Alberto Baldi, Tamara Mykhaylyak
L'impero allo specchio
Antropologia, etnografia e folklore nella costruzione di un’identità culturale nazionale ai tempi della Russia zarista (1700-1900)
2017, € 28
Formato 20x20, 157 foto a colori, pp. 280
In offerta con il 5% di sconto
In un’ottica ancora esplorativa, si propongono alcuni nuclei tematici sugli esordi e gli sviluppi delle discipline antropologiche in Russia dal Diciottesimo secolo agli inizi del Ventesimo, in relazione al quadro epistemologico e metodologico ma anche politico e sociale in cui andarono articolandosi.
Dagli inizi del Settecento, nell’ambito della Russia zarista e a partire soprattutto da alcune iniziative di Pietro il Grande, si origina e cresce un interesse per i territori russi e i popoli che li abitano in un approccio antropologico favorito da poli istituzionali come accademie, università e società scientifiche. Prende così corpo un interesse per le peculiarità somatiche e fisiche dei popoli russi, che si sostanzia in raccolte osteologiche e craniologiche, dal quale nascerà un’antropologia eminentemente fisica. Altri robusti filoni della ricerca antropologica sono rappresentati dall’etnografia e dal folklore delle genti russe in una dimensione più squisitamente culturale, rivolta pertanto alla narrativa, alla poesia, al canto ed alla musica popolare nonché ad usanze, costumi, mestieri e all’apparato festivo e religioso.
Nella seconda metà dell’Ottocento emerge il ruolo assolutamente centrale di ricche e complesse iniziative espositive e museali, strettamente connesse alle tematiche antropologiche e di portata sia nazionale che internazionale, con le quali si volle fondare e celebrare l’identità culturale delle popolazioni russe. Di fronte ai problematici processi di industrializzazione di un paese afflitto da un’arretratezza produttiva anche nel settore agricolo, le ricche tradizioni popolari, assieme ad un artigianato capace di raffinate manifatture, costituirono il principale ‘biglietto da visita’ che la Russia poteva spendere in quei prodigiosi “empori” internazionali che furono le esposizioni universali.
In tale istanza rappresentativa un ruolo centrale giocarono le fonti visive e la foto. Nel più esteso contesto della storia della fotografia russa, nel volume si sono così individuati quegli autori e quei filoni che, da angolazioni diverse, sposarono tematiche a sfondo ora sociale ora antropologico, con una particolare attenzione dedicata alla variegata produzione degli esploratori nel Diciannovesimo secolo e ai primi timidi bagliori di una fotografia a sfondo sociale. Da un nutrito corpus di foto e stampe, in gran parte inedite e comunque quasi del tutto sconosciute in Occidente, nella corposa sezione iconografica si delineano così gli intendimenti e i percorsi di quella che potremmo definire la prolifica anticamera di un’etnografia visuale russa, ricca di elementi sia denotativi che connotativi.
L'Introduzione
In un’ottica ancora esplorativa, la nostra ricerca intende affrontare alcuni nuclei tematici, vincolati da palesi e complesse parentele, che caratterizzarono gli esordi e gli sviluppi delle discipline antropologiche in Russia dal Diciottesimo secolo agli inizi del Ventesimo. Ci si è dunque primieramente rivolti alle origini delle scienze antropologiche ed etnografiche in Russia in relazione al quadro epistemologico e metodologico ma pure talvolta politico e sociale in cui andarono articolandosi. In tal senso particolare attenzione viene riservata agli obiettivi perseguiti da tali discipline ed ai canali utilizzati per diffondere gli esiti delle indagini. Dagli inizi del Settecento si origina e cresce un interesse per i territori russi e i popoli che li abitano. Studiosi delle più diverse branche, spesso naturalisti, geografi, linguisti ma anche pittori, in certuni casi stranieri, desiderosi di conoscere non solo gli immensi spazi della grande madre Russia ma al tempo medesimo la moltitudine dei suoi popoli, si impegnano in varie esplorazioni. Più nel dettaglio, a sostanziare e coagulare un approccio antropologico contribuiscono alcuni poli istituzionali e non, come accademie, università e società scientifiche ed amatoriali, contesti nei quali si è andato in primis definendo un interesse per le discipline antropologiche. In buona sostanza tutto nasce nell’ambito della Russia zarista, a partire soprattutto da certune iniziative di Pietro il Grande, per un’istanza di conoscenza delle molteplici popolazioni distribuite sul suolo nazionale delle quali, sovente, ancora poco si sapeva.
Prende corpo un interesse per le peculiarità somatiche e fisiche dei popoli russi che si sostanzia in raccolte osteologiche e craniologiche. Nascerà da qui un’antropologia eminentemente fisica. Altri robusti filoni della ricerca antropologica in senso lato intesa saranno rappresentati dall’etnografia e dal folklore delle genti russe, caratterizzati dunque, pur con le dovute differenze, da un approccio più squisitamente teso alla dimensione culturale, in prima battuta alla narrativa, alla poesia, al canto ed alla musica popolare nonché ad usanze, costumi, mestieri, all’apparato festivo e religioso.
Alla luce di quanto esposto emerge anche il ruolo assolutamente centrale giocato da alcune ricche e complesse iniziative espositive e museali, sempre strettamente connesse alle tematiche antropologiche e di portata sia nazionale che internazionale con le quali si volle fondare, declinare e celebrare l’identità culturale delle popolazioni storicamente e tradizionalmente presenti sul suolo russo. Di fronte ai problematici processi di industrializzazione di un paese afflitto dal dramma della servitù della gleba che verrà abolita solo nel 1861, dalla conseguente mancanza di una manodopera specializzata, da un’arretratezza produttiva che investiva anche i tradizionali contesti a vocazione agricola, le ricche tradizioni popolari, assieme ad un artigianato capace di differenziate e raffinate manifatture, restano a lungo come il principale se non l’unico biglietto da visita che la Russia poteva spendersi in quei prodigiosi “empori” internazionali rappresentati dalle esposizioni universali. Etnografia e folklore sono perciò discipline investite dal gravoso compito di “costruire”, dettagliare e distillare un carattere nazionale da officiare e promuovere in consessi non solo strettamente scientifici ma parimenti divulgativi ed espositivi e dunque anche ampiamente popolari, in Russia ed in Occidente.
Nella seconda metà dell’Ottocento, epoca d’oro di questo stretto connubio tra etnografia e museografia demo-etno-antropologica, ci si è soffermati sul peso assunto dalla metodologia della ricerca ed in essa dal ruolo del tutto rimarchevole ricoperto dalla fotografia. Ulteriore e conseguente ambito da noi scandagliato è dunque quello della foto. Nel più esteso contesto della storia della fotografia russa si è dato avvio ad un processo di identificazione di quegli autori e di quei filoni che, a differenti livelli di approfondimento e da angolazioni diverse, hanno sposato tematiche a sfondo ora sociale ora antropologico. Una particolare attenzione è dedicata alla variegata produzione fotografica degli esploratori russi nel Diciannovesimo secolo; da essa è possibile ricavare vividi squarci su ambienti fisici e contesti antropizzati, sui “tipi” fisici ma pure sulla cultura di popoli dei quali sino ad allora poco si sapeva e meno che mai si avevano immagini.
Sul piano delle fonti alle quali si è attinto, la ricerca muove dallo spoglio in prima istanza di una bibliografia in lingua russa, sia contemporanea che coeva, di natura principalmente antropologica, come pure da esplorazioni in campi prevalentemente archivistici e museali, sempre russi. Da tali ambiti dipende la parte del lavoro che indaga le origini e gli sviluppi delle scienze dell’uomo ma, in parallelo, la possibilità, felicemente concretizzatasi, di creare un nutrito corpus di foto e stampe, molte inedite, o poco conosciute in Occidente, con cui abbiamo provato a rintracciare gli intendimenti ed i percorsi di quella che potremmo designare come la prolifica anticamera di un’etnografia visuale russa, spesso irrelata ad un’intraprendente ed assai attiva antropologia museale. Una selezione di tali immagini affianca i testi di questa nostra prima ricognizione sulle scienze dell’uomo in Russia, sviluppando un proprio percorso documentativo ed esplicativo destinato non tanto a ribadire quanto si è scritto ma ad integrare la nostra indagine in virtù dei valori aggiunti che lo specifico visivo di foto ed incisioni può offrire sul piano di una lettura sia denotativa che connotativa. In questa prospettiva la sezione iconografica è sostenuta da un apparato didascalico che offre quindi più di un livello di lettura delle immagini. Immagini e testi ai quali affidiamo la speranza di aver contribuito ad aprire una piccola finestra su una tradizione antropologica ancora poco investigata.
Alcune immagini del libro
Alberto Baldi Docente di Antropologia culturale e di Etnografia visuale e nuovi media presso la Federico II di Napoli, coltiva quali ambiti di consolidato interesse l’antropologia visuale e la museografia antropologica. Per Squilibri ha pubblicato Magie di mare e, assieme a Paola Pisano, Magnifici Mirabili Misteri
Tamara Mykhaylyak Dottore di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli Federico II, si occupa di storia dell'antropologia slava e di antropologia visuale