotto anni segnano nei due scrittori francesi un approdo creativo insuperato, mentre invece per Castaño sono l’inizio di un percorso. È anche vero che Rimbaud incarna il romanticismo puro e Sagan vive tra gli ultimi rantoli della cultura romantica, mentre Yolanda Castaño nasce dalla retorica formale e dalla esplorazione di canali che caratterizzano la postmodernità.
Nelle fotografie dell’epoca si fa ritrarre con un’espressione conturbante, dimostrando un totale, autogestito, dominio del suo corpo e della sua immagine. A volte appare con gonne scozzesi, come una collegiale. Altre indossa barocchi veli neri come una cantante neogotica. Non esisteva una poetessa con atteggiamenti simili, forse Lupe Gómez – che trasformò Levantar las pálpebras in Levantar las tetas – o Olga Novo, con cui la Castaño ha condiviso iniziative come la rivista Valdeleite. I titoli di questa fase fondazionale del suo stile sono espressione dell’atmosfera di provocazione e di erotismo che emanava: Delicia (1998), Vivimos en el ciclo de las erofanías o Libro de la egoísta (2003). Nei concerti-recital che faceva a quei tempi, con musica e video, le folle che aggregava mormoravano in coro i suoi versi più rivelatori come “la mia bellezza fonderà dinastie”.
Un po’ alla volta inizia a scoprire l’audiovisivo come strumento sempre più raffinato di quella che a mio avviso è una scommessa radicale nel suo percorso: creare strategie narrative (e plastiche) con la sua fisicità. Sono migliaia le fotografie che ci ha tramandato nei più svariati tipi di supporto, assimilando alla poesia la complessa estetica delle star della musica o del cinema. Si costruisce una specie di pelle letteraria, leggibile esattamente come uno dei suoi versi lampeggianti. Ritrae se stessa senza fare in realtà ritratti suoi, come seguendo la traccia dell’epica femminista fotografata da Cindy Sherman.
Fa dunque la sua apparizione nella video poesia – nel 2004 riceve il premio Cortocircuito, il più importante festival galiziano di cortometraggio – e poi inizia a sperimentare il linguaggio della televisione che le diede la popolarità e il riconoscimento professionale di migliore comunicatrice del 2005, con il premio Mestre Mateo dell'Academia Gallega del Audiovisual. Diventa anche una firma giornalistica frequente de O Correo Galego, dalle cui pagine il suo stile espositivo annunciava l'imminenza dei blog e del fenomeno Facebook. I mezzi di comunicazione la adoravano, le telecamere la adoravano e il pubblico pure. L'idillio, ancora oggi pienamente vigente, si estese attraverso una molteplicità di progetti collettivi, in special modo Tender a man, con Branca Novo Neyra, Monica de Nut o Isaac Garabatos, musicista con cui ha da sempre una profonda relazione. Frutto di questa relazione è il volume della collezione Canzoniere, dove le traiettorie di entrambi si fondono nell'esperienza condivisa e nella confluenza dello scambio reciproco. Garabatos si muove in una latitudine in cui convergono la composizione per la danza, per il teatro e per il jazz. Non prescinde da nessuno stile, si tratti di fusion, latin-jazz, funk, folk, pop, rock o dance music. Combina inoltre le attività di produttore, musicista e compositore con quelle di video-artista e animatore culturale nell'esperienza della Sul Producciones, la casa di produzione che dirige dal 2005.
Anche Yolanda Castaño è un'animatrice, generosa e inquieta, caratteristiche che negli ultimi anni ne hanno fatto una specie di ambasciatrice della poesia galiziana nel mondo - i suoi recital si succedono uno dietro l'altro, dall'India all'Argentina, dalla Tunisia alla Cina...- e al contempo la padrona di casa della poesia mondiale in Galizia. Il ciclo Poetas Di(n)versos, che dirige a A Coruña, consiste in incontri mensili tra un nome galiziano e uno straniero. Per questo ciclo, a cui assistono centinaia di persone ad ogni incontro, ha ricevuto il premio della Crítica de Galicia per la migliore iniziativa culturale del 2014. Dirige a Pontevedra il festival internazionale PontePoética e nella letteraria isola di San Simón, il laboratorio internazionale di traduzione Con barquera y remador. Questi tre cicli costituiscono i migliori programmi internazionali che si svolgono in Galizia.
Come performer di poesia ha un magnetismo a cui non si può sfuggire. Un magnetismo fisico e di sguardi, nel modo di rimanere immobile o di muoversi. Magnetismo accogliente, come se ti internassero in un giardino nell'ora della siesta - non ha importanza la tipologia: un giardino francese oppure orientale, un viale, il giardino del Dimora di Tor con i suoi labirinti di pietra... Possiede una qualità che fa in modo che niente in lei produca violenza, nonostante abbia una lingua spinosa e nasconda, come alcune piante, principi tossici.
Quando recita sul palcoscenico la sua sola presenza è sufficiente a sciogliere lo spazio intorno nella imprecisione del miraggio. Il pallore rigeneratore. Gli occhi allungati di nero rafforzante. La delicata magrezza. Il collo sottile. Le narici che si aprono al ritmo del respiro. I capelli spesso scompigliati, come una pescatrice di Rianxo, capitale letteraria della Galizia, (lì nacquero Manuel Antonio, Castelao e Rafael Dieste, anche se la poetessa nazionale, Rosalia de Castro è di Compostela). In alcuni momenti, quando i fotografi e gli smartphone le impazziscono intorno, adotta con naturalezza una posa che emana per loro un secondo di straordinario fulgore. A volte ricorda uno di quei ritratti di profilo che faceva Maruxa Mallo o una dominatrice in tacchi alti a talloni uniti. Altre volte sembra un'attrice di cabaret o un'alunna ripetente o una boscaiola, una spia dell'entre guerre, una medium, una presentatrice in eurovisione, una emo, un'amicizia pericolosa, una cantante neogotica, un'intellettuale di sinistra, una radical chic... Si direbbe che giochi costantemente con il fenomeno imprevedibile delle apparenze, come una di quelle donne che si incarnano in tutte le donne che la adorano e che l'hanno nutrita (ancora Cindy Sherman). Prima di lei la figura della poetessa in Galizia aveva una identità da ideogramma. Con Yolanda Castaño la poetessa può essere una donna qualsiasi e anche diverse donne simultaneamente. Tuttavia l'immagine non la divora, è lei che usa l'immagine come veicolo dell'azione poetica. Disloca continuamente i modelli in una specie di operazione gaudente, dove la vita scorre a tinte placide e implacabili al contempo. La sua metamorfosi parte dalla fisicità.
In nessun momento Yolanda Castaño può essere indiziata di denuncia politica o ideologica. Ma non si morde mai la lingua. Non schiva le specie spinose (la ginestra, per esempio). Non si occulta e non è neanche aggressiva. Ha la mano aperta. Tiene fisso lo sguardo. Recupera parole che erano state quasi espulse dalla poesia galiziana dai tempi dei canzonieri medievali: niña de colegio de monjas que fui salen todas/ anoréxicas o lesbianas la/ letra entra con sangre en los codos en las cabezas en las/ conciencias o en los coños (io ero bambina al collegio delle suore lì diventano tutte/ anoressiche o lesbiche là/ il sapere entra dal sangue sulle nocche nelle teste nelle/ coscienze nelle fiche). Viaggia per il mondo, raccoglie mele nel giardino di Tolstoj, dorme nelle strade di Amsterdam e come Chus Pato - altra poetessa galiziana riconosciuta all'estero - visita Auschwitz e non è più la stessa. Tuttavia vuole sempre tornare a casa, "il nascondino/ che preferisco/ di A Coruña// proprio in te".
Questo ambiente di intersezioni porose si estende alla totalità della sua poesia. I/le lettori/lettrici/ascoltatori che si avvicinano a lei per la prima volta non tarderanno a constatare che la poetessa è cosciente, in ogni momento, della posizione che occupa, del luogo dove è arrivata e dei veicoli che rendono possibile l'avventura. Eccola, in questa piccola antologia, la lingua come culmine dell'identità collettiva e di una nazione, ma questo non impedisce di porsi la questione con ironia: "una vocale aperta nel momento meno opportuno" – il galiziano per lei è "una coroza" - una cappa preistorica con il cappuccio di paglia - che le serve per camminare a Manhattan. Perché "per dirti da dove vengo / devo farti la linguaccia".
È evidente che c'è stata un'evoluzione. La Yolanda Castaño che nel 1988 danzava "perennemente con il sospetto della metafora" - Delicia, il suo secondo libro - e quella che nel 2009 in Profundidad de campo scrive: come un'intermittenza,/ la mia gioventù una striscia di cocaina che a volte/ devia./ Dietro la mia orbita si eccitano i volanti./ E accelero veloce/ come a questo verso fugge la vita"). O che nel 2014, nel suo premiato libro La segunda lengua, esclama: "Ti dirò qualcosa dei miei problemi con la lingua/ ci sono cose che non posso pronunciare".
Tra le crepe dei versi e del tempo, Yolanda Castaño si muove con la forza di una cascata, realizzando progetti che solo lei potrebbe sostenere, sognando se stessa e sognando spazi in cui rappresentare un paese che sopravvive nella sua saliva. Anche nella sua saliva.
Il CD
1 LISTEN AND REPEAT: UN UCCELLO, UNA BARBA 2:58
2 CHE COS’È DOLORE/ IL DOLORE CHE DAVVERO SENTE 2:54
3 LOGOPEDIA 2:34
4 MAQUILLAGE (OMBRETTO QUI, OMBRA LÌ) 4:16
5 LA PAROLA GALIZIA 3:29
6 THE WINNER TAKES IT ALL, LA MUSA NON VINCE UN SOLDO 2:27
7 STORIA DI UNA TRASFORMAZIONE 3:59
8 PANE DA CELEBRAZIONE (IT’S AN UNFAIR WORLD) 1:42
9 HIGHWAY TO HEAVEN 3:02
10 INTRO(VERSO) 5:57
11 LESS IS MORE 2:28
12 METROFOBIA 1:58
13 CALAMARO 1:20
14 LE MELE DEL GIARDINO DI TOLSTOI 4:07
Il booktrailer
Yolanda Castaño è l’ambasciatrice della poesia galiziana nel mondo. Poetessa, autrice per l’infanzia e per la televisione, è stata tra le prime in Europa a sperimentare il connubio della poesia con la musica e con il video. E’ tradotta in più di venti lingue.
Isaac Garabatos è è uno dei musicisti e arrangiatori più versatili della Galizia. Ha composto anche per il teatro e per la danza e da tempo è impegnato anche nell’attività di produzione.
Siamo spesso dalle parti della metaletteratura (...) la riflessione diventa così vertiginosa e ambivalente. Isaac Garabatos la accompagna con naturalezza, sfoderando le sue doti di compositore e arrangiatore da sempre a suo agio anche nel mondo del teatro e del videoclip. L'esito è notevole, soprattutto in forza della straordinaria ricchezza -lessicale e concettuale- della lingua e della sua "non innocente" ambiguità Francesco Buffoli, Rockerilla
Decisamente meno cupo è l'universo di Yolanda Castaño, impegnata a scavare con profitto nel lessico. Il suo versificare sfiora il metagrammaticale (...) ma possiede l'indubbia abilità di traslare il lettore/ascoltatore in una dimensione parallela, non per questo evanescente, anzi Piercarlo Poggio, Blow Up
Alle ferite sociali e politiche consumate in gravide penombre sudamericane del precedente volume della collana fa da contraltare la riflessione in punta di penna della poetessa galiziana Yolanda Castano, incentrata sul ruolo della lingua e dell’identità. La accompagna, in un gioco di suggestioni e rimandi, il linguaggio musicale eclettico e aperto alle contaminazioni di Isaac Garabatos Alessandro Hellmann, Musicalnews
I versi di Yolanda Castaño già hanno un suono come uno spartito. Passando poi alla voce, mentre li trasforma in melodia, divengono una compilation di significati. Poesia da ascolto, musica da riflessione per il cuore Giulia Calligaro, Io donna-Il corriere della sera