Peppe Fonte
Io non ci sono più
2018, € 15 formato 14x14, 48 pp. e 20 foto e dipinti
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Peppe Fonte scrive canzoni da quando aveva quindici anni, complice l’incontro, ancora ragazzino, con Piero Ciampi e poi la frequentazione con il suo principale collaboratore, Pino Pavone, come lui calabrese e avvocato.
Cantautore di razza, scrive dunque canzoni come si usava un tempo, ispirate e nude. Storie vissute, accadute ad un metro di distanza, nelle quali la grande melodia italiana si sposa con una poesia del quotidiano e la musica, riecheggiando tra Livorno, Parigi e New Orleans, risuona allo stesso tempo della bellezza struggente della provincia italiana.
Figlia della scuola classica della canzone d’autore con leggere contaminazioni derivate dalla frequentazione di altri generi, anche la scrittura musicale sottolinea questa ostinata direzione di marcia, ulteriormente evidenziata dall’orientamento degli arrangiamenti verso una precisa aspirazione artistica: arrivare agli altri nella maniera più semplice e vera possibile.
Con l’irresistibile inclinazione ad essere espliciti senza guardare in faccia a nessuno ma senza neanche cedere a inutili strepiti, Io non ci sono più è un disco notturno, segnato dalla confusione del dubbio che agita le anime salve, costi quel che costi, senza nessun resto. In fondo, cosa c'è di più bello e di più vero della vita?
Con un significativo corredo fotografico, scritti di Gionata Giustni e Pino Pavone e i dipinti di Beppe Stasi
Erano da poco passati gli anni Ottanta quando trascinavo Peppe, ancora studente universitario, alla RCA dove si svolgevano i provini delle cosiddette canzoni. Il posto era il Cenacolo, inventato da Ennio Melis, si trovava sulla Nomentana. 1 i sogni dei figli (4:20) 2 io non ci sono più (3:43) 3 Keep the beat (3:28) 4 Figlio di Zorro (4:05) 5 l’amore di nuovo (3:49) 6 Chissà se è tardi (4:21) 7 Straordinariamente (3:25) 8 Sciopero di un’idea (4:06) 9 Ombrelli soli (3:34) 10 quello che ti dirò (4:12) Arrangiamenti I musicisti Registrato e missato negli studi della Yara Record in Catanzaro
Pino Pavone,
“Vieni caro Peppe, ti porto nella tana dell’orso. Sono orsi che non conoscono soluzioni, amano le sviolinate. L’interlocutore è un amico con i baffi e una chitarra sulla schiena.
In questa giornata di tormento e di esaltazioni dobbiamo avere fiducia, dobbiamo fare in modo che gli altri apprezzino i nostri pensieri. Possediamo l’arte di apparire e di sparire dal cappello dell’illusionista, andiamo! Ti sto portando sulle colline delle apparizioni e noi, fatti d’aria, cercheremo di entrarci dentro sbalorditi e svaniti nella nostra immagine, nell’incontrollata fragilità della musica, sulla processione degli accordi e il crocefisso delle parole.
Ce ne fottiamo delle parole! Andiamo avanti, lo studio di registrazione è a nostra disposizione.
E no! Aspetta… le parole qui non mi convincono, devono suonare anche loro e giustificano la nostra posizione in campo. Cambiamo, così…, sì così va bene”.
E’ una partita. Tu mettiti al centro di questa sala piena di strumenti e con la fascia di capitano dirigi le operazioni di sbarco. Cerca di starmi vicino e, se vedi che mi allontano, chiamami, anch’io ho gli occhi fragili di chi si sottopone a un verdetto…, se fosse così facile sarebbe un imbroglio.
Non è uno scherzo, ci stiamo giocando le nostre visioni, le nostre ansie, i nostri amori, i nostri tormenti. Ci stiamo giocando i nostri sogni. Noi, semplicemente, non siamo, sono loro che esistono, sono loro che dobbiamo proteggere questo è il punto.
Quando usciremo da questa baraonda, dimentica tutto! E’ un mondo apparente che ci sostiene finché restiamo dentro. Abbiamo scritto e abbiamo suonato quello che dovevamo, il verdetto non ci interessa più. Distintamente salutiamo.
Appena fuori, andiamo a mangiare una pizza e magari facciamo una partita al biliardo, le nostre idee hanno preso forma sopra un nastro girevole. Rimarranno inviolabili e usciranno fuori al momento giusto, quando le nostre risate prenderanno il colore della notte.
Allora, caro Peppe, canta le tue canzoni, racconta le tue emozioni, il padre, i figli e le maledizioni al lume di una sana bevuta o di una vagante sballata sabatica, contraddici con eleganza i filosofi del sapere perché non sanno un cazzo, tirami per la giacca sul marciapiedi di una qualunque città, soffiami un testo quando cerco di prendere sonno sulla spiaggia, vedremo cosa fare, come rimediare ai vuoti di memoria. Quando ti sfiorerà un vento di follia, tienimi al corrente.
A questo punto, però, devo dirti che è la testa che conta. Dobbiamo renderci conto che l’età è una finzione. Nel creare una qualunque emozione non esiste età. Ogni passo è utile e futile, ogni utilità scomposta in frazioni. Si allargano gli orizzonti, si scavalcano le voragini, i sentimenti si liquefanno in una sorta di marmellata arancione, il prodotto finito si sbriciola in una ballata di cinesi in festa. E’ la testa che conta.
Non fare caso agli sprechi, ai veleni, alle scadenze, a chi ne sa più di te. Ci faremo da parte o saremo presenti, quando tutto non è condiviso, con il coraggio di chi vuol tenere ferma una nota, una poesia. Non necessariamente per vincere: un sconfitta è più importante di una vittoria facile.
E’ una battaglia, d’accordo, nella quale le nostre canzoni riflettono il mal di vivere, la felicità di un attimo, il vuoto convulso del non esserci perché prematuramente scomparsi sulla via del ritorno. Così le nostre convinzioni spesso sono contrarie alla logica e al buon senso comune. “Io con la testa e tu con il cuore”. E’ tutta una questione di testa.
Dobbiamo cambiare identità ed accettare la nostra pelle con i suoi naturali mutamenti e le inevitabili invocazioni. Solo così saremo liberi e più soli.
Il CD
Andrea Terrinoni: Sciopero di un’idea, Figlio di Zorro, L’amore di nuovo, I sogni dei figli
Giuseppe Tassoni: Chissà se è tardi, Keep the beat, Io non ci sono più, Quello che ti dirò
Pietro Aldieri: Ombrelli soli
Peppe Fonte: Straordinariamente
Giuseppe Tassoni: pianoforte e tastiere
Pietro Aldieri: chitarre
Raffaele Trapasso: contrabasso
Gigi Giordano: batteria
Marco Conti: sax
Franco Catricalà: basso elettrico, violino e violoncello
Lucio Ranieri: fonico
Alcuni dei dipinti di Beppe Stasi
Già nel Catanzaro ai tempi mitici di Massimo Palanca, avvocato nella vita reale e artista e paroliere nel sogno, Peppe Fonte è al suo terzo disco come cantautore
Peppe Fonte è della schiatta dei cantautori che fa del proprio luogo di appartenenza più di un genius loci: la Livorno di Ciampi, la Roma di Venditti, l’Asti di Paolo Conte sembrano essere i riferimenti più prossimi alla sua Catanzaro. Dunque un luogo altro, soprattutto interiore, in cui però a muoversi non sono anime perse, ma si muovono personaggi in carne e ossa Fabio Francione, Il cittadino di Lodi
Quella di Peppe Fonte è una storia di quelle che coniugano la realtà con la fantasia, perché toccano luoghi fisici che stuzzicano l’immaginario di molti: l’aula di giustizia, il campo di calcio e il palcoscenico. (...) il disco funziona proprio per la sua atmosfera d’antan oltre che per l’attualità delle storie personali che racconta Michele Manzotti, L'isola della musica italiana
Le parole scorrono con eleganza sulla musica delle canzoni di Peppe Fonte, canzoni che prendono vita dal suo pianoforte strizzando l’occhio al jazz e coltivando l’ispirazione di amori che finiscono (...) La scrittura si è fatta più asciutta, il canto più essenziale, e anche la cornice sonora si presenta più compatta, unendo tutte le canzoni in un sound convincente (...) booklet splendidamente illustrato con i dipinti di Beppe Stasi Luciano Ceri, Vinile
Anche questo lavoro fa parte della collana Crinali di Squilibri editore, che ad ogni uscita si arricchisce di piccole perle della musica folk e d’autore italiane (...) la sensazione struggente di sottile dolore che dà all’ascolto si trasforma subito nel benessere che danno sempre le cose fatte per bene, le cose belle; come questo disco di cui consigliamo l’ascolto Elisabetta Malantrucco, Blogfoolk
La sua musa è Piero Ciampi e le affinità con il poeta livornese sono evidenti: anche Fonte si dedica alle storie "accadute a un metro di distanza", collocandole in un'atmosfera notturna, segnata dalla confusione del dubbio che agita le 'anime salve'. Particolarmente riuscite la parabola esistenziale de "I sogni dei figli" e la ballata a là Paolo Conte di "Keep the beat" Francesco Buffoli, Rockerilla
Un album che ha tutta l’aria di essere quello della definitiva consacrazione. Un disco lucido e sorprendente, che ribadisce l'acume dell'autore nell'interpretazione di questi tempi confusi, con una dedica immaginaria nei confronti di Piero Ciampi e un'altra più esplicita a Gino Santercole Vittorio Pio, Il quotidiano del Sud
Parole soppessate a una a una e poi avvolte in suoni che richiamano il piano bar e il jazz. Storie da raccontare a pochi intimi alla volta, sussurrando più che cantando. (...) Tra Ciampi e Conte, si potrebbe riassumere, con in mezzo tanto altro Piercarlo Poggio, Blow Up
Bellissimo album (fin dalla copertina) (... ), quasi confidenziale, di taglio personalissimo, morbido e insieme allusivo, attraversato da un lirismo asciutto quanto a tratti doloroso, con un modo di costruire la canzone e di porgerla che ci ricorda come il cantautore-avvocato calabrese abbia ben presente la lezione di un certo Piero Ciampi. (...) Disco molto omogeno, opportunamente jazzato (ma non di maniera come accade fin troppo spesso), elegante e carico di pathos. Raro e prezioso Alberto Bazzurro, Musica Jazz
Io non ci sono più è incentrato sull’assenza – di riferimenti, di amore, persino di pensiero (Sciopero di un’idea) -; le vicinanze, se ci sono, sono ossimoriche, sono vicinanze siderali. Io non ci sono più è un concept-album da poeta nottambulo. (...) Forte di una rarefazione climatica che rimarca la voce ruvida e le parole, Io non ci sono più è chiaroscurale - chiaroscuri di pensieri, di ricordi, di ombre di jazz Mario Bonanno, Mescalina
In giro ci sono canzoni piccoline, di cui nel frastuono del mondo quasi non si sente il respiro, e che peerò sanno dire la vita. Sono spesso canzoni di irregolari, come quelle dell'avvocato Peppe Fonte: uno che decise di fare "anche" il cantautore dopo aver incontrato Piero Ciampi. Ma, credetemi, è bello conoscere certe sue canzoni Andrea Pedrinelli, Avvenire