Piero Brega
Mannaggia a me
2020, € 15
Formato 14x14, pp. 24, con foto a colori e in b/n
In offerta con il 5% di sconto
Tra le voci più carismatiche una nuova tradizione popolare e, poi, tra gli interpreti più originali di una rinnovata canzone d’autore, Piero Brega ha molte vite e molte altre frecce al suo arco, celando nell’animo amori tenaci che lo accompagnano per le strade di una Roma periferica e dolente.
A distanza di dodici anni dall’ultimo disco, Mannaggia a me si pone così all’ombra di altre culture musicali, coltivate fin dagli anni giovanili, per cantare di centomila pensieri che fuggono, di viltà e scintille smarrite, di isole nell’universo, di una cadenza del parlare e, quindi, di un modo di ragionare che è proprio di un’intera città.
Di brano in brano si susseguono vivide istantanee sonore che elevano a una dimensione epica momenti di vita quotidiana e scene di ordinaria brutalità urbana: una processione elettrica e potentissima, vibrante e ondivaga come può essere solo lo sguardo distaccato e partecipe che un poeta getta sul mondo, sapendo che la “vita è sempre un po’ più in là”.
Con i disegni di Marco Brega e, in apertura, un dialogo di Piero con Giovanna Marini
Cenni biografici
Una carriera decisamente anomala quella di Piero Brega. Tra i fondatori del Canzoniere del Lazio e del Circolo Gianni Bosio, attraversa da protagonista i turbolenti anni settanta, affermandosi come una delle voci più carismatiche di una nuova tradizione urbana e caratterizzandosi, assieme ai suoi compagni, per l’originale fusione di elementi etnici con sonorità jazz e progressive, che anticipava di molto la stagione ancora da venire delle “contaminazioni”. Esperienze innovative, proseguite con Carnascialia e Malvasia, e allargate anche al teatro dove è anche voce solista dell’opera di Giovanna Marini, “Il regalo dell’Imperatore”.
Poi un’eclisse dalle scene musicali durata circa venticinque anni, in cui si è impegnato come architetto con progetti anche di grande prestigio come la direzione dei lavori della moschea di Roma agli ordini del prof. Portoghesi. E poi, improvviso e inatteso come una sorta di miracolo, nel 2004 l’esordio da solista con un disco di conturbante bellezza che rivelava al mondo anche le sue capacità di scrittura e affabulazione. Come li viandanti vince così il Premio Ciampi come opera prima alla quale fa seguito, cinque anni dopo, il disco della riconferma, Fuori dal paradiso, in cui si evidenzia la maturità dell’artista che riesce a elevare nelle atmosfere rarefatte della poesia anche le più ordinarie esperienze quotidiane.
Con i movimenti carsici che contraddistinguono il farsi della sua ispirazione, chiamata a misurarsi con urgenze di vita o a lenire ferite che non trovano risposte, Piero torna ora con un nuovo disco, a dodici anni di distanza
Dal dialogo con Giovanna Marini
"Un disco molto ricco, il tuo. E ti dico anche che è la prima volta che sento un disco di canzoni tutto intero, perché non ce la faccio. La prima parte è piena, fino al vecchio marinaio, è molto bella, molto liscia e molto sciolta. Nella seconda parte c’è una crescita di tipo melodico e anche armonico. Crescete a forza di raccontare. Tu parli, racconti e canti però sapendo che c’è un pubblico davanti, cioè sapendo che devi informare. Molto bello quel punto che ti ho detto, è una melodia molto bella (lo strumentale del vecchio marinaio). Il vostro lavoro ha dei momenti, sprazzi di melodie, poi tutt’a un tratto una bellissima suite di accordi sulla chitarra elettrica. Io penso che questo è un disco molto bello che tutti dovrebbero sentire, ed avere, perché ce n’è per tutti; e non è fatto perché ce ne sia per tutti.
Poi vediamo la cosa tecnica: tutti suonano molto bene, tutti. Penso al basso di Emanuele, anch’io ho detto ma senti che roba. Poi c’è Francisci che è bravissimo, ma Francisci è sempre stato bravissimo. Insomma, vi ritrovo tutti invecchiati ma non nello spirito, avete sempre uno spirito ricco, diciamo una banalità: uno spirito giovane. Sarà un bel successo. Succedesse a tutti, Piero, di partire ramengo un po’ di qua, un po’ di là, e poi, trac!, infilare la via del racconto, dell’espressione”.
Oretta rimane in silenzio. Non dice che questa alchimia dipende anche dalla sua esperienza di musicista. Luciano e Oretta suonavano insieme nel Canzoniere Internazionale di Leoncarlo Settimelli ed è tramite Luciano che io l’ho conosciuta.
Giovanna poi chiede in quanti siamo a suonare. “Sei”, le rispondo. “Ludovico suonava la chitarra elettrica col Cantiere oltremare di Oretta e Nicoletta Gervasi ed è così che Oretta si accorse della sua passione per Dylan. Siamo entrambi dylaniani e abbiamo suonato un paio d’anni in duo con lo spettacolo “Dylan da qui”. Poi l’ho coinvolto nel progetto di questo disco e lui è entrato insieme al suo bassista Emanuele, che se non c’era bisognava inventarlo. Io dico che è biblico”. Oretta ride di gioia. “Poi c’è Piero Fortezza, il batterista che accompagnava il nostro duo, diventato così un trio”.
Molti pensieri e molte immagini affollano, in questo momento, la nostra mente. Come dentro a un vortice si rincorrono i fatti, le storie, i volti che hanno nel loro insieme contribuito a formare, passo dopo passo, il nostro percorso umano, ideale e artistico e che ci portano, oggi, a un approdo così importante e significativo.
Il CD e la band
1 Il sorriso di un pensatore (3:24)
2 Triangoli quadrati (4.02)
3 Mannaggia a me (3.28)
4 Strada scura (4.41)
5 Gelosia (3.22)
6 Sono un vecchio marinaio senza mare (4.55)
7 In mezzo al mare (3.25)
8 Tempo arido (2.49)
9 San Basilio (6.35)
10 Dal lago della giovinezza (5.46)
11 Centomila pensieri fuggono (3.12)
Testi e musica di Piero Brega
ad eccezione di Sono un vecchio marinaio senza mare di Piero Brega e Adriano Martire
Arrangiamenti di Ludovico Piccinini e Luciano Francisci
Ludovico Piccinini: chitarre, charango
Emanuele Marzi: basso
Piero Fortezza: batteria
Luciano Francisci: fisarmonica
Oretta Orengo: oboe, corno inglese, canto
Piero Brega: canto, chitarra
Già tra i fondatori del Canzoniere del Lazio e del Circolo Gianni Bosio, Premio Ciampi per il suo disco d'esordio come solista, Piero Brega è al terzo cd
Se cercate un album di quelli che facevano una volta i protagonisti della nostra canzone d’autore come Fabrizio De Andrè, Lucio Dalla, Franco Battiato e altri che mettevano nella loro musica passione, attenzione, provocazione, realtà, luce, voglia di dire la verità e altri ingredienti che nel tempo cominciano a farsi sempre più rari, beh, l’avete trovato (...) L’album di Brega va ascoltato e riascoltato, per capire la profondità e il fascino di quelle undici canzoni, ognuna delle quali ha un senso, ha un significato e offre molti suggerimenti. Per esempio come rischiarare un tempo arido e riannodare in musica tutta una vita Fabrizio Zampa, Il Messaggero
Brega ha continuato ad affinare e attualizzare il suo repertorio, che mescola stornelli e blues, avanspettacolo e rock’n’roll, autostrade USA e borgate romane. Ed è arrivato alle storie mignon delle 11 canzoni di Mannaggia a me, più ricche e articolate nella strumentazione, ma più intime e introverse. Che parlano di scarpe mangiate dalla terra e di marinai senza mare, di una notte in città e della pioggia che non cade ancora, di una fotografia di lei e di nostalgia, dello sconforto del tempo attuale e della speranza che si affaccia, però solo alla fine Raffaello Carabini, Spettakolo.it
... tra autostrade americane e borgate romane, Francesco Gatti, Rai News
Un edificio sonoro di stanze confortevoli e confortanti, in cui un genere musicale apre la porta a quello successivo, tappezzando pareti e soffitti di storie di vita quotidiana, di sogni, immagini e speranze Walter De Stradis, Controsenso
Un disco coraggioso che nasce all'ombra di altre culture, serbando salde le radici della nostra canzone d'autore. Quasi un ritorno biografico, senza scomodare la fusione di stili degli anni andati, alimentando l'appassionata ricerca di ritmi e sonorità Ugo Bacci, L'eco di Bergamo
A contribuire alla riuscita del disco provvedono arrangiamenti mai banali, cosicché ogni brano può disporre di una precisa e differente configurazione. Dallo stornello al cabaret, dal blues al rock, dal folk alle sonorità cameristiche, lo spettro stilistico è ampio benché coerente e tenuto con polso fermo. A distanza di "Come li viandanti" (2004) e "Fuori dal paradiso" (2009), un nuovo Brega ci voleva Piercarlo Poggio, Audioreview
Le canzoni sono solide armonicamente e struggenti quando la melodia prende il sopravvento, suonate con piglio spontaneo e sorvegliato assieme: l’ascolto è una pura gioia per le orecchie (...) Il cuore del disco è però la scrittura, una narrazione lucidissima e allucinata dell’inferno urbano, che alterna più volte il di dentro e il di fuori. Candidamente visionario, come una sorta di troviere postmoderno, Piero Brega ci descrive sé e il suo viaggio nella periferia romana Alessio Lega, Vinile
Ogni volta che ha fatto uscire un disco è stata una botta dura, secca, di quelle che ti lasciano senza fiato: il mondo è è pieno di canzoni inutili, lui quando scrive sembra avere in una mano la chitarra e gli appunti, nell'altro la carta vetrata per fare il contropelo a se stesso e al mondo com'è diventato Guido Festinese, Il giornale della musica
Un album del tempo prima, piovuto dritto dagli anni arroventati di musica e parole (e non soltanto). "Mannaggia a me" suona come suonavano i dischi di una volta: dischi densi, pregni di tante cose. Di impegno, intelligenza e bravura, prima di tutto Mario Bonanno, Mescalina
Piero Brega conferma le sue grandi capacità di scrittura e il suo raffinato gusto musicale attraverso un album in cui confluiscono la sua esperienza, la sua sensibilità e il suo sguardo lucido sull'oggi Piergiuseppe Lippolis, MusicMap
Perché Brega non ha mai fatto un disco debole. Quando ha da raccontare una storia lo fa, punto e basta. (...) E sono di nuovo canzoni brade e fumiganti, da contropelo doloroso alla realtà, perché nessuno scrive con la grazia lancinante e sorprendente di Brega, una grazia che fa quasi male, tanto è diretta (...) Il tutto su un impianto folk rock che sembra una ricapitolazione per nulla accademica di mezzo secolo e oltre dove troneggiano magnifici arrangiamenti di fiati (oboe, corno inglese e fagotto) di una grazia quasi barocca, e chitarre che sanno innalzare flessuosi, gilmoriani inni alla gioia del suono tra i più belli ascoltati nell’ultimo decennio Guido Festinese, Il Manifesto
Piero Brega, l’artista che, come la lucertola della copertina del suo disco, ogni volta che gli tagliano una coda di suoni e canzoni, aspetta che ricresca e che nasca di nuovo. E ogni volta è un inatteso miracolo. (…) un nuovo, bellissimo caleidoscopio di colori e canzoni (…) Piero Brega, che come il Nino di De Gregori ha calciato il suo rigore, ed invece di prendere la porta, ha aperto il cielo. La notte gli si è attaccata al cuore, dice lui. Che bello Piero Fusi, Gli stati generali
Uno scrigno prezioso e di ottima fattura che (...) merita di entrare a pieno titolo nel novero della migliore canzone d'autore (...) Impossibile annoiarsi con un disco così, (...) studiato e ben suonato, sorretto da liriche che nulla hanno a che vedere con la banalità imperante di chi deve sfornare un disco all'anno Francesco De Martino, Il quotidiano di Bari
Bellissimo e sincero lavoro che segna il gradito ritorno di uno storico protagonista della storia musicale nazionale Tonino Merolli, Raro più
Un ottimo ritorno per Brega, cantore dell’umanità e della metropoli con le sue tragedie, con i suoi amori, con le sue speranze. Lo stile è asciutto, diretto, a tratti amaro, a tratti ironico con una voce profonda, adatta a cantare gli ultimi. Undici stanze di vita quotidiana pennellate con amore, un balsamo che tocca bene le corde dell’anima, specialmente in questi tempi così aridi Marco Sonaglia, Il popolo del blues
La sensibilità di architetto, attento alle periferie urbane e popolari e una rara capacità cantautoriale (...) con Brega trovano una consonanza, sia nella forma canzone sia nei suoi contenuti Fabio Francione, Il cittadino di Lodi
Canzoni che raccontano storie, con echi di De Gregori, rock, jazz, musica popolare, rivelano un artista maturato sia nella vena autoriale sia in quella musicale Gaetano Menna, Mondo Agricolo
Qui ritrovo il vero senso della cultura tradizionale e popolare della canzone italiana, filtrato attraverso uno sguardo penetrantemente politico, senza dimenticare il filone cantautorale italiano classico, ma Brega ci aggiunge le routes americane e le borgate romane; mescolando suoni elettrici e acustici, prelevati sia dallo swing che dagli stornelli (...) Nei testi sorprende il livello di empatia verso i personaggi cantati: siano essi i barboni della Stazione Termini della title-track; sia nell’immedesimazione nel busker de Il sorriso di un pensatore (...) Il risultato è un disco indispensabile Andrea Trevaini, Buscadero
La carriera solista di Piero Brega è la carriera di un uomo libero, indifferente alle logiche del mercato discografico, attento solo all’essenziale e al valore effettivo della creazione. Questo terzo album, Mannaggia a me e realizzato a fine 2020, arriva a ben dodici anni dal precedente, ma come quello risulta subito necessario. È a suo modo un concept dove ricorrono i temi dell’inadeguatezza di vivere nella società; della resistenza culturale e sociale contro la frammentazione individuale Alberto Marchetti, L'isola che non c'era
Undici brani di grande spessore non solo prettamente lirico, ma anche sotto il profilo degli arrangiamenti con architetture sonore perfette (...) Una formazione versatile in grado di muoversi con agilità dalla musica popolare al blues, dal pop allo stornello. Dal punto di vista poetico, il cantautore romano si conferma un autore di canzoni dallo sguardo attento in grado di produrre istantanee sonore piene di suggestioni, scene di vita quotidiana toccanti in spesso protagonisti sono gli ultimi Salvatore Esposito, Blogfoolk
Sono conscio che di artisti con le doti e la sensibilità di Piero Brega ne nascano pochi, per questo gli concediamo pure un ragionevole lasso di tempo tra un disco e l’altro, se poi gli esiti sono così fulgidi e preziosi Gianni Gardon, GianniVillegas Wordpress