Francesco Faeta, Antonello Ricci
(a cura di)
Le forme della festa
La Settimana Santa in Calabria: studi e materiali
2007, € 49
Formato 22x25, copertina cartonata, 202 foto in b/n e a colori, pp. 420
In offerta con il 5% di sconto
Nel Mezzogiorno italiano, e in particolare in Calabria, il sistema festivo della Settimana Santa costituisce parte essenziale del dispositivo con cui le diverse comunità procedono alla formazione dei loro orizzonti identitari, alla produzione delle loro fisionomie sociali, alla gestione del loro potere politico. Le feste e i riti della Pasqua muovono l'umanità che si aggrega e riconosce su base locale – paesana o cittadina, di vicinato, rione o quartiere – inducendola a compiere scelte, a elaborare strategie, a progettare, materialmente e simbolicamente, i suoi confini, i suoi ordini interni, i suoi rapporti di egemonia e subalternità, le sue gerarchie, spingendola ad associarsi, dividersi, entrare in conflitto, a soffrire e gioire.
Esito di una ricerca estesa capillarmente a tutto il territorio regionale e realizzata da un'équipe di specialisti con competenze diverse – antropologi, etnografi, etnomusicologi, fotografi, videoperatori, informatici –, il volume presenta la morfologia di dieci eventi rituali particolarmente significativi e un'inchiesta più "leggera" sulle forme della festa quaresimale in decine e decine di altri paesi e frazioni.
Con oltre 200 fotografie in b/n e a colori, un cd allegato con 27 brani musicali che restituiscono all'ascolto l'atmosfera sonora della festa, una densa raccolta di saggi e un articolato insieme di apparati critici, si delinea così uno spaccato etnografico, senza precedenti nel panorama europeo, attorno alle forme della festa della Settimana Santa in una regione che, più di ogni altra, ha conservato riti e cerimonie legate alla passione, morte e resurrezione di Cristo.
Ascolta il brano Lu venneri di marzu non zi canta
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1. La ricerca di cui questo volume presenta i risultati, anche se non la prima a interessare un’area del Mezzogiorno italiano, anche se non esaustiva nei suoi risultati, rappresenta, a nostro avviso, una tappa importante nello specifico panorama nazionale e si segnala per la sua complessità.
Una complessità che promana, innanzitutto, dal considerevole numero e dalla diversa specializzazione delle persone coinvolte (antropologi, etnografi, etnomusicologi, fotografi, videoperatori, informatici), dalla capillare estensione territoriale del rilevamento, dai mezzi tecnici impiegati, dalla durata dell’esplorazione, che si è protratta per due, in certi casi tre, anni. L’ambizione che muoveva il gruppo di studio, un’ambizione che ci sembra di poter definire legittima alla luce dei risultati conseguiti, era quella di ricostruire, attorno alla significativa scadenza di fine millennio, uno spaccato etnografico su scala regionale, in molti casi piuttosto dettagliato, con largo impiego della documentazione audiovisiva e con un’accurata sistemazione informatica dei dati raccolti; obiettivo del tutto nuovo nel panorama italiano e, forse anche, europeo[1].
Ma la complessità che abbiamo evocato deriva anche dall’orizzonte teorico della ricerca, dal suo focus tematico, dalle sue ragioni epistemologiche. La forma festiva, innanzitutto, ci sembrava permeabile al rilievo audiovisivo e ben analizzabile attraverso i mezzi informatici. Nostro scopo era infatti, come si è accennato, quello di verificare il potenziale di ricaduta dei mezzi video-informatici nell’ambito della ricerca sociale, in particolare di quella che prendeva in considerazione i cosiddetti beni culturali demologici e antropologici, in questo caso un bene immateriale quale la festa. Eravamo convinti, però, al di là di questo, che un’attenta esplorazione della fenomenologia festiva, nella sua articolazione su base locale e in rapporto alla diversa tipologia degli eventi, ci avrebbe consentito di elaborare un modello paradigmatico. Modello indispensabile se si vuole saggiare in profondità la funzione sociale e politica del dispositivo quaresimale nella società calabrese. La forma, insomma, con la complessa e polimorfa segmentazione e interazione dei suoi tratti, ci appariva come premessa per la conoscenza delle concrete modalità di funzionamento della festa nei contesti locali e per la comprensione delle relazioni che uniscono tali contesti a quelli più vasti, regionali, nazionali, europei.
Abbiamo analizzato, in questa prospettiva, la morfologia di dieci eventi rituali che si svolgono durante la settimana santa e che ne rappresentano il culmine, in altrettanti paesi diversi, dal nord al sud del territorio regionale. Abbiamo compiuto, su questi eventi, un rilievo etnografico accurato, accompagnato da una cospicua documentazione audiovisiva (fotografie, registrazioni audiomagnetiche e videomagnetiche). E abbiamo esteso, nella maggior parte dei casi, l’osservazione al più esteso periodo di Quaresima e, soprattutto, della settimana santa, in modo da non isolare l’evento su cui abbiamo lavorato più in profondità dal contesto in cui si inserisce, il nucleo rituale dalla più ampia scena festiva. A questo livello dell’indagine ne abbiamo affiancato un altro, realizzato attraverso un’inchiesta con questionario, verificata e integrata assai spesso con sopralluoghi personali dei singoli ricercatori, in decine e decine di paesi e frazioni ulteriori, anch’essi uniformemente sparsi su tutto il territorio regionale.
La ricognizione e la massa dei dati raccolti appaiono, dunque, imponenti. Naturalmente, anche per via dell’approccio fenomenico e dell’obbiettivo morfologico che la ricerca si proponeva, il contesto sociale che sta a monte dell’evento rituale e festivo, che lo produce e lo usa, è stato il più delle volte soltanto sfiorato. Una ricerca, del resto, dell’ampiezza territoriale di quella da noi condotta, che avesse voluto esaminare in profondità i singoli contesti locali, le logiche parentali e di gruppo, le strategie sociali, le peculiari curvature dell’orizzonte simbolico, le dinamiche politiche interne ed esterne che li animano; che avesse avuto, dunque, sul piano pratico, l’ambizione di organizzare soggiorni sul terreno di molti mesi o anni per ciascun ricercatore, avrebbe avuto una dimensione e un costo non ipotizzabili nell’attuale panorama scientifico italiano. Una ricerca di tale portata, inoltre, avrebbe presupposto l’esistenza di un rilevante numero di studiosi e ricercatori, esperti di un circoscritto fenomeno e di una definita area, in grado di condividere un orizzonte teorico oltre che un retroterra epistemologico e metodologico. Tale condizione non appare, al momento, ipotizzabile nel nostro campo disciplinare.
Il nostro sforzo, dunque, dando per scontata la varietà dei retroterra intellettuali ed esperienziali di ciascuno, si è realisticamente orientato nell’organizzare un’indagine che avesse come minimo denominatore comune la fenomenologia rituale e la convinzione (maturata anche attraverso attente riflessioni collettive) che attraverso tale fenomenologia, osservata nell’ambito di una casistica estesa, fosse possibile attingere, come si è enunciato, a un modello paradigmatico della settimana santa calabrese.
Abbiamo puntato, dunque, a isolare, in ciascuna località, quell’elemento rituale e festivo che appariva di più vasta e complessa pregnanza antropologica e a descriverlo con l’intento, come ho anticipato, di organizzare una mappatura significativa su base regionale e di costruire un modello della ricorrenza quaresimale.
Ma, perché studiare in modo così capillare e territorialmente esteso la Settimana Santa? Come si giustifica tale interesse?
Le feste quaresimali hanno effettivamente nel Mezzogiorno italiano, come del resto sarà facile verificare sfogliando le pagine di questo libro, un’importanza culturale e una pregnanza sociale notevolissime. Esse costituiscono parte essenziale del dispositivo con cui, da noi (ma anche in numerose altre zone dell’Europa cristiana, specialmente cattolica e ortodossa), si procede alla costruzione delle realtà locali, alla formazione dei loro orizzonti identitari, alla produzione delle loro fisionomie sociali, alla gestione del loro potere politico. Come e più di altre feste, di quelle del santo patrono, di quelle mariane, di quelle connesse ad altre fondamentali scadenze dell’anno liturgico, delle feste di Carnevale e di quelle legate a ricorrenze civili, le feste della settimana santa muovono l’umanità che si aggrega e riconosce su base locale (paesana o cittadina, di vicinato, rione o quartiere), inducendola a compiere scelte e investimenti, a elaborare strategie, a produrre élite e leadership, a progettare, materialmente e simbolicamente, i suoi confini, i suoi ordini interni, i suoi rapporti di egemonia e subalternità, le sue gerarchie, ad aggregarsi, dividersi, confliggere, mediare, consentire, a soffrire e gioire.
Naturalmente, proprio la centralità che abbiamo evocato rende le nostre feste difficili da pensare in prospettiva antropologica. Al di là di una loro immediata ed affascinante evidenza fenomenica, infatti, esse nascondono una tale imperiosità del dispositivo mitico, una tale varietà degli elementi simbolici, una tale massa di tratti cerimoniali e rituali, una tale complessità di funzioni culturali e sociali, che appare veramente ardua una loro effettiva conoscenza etnografica, così come una loro effettiva comprensione antropologica. L’ambiguo paradigma della inconoscibilità della festa, elaborato da Furio Jesi in un suo saggio assai noto, sembra trovare negli eventi in questione una sua conferma[2]; conferma che sembra essere ulteriormente rafforzata dell’esiguità stessa delle ricerche antropologiche, di qualche rilievo e spessore, che li hanno affrontati[3].
All’interno della complessità che abbiamo richiamato vorremmo soffermarci, in modo enunciativo, essenzialmente su tre questioni.
La prima questione concerne la stretta relazione intercorrente tra la vastità del giacimento simbolico quaresimale e la complessità delle sue funzioni sociali e politiche. E’ per via della prima che la seconda può esistere, ma è anche per via della seconda che si hanno le ragguardevoli dimensioni della prima. Le feste della settimana santa, in altri termini, possono avere l’importanza politico-sociale che hanno perché allogano in una foresta di simboli rigogliosa, lussureggiante, intricata. D’altro canto la centralità politico-culturale che esse hanno assunto, all’interno dell’Europa cristiana, ha prodotto simboli, che si sono via via andati a sedimentare sull’originario nucleo neo-testamentale, in un continuo processo di recuperi, riassunzioni, riplasmazioni, reinvenzioni, reinterpretazioni, rimodulazioni, rifunzionalizzazioni. Manipolare i simboli quaresimali è apparso conveniente, oltre che indispensabile, perché per la loro abbondanza, per la loro polisemicità, per la loro ambivalenza, essi consentivano a tutti di giocare e di giocare a tutto campo; perché da una loro efficace e appropriata (per il gruppo o per l’attore sociale) gestione originavano il controllo sociale e il potere politico. Proprio per quanto sin qui detto intorno alle feste della settimana santa si sono via via misurati poteri regali e poteri civici, istanze ecclesiastiche secolari e regolari, potentati famigliari, chiese ricettizie e confraternite, classi egemoni e classi subalterne, esegeti ortodossi e praticanti eterodossi, in una continua, varia, trasversale interazione delle idee e delle pratiche.
La seconda questione concerne la funzione di relazione esercitata dalle feste quaresimali che, più di altre, fanno riferimento a una macrorealtà avvertita, di per sé, come legittimante e fondante. Così, fare la Pasqua nello sperduto villaggio calabrese di Acquaro, significa entrare comunque, juxta propria principia, in relazione con Roma, esercitarla nella piccola cittadina di Caulonia entrare in relazione, come vedremo puntualmente attraverso il rilievo di Ignazio E. Buttitta, con Siviglia. In un mondo in cui la produzione di località è – e più ancora era – attività prevalente ed esuberante, che porta a obliare il mondo, nella sua varia fenomenica, ma soprattutto nelle sue imperiose logiche di continuità, la comune koiné cristiana e cattolica della Pasqua funge – e più ancora fungeva – da elemento di raccordo tra dimensione locale (qualsiasi ne sia l’ampiezza e l’intrinseca rilevanza politica) e dimensione globale. La Pasqua è stata, dunque, il primo, e ancor ben percepibile, contenitore globale, per una vasta umanità, per altro verso, culturalmente, socialmente, politicamente incline alla frammentazione e storicamente frammentata. E, proprio perché contenitore universale e generalizzante, proprio perché istanza livellatrice di ideologie, di progetti, di pratiche, la Pasqua è stata anche produttrice, per reazione, di differenze, di specifici percorsi identitari, di visioni e tensioni eterodosse.
La terza questione è quella posta dalla centralità della morte e del dispositivo funebre nella strutturazione della realtà simbolica delle feste di Quaresima. Tale centralità ha dotato la Pasqua di una sua inesorabilità, vincolando i processi di manipolazione dei simboli e di gestione dei conflitti sociali a un orizzonte funebre e a una complessa pratica di reintegrazione. E’ una morte paradigmatica, come ha sovente ribadito Luigi M. Lombardi Satriani, quella che viene celebrata durante il Venerdì Santo, è un lutto collettivo quello che viene elaborato; i percorsi di elaborazione simbolica e le strategie sociali di ciascun gruppo o di ciascuna comunità sono vincolati, dunque, a tale nucleo funebre, in un processo di enfatizzazione e di drammatizzazione del tutto, o parzialmente, sconosciuto agli altri ambiti festivi.
2. Il volume che il lettore ha tra le mani è suddiviso in due parti. Nella prima parte, sotto il titolo Dieci modelli per un paradigma festivo, sono raccolti i saggi relativi alle feste della Settimana Santa e della Quaresima individuate, secondo i criteri precedentemente esplicitati, come peculiari e rappresentative di ciascuno degli aspetti dell’articolata morfologia cerimoniale del nostro complesso festivo. Ciascuno di questi saggi è accompagnato, integrato, sostenuto, da un ampio racconto fotografico, realizzato da molti tra i migliori fotografi-etnografi italiani, nella convinzione dell’imprescindibilità della dimensione visiva, come di quella sonora, del resto, per la comprensione dei fenomeni indagati. Le fotografie di Fabio Massimo Aceto, Monica Biancardi, Marco Marcotulli, Antonello Ricci, Matthias P. Schaller, Marcello Stefanini sono state realizzate nell’ambito del progetto di ricerca di cui si è ampiamente detto. In alcuni casi i rilevamenti fotografici sono stati contestuali all’osservazione dell’etnografo (Biancardi, Ricci nel caso dei paesi di Savelli e Settingiano, Schaller nel caso di Cassano Jonio, Stefanini) e si sono svolti nel 1998. In altri casi le riprese delle fotografie sono avvenute indipendentemente dai rilevamenti etnografici riportati nei testi di questo volume e in anni diversi, vicini e contigui[4]. Erano comunque orientate secondo il medesimo indirizzo teorico-metodologico e sono, pertanto, a pieno titolo inserite tra le attività del progetto di ricerca.
Nella seconda parte, sotto la voce Apparati critici, sono raccolti scritti che offrono un ventaglio di orizzonti tematici, restituendo contemporaneamente il senso di laboratorio sperimentale con cui si è inteso concepire e portare avanti questo volume: alcune linee di continuità e di contiguità con precedenti ricerche sullo stesso tema, peculiari prospettive di studio, un ampio censimento delle feste presenti sul territorio, una ricognizione su quanto fino a oggi è stato prodotto sull’argomento, una selezione degli aspetti sonori e musicali presenti in alcune delle principali feste. Integra le due parti un compact disc che restituisce, con dovizia di esempi inediti, il paesaggio sonoro della Quaresima nella regione.
La prima parte, come si è accennato, concerne i dieci eventi cerimoniali che la ricerca ha individuato come emblematici dei tratti caratterizzanti il sistema simbolico e sociale delle feste della Settimana Santa e della Quaresima in Calabria. A tale sistema fanno capo tematiche come quelle del corpo, del sangue, dell’oscurità, del teatro e del travestimento, della flagellazione, della penitenza e della sofferenza, del culto dei morti, del suono e del rumore, della visione e dell’ascolto, del conflitto e dell’antagonismo rituali, dei gruppi confraternali, del dono, del pane e dell’orizzonte agricolo, delle rappresentazioni misteriche, che sono affrontate con diversa profondità nei singoli saggi, a seconda della sensibilità degli estensori e del livello dell’indagine che è a monte di ciascuna scrittura. Le tematiche evocate, a loro volta, rinviano a stratificati contenitori simbolici, che appaiono copiosamente rappresentati nelle feste della Settimana Santa, sebbene non siano sempre presenti con la stessa intensità e a volte manchino del tutto perché abbandonati nel corso del tempo o perché una comunità ne ha privilegiato uno a discapito di altri. Un esempio concreto in direzione di tali processi di riplasmazione, è costituito dalla flagellazione rituale: come si evince da molti testi, fino a un passato non troppo remoto essa era diffusa in forme più o meno ricorrenti in molte feste, mentre oggi la sua presenza appare ridotta in maniera drastica. Lo conferma il rinvenimento di oggetti, come le discipline di ferro, conservate, ma non più utilizzate, a volte nelle case degli stessi disciplinati, più spesso nelle sacrestie delle chiese. Un altro tratto cerimoniale che gli scritti copiosamente restituiscono è costituito dal suono delle tabelle e delle traccole: molto adoperate in taluni momenti della scansione liturgica della Settimana Santa, in alcuni casi, tuttavia, il loro uso sembra rivestire un ruolo centrale nel contesto festivo, analogamente a quanto accade per il repertorio cantato e per la conseguente centralità della voce. Nella prospettiva sopra ricordata, dunque, l’intreccio tra le singole scritture “monografiche”, e la loro integrazione con gli apparati critici presenti nella seconda sezione, riteniamo consenta una lettura aperta e problematica dei dati raccolti e delle prospettive interpretative delineate. Nessuna delle feste qui descritte, ci sembra, da sola, può essere esaustiva della articolata e polifonica realtà simbolica e sociale calabrese. Al contrario, soltanto mediante la loro giustapposizione il lettore è in grado di cogliere la complessità della specifica struttura rituale.
La seconda parte del volume prende avvio con una significativa collocazione della presente ricerca all’interno di un più ampio contesto di studio, dal punto di vista sia cronologico sia dell’attenzione scientifica: Luigi M. Lombardi Satriani riepiloga il clima e le aspettative scientifiche che alla fine degli anni Sessanta dello scorso secolo orientarono la scelta dello studio della Settimana Santa in Calabria (così come in Sicilia) da parte di un’équipe di studiosi della quale fecero parte, tra gli altri, oltre alcuni degli scriventi, Mariano Meligrana e Annabella Rossi. Tali scelte hanno costituito le radici su cui poggia la ricerca i cui esiti sono qui pubblicati. Nella seconda parte sono ancora collocate, come si è accennato, alcune indagini peculiari relative al sistema sonoro che caratterizza queste feste, determinandone la fonosfera: vengono indagati, messi in luce e classificati i differenti aspetti dei paesaggi sonori festivi, mentre, tramite la griglia interpretativa dei sistemi di classificazione della moderna organologia, viene composto un suggestivo, quanto sorprendente, catalogo degli “strumenti delle tenebre”: oggetti sonori specifici delle feste della Settimana Santa in Calabria. Un’ulteriore dilatazione della conoscenza di tale panorama festivo è stato attuato mediante la pubblicazione di quaranta delle schede, relative a una festa o a un ciclo festivo, scaturite dal censimento effettuato “a tappeto”, in decine e decine di comuni e frazioni, su tutto il territorio regionale; schede ordinate, in analogia con il repertorio delle feste cui è stata dedicata maggiore attenzione, secondo un criterio geografico da nord verso sud. Tale catalogazione, come già lapidariamente anticipato, è stata realizzata mediante un questionario inviato per posta agli attori sociali precedentemente individuati come competenti in materia. In molti casi le informazioni sono state, poi, integrate con apposite verifiche sul campo, con colloqui telefonici, ovvero il questionario è stato redatto direttamente sul terreno. Alcune schede sono state anche tratte da informazioni provenienti da siti internet, quando si è giudicato che esse avessero sufficiente attendibilità. L’elenco biblio-filmo-disco-nastrografico, che come esplicitato nella relativa nota introduttiva, non ha pretesa di esaustività, riguarda esclusivamente quanto apparso sul tema nelle differenti forme disponibili di supporto documentario e di realizzazione editoriale. A conclusione della seconda parte si trova la guida all’ascolto del CD allegato, la cui impostazione (criterio di scelta dei brani, tutti registrati in funzione; metodologia della loro ripresa durante il rilevamento sul terreno) è stata improntata a restituire una descrizione, la più completa possibile, del paesaggio sonoro che caratterizza oggi le feste della Settimana Santa e della Quaresima in Calabria.
Roma, 25 settembre 2006 F. F. e A.C.
[1]. L’indagine, finanziata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, nell’ambito del Progetto Finalizzato “Beni Culturali”, è stata condotta dalla Cattedra di Antropologia Culturale dell’Università degli Studi di Messina, tenuta da Francesco Faeta. Ha avuto inizio, con le prime riunioni di studio, nel 1997, e si è protratta, per le ricerche di terreno e la sistemazione e verifica dei dati, sino al 2001, interessando tutto il territorio regionale calabrese. Vi hanno partecipato, con diverse funzioni, Fabio Massimo Aceto, Monica Biancardi, Patrizia Burdi, Paola Busico, Ignazio E. Buttitta, Ottavio Cavalcanti, Antonella Crudo, Francesco Faeta, Franco Ferlaino, Mauro Geraci, Luigi M. Lombardi Satriani, Macrina Marilena Maffei, Marco Marcotulli, Rosa Parisi, Antonello Ricci, Matthias Schaller, Marcello Stefanini, Roberta Tucci, Laura Violino. Obiettivo primario dell’ indagine era la costituzione di un archivio video-informatico delle feste della Settimana Santa in Calabria, nella più ampia prospettiva, propria del Progetto Finalizzato, di sperimentare, attraverso la collaborazione di numerose unità operative, nuove forme di conservazione e d’uso dei dati legati ai beni culturali (nella fattispecie ai beni demoetnoantropologici). I materiali acquisiti sono custoditi presso l’archivio del Dipartimento di Scienze Cognitive e della Formazione dell’Università degli Studi di Messina e sono a disposizione di quanti vogliano consultarli.
[2] Cfr. F. Jesi, Conoscibilità della festa, in La festa. Antropologia, etnologia, folklore, Torino, Rosemberg & Sellier, 1977, pp. 4-29. Per una critica a Jesi si veda F. Faeta, Un oggetto conoscibile. La festa religiosa in aree dell’Europa meridionale contemporanea, in Questioni italiane. Demologia, antropologia, critica culturale, Torino, Bollati Boringhieri, 2005, pp. 151-167.
[3] Molti studiosi, in realtà, hanno incontrato nelle loro ricerche, a tutt’altro dedicate, la Settimana Santa; molti altri ne hanno parlato, con indubbia competenza e pertinenza, sulla scorta di estesi saperi demologici e di una vasta conoscenza delle aree di loro competenza, ma ben pochi l’hanno studiata monograficamente. La letteratura antropologica europea, e per quel che più da vicino ci riguarda, italiana, sull’argomento, basata su concreti ed estesi lavori di terreno, è a tutt’oggi piuttosto esigua.
[4] Le riprese effettuate a Mesoraca da Ricci sono del 1992-1994; quelle effettuate a Stilo da Schaller e a Verbicaro da Marcotulli sono del 1997; quelle effettuate a Nocera Terinese da Aceto sono del 1999; quelle effettuate a Caulonia da Marcotulli sono del 2000-2001.
l'indice
Francesco Faeta e Antonello Ricci, Le forme della festa. Un’introduzione
Parte prima Dieci modelli per un paradigma festivo
Franco Ferlaino, Il sangue e la notte. Un appunto sui flagellanti di Verbicaro
Fotografie di Marco Marcotulli
Patrizia Burdi, Lo sguardo, le lacrime, il sudore di sangue. Note etnografiche intorno alla Giudaica di Laino Borgo
Fotografie di Marcello Stefanini
Ottavio Cavalcanti, Le catene della penitenza. Note introduttive per una lettura della processione del Venerdì Santo a Cassano Ionio
Fotografie di Matthias P. Schaller
Antonello Ricci, Le fronde dei morti. La Domenica delle Palme a Savelli
Fotografie di Antonello Ricci
Antonello Ricci, La Festa del Signore morto. Il Venerdì Santo a Mesoraca
Fotografie di Antonello Ricci
Francesco Faeta, I maestri del sangue. Un rito di flagellazione a Nocera Terinese
Fotografie di Fabio Massimo Aceto
Rosa Parisi, Doni scambiati, corpi donati. Note etnografiche sulla Settimana Santa a Settingiano
Fotografie di Antonello Ricci
Macrina Marilena Maffei, Timori di popolo e corse di santi. Sul rito dell’Affruntata a Dasà
Fotografie di Monica Biancardi
Francesco Faeta, Il pane del Signore. Una processione quaresimale a Stilo
Fotografie di Matthias P. Schaller
Ignazio E. Buttitta, La chiocciola della penitenza. La Settimana Santa a Caulonia
Fotografie di Marco Marcotulli
Parte seconda Apparati critici
Luigi M. Lombardi Satriani, La Settimana Santa in Calabria: un trentennio, due ricerche, qualche riflessione
Antonello Ricci, Sacre fonosfere. Paesaggi sonori della Settimana Santa calabrese
Roberta Tucci, “Gli strumenti delle tenebre”. Organologia della Settimana Santa in Calabria
Paola Busico, Antonella Crudo, Mauro Geraci, Antonello Ricci, Ricorrenze. Per un primo catalogo festivo
Bibliografia, filmografia, discografia, nastrografia della Settimana Santa in Calabria
il CD
a cura di Antonello Ricci
1 Lo Stendardo (6’14)
2 Il Calvario (0’41)
3 Lo Stendardo (1’20)
4 Oi peccatore (2’08)
5 Rosario per le Quarant’ore (1’50)
6 Gloria (2’30)
7 Predica e benedizione delle palme (2’10)
8 Processione delle congré (1’15)
9 Processione delle congré (0’57)
10 Processione delle congré (1’01)
11 U Comunicatu (3’40)
12 Chiamata della Madonna (2’16)
13 Faciti làrigh’e fàtila passade (6’51)
14 Quanni Jesu mija vulìa parti’ (5’20)
15 E piangiti sorelli e c’à murti Gesuna (3’49)
16 Lu vènniri di marzi non zi canta (4’38)
17 Preparazione di due flagellanti (0’53)
18 Flagellazione davanti alla statua della Madonna (0’49)
19 La Jone (3’00)
20 Bontruvatu lignu siccu (1’41)
21 Flagellazioni davanti alla chiesa della Pietà (2’23)
22 Avviso (0’22)
23 Auditui meo dabis (2’41)
24 Flagellazione (0’59)
25 Camìna (1’10)
26 U Tummulieri (4’55)
27 Scindìru a Madonna (1’56)
28 L’Affruntata (0’47)
Fotogallery
Antropologo dell'Università di Messina, Francesco Faeta ha svolto un'intensa pratica di ricerca nel Mezzogiorno d'Italia e, particolarmente, in Calabria, occupandosi soprattutto di fotografia in ambito etnologico.
Antropologo e musicista, virtuoso di chitarra battente e zampogna, Antonello Ricci insegna all’università “La Sapienza” di Roma e si occupa di questioni antropologiche, relative ad aspetti visivi e museografici della musica e dell’ascolto.
Volume imperdibile per come esplora, con completezza e competenza, questa galassia (...) Una specialissima via crucis, una guida preziosa della Calabria pasquale che addentra il lettore nei rivoli più antichi delle nostre tradizioni, nella carne viva della passione del Cristo.Gianluca Veltri, Il quotidiano della Calabria
Un volume prezioso, che colma un vuoto nella nostra conoscenza del Mezzogiorno (...), presenta un panorama di rilevazioni sul campo e di analisi di dieci luoghi/riti della Pasqua accompagnate da apparati critici di assoluto interesse (...) Si tratta di un volume assai bello, sia per la veste grafica curatissima, sia per l'alternanza di testi e foto (...); di un volume utile, perché può essere letto dalla prima all'ultima pagina, come un libro che narra della gente del Sud, ma può essere consultato come strumento di informazione grazie alla mole di dati forniti. Mario Bolognari, La Gazzetta del Sud
Di "paesaggio sonoro" e "fonosfera", anzi di "Sacre fonosfere. Paesaggi sonori della Settimana Santa calabrese" parla anche il saggio di Antonello Ricci, contenuto nel raffinato volume Le forme della festa, a cura di Francesco Faeta e dello stesso Ricci, fra più innovativi antropologi del nostro paese. Si tratta di una lavoro esauriente ed esemplare che riporta ai fasti delle ricerche interdisciplinari di Ernesto De Martino di qualche decennio fa. Antonello Colimberti, Europa
Un teatro desolato, un trionfo della morte alla maniera del pittore Hieronymus Bosch attorno alla Passio Christi. Solo domenica col Cristo risorto sarà la volta delle campane, lo strumento della gioia, finalmente intonato. Sono usi e riti raccontati e iluustrati benissimo nel libro Le forme della festa. Bruno Giurato, Liberal
Un'edizione curatissima, rigorosa per gli studi e i materiali che presenta, ma che si sfoglia anche come un album per chi è appassionato o curioso di manifestazioni popolari e tradizioni locali. (...) Il panorma delle manifestazioni così presentato rende idea della complessa e attuale dialettica fra dimensione locale e globale, e i riti della Pasqua sono il dettaglio più vivace di questo dialogo. Maria Frega, Il quotidiano della Calabria
È un'opera monumentale. Il risultato di interazioni tra discipline diverse (antropologia, etnografia, etnomusicologia, fotografia, videografia, informatica) di 18 autorevoli ricercatori (...) Il formato quadrottato quasi ad album, la qualità fotografica, la grammatura della carta, la copertina cartonata sono altri elementi che qualificano la bellezza di questa pubblicazione che va ad arricchire il catalogo della Squilibri che in questo ambito delle tradizioni e dell'etnomusicologia si attesta egregiamente e in modo esclusivo nel panorama editoriale italiano. Pasquale Troìa, Rivista Liturgica