Valentino Paparelli
L'Umbria cantata
In promozione a 23 euro invece di 59
Musica e rito in una cultura popolare
2009, € 59
Formato 21x21, cartonato, 62 foto in b/b, pp. 348
In offerta con il 5% di sconto
La prima, organica, sistemazione di una ricerca sul campo realizzata nel corso degli anni '70 e conclusa con la realizzazione del più vasto archivio di musiche tradizionali umbre, maturato tra gli entusiasmi e i fervori del periodo di massimo interesse in Italia per le culture orali.
Più che una semplice operazione di archeologia della memoria, la raccolta di documenti sonori di imprescindibile valore e di straordinaria bellezza anima una persuasiva riflessione sulle dinamiche interne alla tradizione popolare, assunta come un organismo vivo in cui risaltano modifiche e persistenze dell'espressività contadina nel rapporto con le culture urbane.
Riti e feste, pasquelle e badarelle, ballate e canti a mete', maggi e danze, passioni e canti sociali, restituiti all'ascolto attraverso gli esecutori più rappresentativi, da Dante Bartolini a Americo Matteucci, da Trento Pitotti a Pompilio Pileri, da Villalba Grimani a Francesca Albanesi, vanno così a comporre una peculiare visione del mondo sulla quale insistono anche i saggi di Piero Arcangeli, Giovanna Marini e Alessandro Portelli e il significativo corredo fotografico.
Ascolta il brano E 'sti signori m'hanno detto canta
Leggi l'introduzione
Questo lavoro si basa sul mio archivio sonoro, costituito dalle registrazioni da me effettuate sul campo nel periodo 1973-1980. La stragrande maggioranza di esse riguarda il territorio dell’Umbria, con un’attenzione particolare a due aree di grande interesse etnomusicologico: la Valnerina e la dorsale appenninica. A parte quelle occasionali, esse sono il risultato di sei campagne, una delle quali tematica, relativa a Sega la vecchia nella zona del Trasimeno, e le altre condotte su cinque aree geografiche omogenee: la Valnerina Ternana, la Valnerina perugina, la Conca ternana, l’Amerino-Narnese, l’altopiano di Colfiorito.
Come era nelle previsioni, grazie anche alla conoscenza dei documenti raccolti da Diego Carpitella e Tullio Seppilli durante le campagne del 1956 e del 1958, a fronte di una sostanziale omogeneità di generi e di repertori che caratterizza tutta la regione, è stato possibile rilevare un diverso “grado di permanenza” dei diversi generi nelle diverse aree. Sicché Sega la vecchia, che pure era diffusa anche in altre aree della regione (io stesso ne ho registrato una versione ricostruita della zona di San Terenziano, frazione di Gualdo Cattaneo), si è confermata “specialità” dell’area del Trasimeno; l’Alta Valnerina formidabile serbatoio di canti rituali (pasquelle soprattutto), balli e ottava rima; la Bassa Valnerina interessantissima area di interazione tra l’espressività tradizionale contadina e la comunicazione operaia; il Narnese serbatoio di canti rituali e balli anche arcaici e l’Amerino di canti epico-lirici, in particolare; la Conca ternana grande giacimento dell’espressività operaia, con sorprendenti sopravvivenze di espressività contadina, anche nel centro cittadino, che trovano nell’“isola” di Stroncone (a soli 5 km) un momento di assoluta eccellenza per la varietà di generi e repertori e per la qualità degli esecutori; infine, l’altopiano di Colfiorito, altro momento di eccellenza e sintesi dell’espressività tradizionale umbra, coronata dalla permanenza del Miserere, che resta uno dei suoi momenti più alti.
È superfluo sottolineare che la mole di lavoro svolta presuppone collaborazioni diverse. Quelle, probabilmente più importanti, che hanno fornito indicazioni e informazioni, che hanno tenuto i contatti e che ci hanno aiutato ad essere accolti sono state offerte da centinaia di persone, impossibili da citare. Non posso non citare, invece, alcune collaborazioni più strutturali. Quella con Sandro Portelli, innanzitutto, con il quale abbiamo condiviso non solo la ricerca nella Valnerina Ternana e la sua impostazione metodologica, ma soprattutto il progetto di trasformare la ricerca in momento di intervento di politica culturale, reso possibile da una condizione oggettiva e da una soggettiva.
La prima consisteva nel fatto che, essendo la parte ternana della valle immediatamente a ridosso della fabbrica, si era andata consolidando nel tempo un’interazione forte e profonda tra la cultura contadina tradizionale e le esigenze via via più pressanti di comunicazione autonoma da parte della nuova classe operaia, sempre più consapevole e sempre più determinante nelle dinamiche culturali, sociali e politiche della città. La presenza tra gli operai di tanti contadini inurbati (o che, pur lavorando in fabbrica, continuavano a vivere nei paesi circostanti) permise e stimolò la saldatura tra i modi musicali tradizionali e i contenuti sociali, e più spesso politici, sui quali la nuova classe sentiva sempre più forte il bisogno di richiamare l’attenzione. Si era creato così un fenomeno, di raro interesse, secondo il quale su arie da cantastorie erano state composte canzoni su episodi della resistenza locale o su episodi dello scontro di classe, particolarmente duro nell’immediato secondo dopoguerra. Oppure il contrasto improvvisato in ottava rima veniva usato per dibattere questioni di strategia politica anche complesse, il compromesso storico, per esempio. Oppure modi arcaici, come i canti del lavoro per la mietitura o gli stornelli “a serenata”, venivano usati per informare e, anche in questo caso attraverso l’improvvisazione, per discutere.
La condizione soggettiva è legata all’incontro con alcuni personaggi assolutamente straordinari per i repertori di cui erano portatori, per le loro eccezionali capacità esecutive e, soprattutto, per la lucidità con la quale riuscivano a gestire e a rappresentare la capacità di opposizione, se non di autonomia culturale, delle classi cosiddette non-egemoni. Si trattava di Americo Matteucci (operaio e sindaco di Polino), di Dante Bartolini (operaio, norcino, poeta, erborista, comandante partigiano), di Pompilio Pileri (pastore, suonatore d’organetto), di Trento Pitotti e di Luigi Matteucci (operai). Si trattava, cioè, di quegli stessi personaggi che spontaneamente decisero con noi di dar vita al “Gruppo della Valnerina”, che non solo ci permise di “dare le gambe” al nostro progetto (nostro, nel senso di tutti noi), ma permise anche di ampliare di molto i confini non solo geografici del dibattito avviato dalla ricerca. Un ruolo molto importante in questo processo svolsero Giovanna Marini, Paolo Pietrangeli, il Canzoniere del Lazio, Ambrogio Sparagna e il neo-costituito Circolo Gianni Bosio di Roma.
Da quell’esperienza – irripetibile per spessore umano, per entusiasmo e per la qualità del confronto che riuscì a provocare – nacque anche un disco che Portelli e io pubblicammo con I dischi del sole con il titolo La Valnerina Ternana. Una proposta di ricerca-intervento (1972-1975). (…)
In quella campagna è risultato prezioso il supporto di Enrico Cesani e di Mariella Eboli. In essa e in tutte le altre ho potuto avvalermi della collaborazione permanente e decisiva di Franca De Sio.
Poi ci sono alcune collaborazioni importanti su progetti specifici, come quella con Tullio Seppilli e Piero Arcangeli. Il sodalizio con loro è iniziato come allievo (insieme ad Arcangeli) di Seppilli, è continuato come suo collaboratore (sempre insieme ad Arcangeli) nell’attività didattica dell’Istituto di Etnologia e Antropologia culturale dell’Università di Perugia ed è sfociato, tra l’altro e per quello che ci riguarda in questa sede, nella ricerca su Sega la vecchia (Trasimeno) e sui repertori della dorsale appenninica (Annifo e Colfiorito).
(…) Una collaborazione particolare e ricca di sviluppi è stata quella di Lucilla Galeazzi, la quale, avvicinatasi piuttosto discretamente alla mia ricerca nel 1975, non solo in pochi mesi ne è diventata un elemento portante, ma in un lasso di tempo appena più lungo ha deciso di lasciare il suo lavoro di insegnante e di dedicarsi in modo professionale alla riproposta della musica popolare e alla proposta della sua musica.
Una tradizione in movimento
(…) Nella gestione delle sedute di registrazione sono stati seguiti alcuni criteri di fondo. Naturalmente, sono state rilevate le forme etnomusicali tradizionali. Anzi, normalmente è da quelle che hanno preso le mosse la maggior parte delle registrazioni. È stata, però, riservata un’attenzione particolare e costante ai momenti del loro passaggio a forme più moderne e, dunque, alla transizione dal canto contadino all’espressività urbana artigiana e operaia e alle contaminazioni che in questo passaggio si sono prodotte.
(…) A parte il caso (…), emblematico e assolutamente eccezionale, della Valnerina ternana nella quale – grazie anche all’alto grado di consapevolezza di alcuni degli informatori, Dante Bartolini e Americo Matteucci, in particolare - modi arcaici convivevano in un rapporto simbiotico inestricabile con l’attualità politica e sociale e repertori contadini si mescolavano continuamente con quelli resistenziali o di fabbrica, per il resto abbiamo trovato situazioni abbastanza differenziate e, tutto sommato, prevedibili.
Alcune aree hanno mostrato la più totale impermeabilità a qualsiasi documento espressivo non tradizionale, come accertato nella Valnerina perugina, nonostante la contiguità con la parte ternana della valle. In alcuni casi, interessantissimi, anche in aree non meno isolate e conservative, come l’altopiano di Colfiorito, la transizione era invece molto evidente e passava attraverso ciascuno degli informatori, come nel caso di Francesca Albanesi, capace di incantare non solo per la sua magnifica voce, non solo per l’ampiezza del repertorio, ma anche per la disinvoltura con la quale collega la ballata Fiore di tomba con la sua rielaborazione partigiana, o l’altra ballata Maledizione di una madre (prototipo del canto di emigrazione Mamma mia dammi cento lire) con un canto antimilitarista come Sento il fischio del vapore, o passa dal repertorio rituale a quello risorgimentale-garibaldino di Bell’uccellin del bosco (Bell’uccellin che vo’, nella versione umbra). O come nel caso di un altro grande personaggio, Corrado Leonardi (Itieli/Narni) che usava la sua fisarmonica, indifferentemente, per accompagnare stornelli, passioni, pasquelle o per eseguire inni operai o partigiani.
In altri casi, non meno interessanti, come quello di Silvio Pattume (Moiano/Perugia), autore di numerosi canti sociali su temi prevalentemente di attualità politica, abbiamo assistito al fenomeno dell’attualizzazione del processo che ha trasformato Fiore di tomba nella canzone partigiana più famosa, quando il Pattume per comporre una sua canzone di contenuto politico non trova di meglio che usare la melodia di una delle varianti umbre della più nota delle ballate, Donna Lombarda.
In altri casi ancora, come quello della conca ternana, la compresenza dei due repertori (quello contadino e quello operaio urbano) avviene a parti rovesciate: all’interno di un giacimento vastissimo di canti sociali (canzoni socialiste, comuniste, anarchiche, mazziniano-anticlericali, partigiane, di protesta sociale, ecc), è stato possibile scoprire sopravvivenze incredibilmente integre di documenti arcaici, come canti rituali e ballate. In realtà, il fenomeno è molto più credibile di quanto possa apparire a un’osservazione superficiale. La decontestualizzazione dei documenti più legati alla cultura contadina tradizionale, sottraendoli all’azione di adattamento e modifica permanenti da parte della comunità, ha avuto l’effetto di “congelarli” nello stato originario, preservandoli anche da fenomeni di contaminazione.
(…) All’attenzione al documento si è sempre cercato di affiancare la massima attenzione anche alla situazione ambientale, dando alle sedute il carattere dell’”incontro a microfono aperto”, rinunciando alla pretesa della perfezione tecnica delle registrazioni a tutto vantaggio della loro spontaneità e, soprattutto, dell’attendibilità dell’ambiente in cui si svolgevano. È piuttosto intuitiva la differenza di “clima” e di “atmosfera” che può correre tra un’esecuzione di musica popolare in studio o nelle situazioni, per altro quasi sempre collettive, che ci sono capitate e che, più spesso, abbiamo noi cercato o stimolato: osterie, case del popolo, piazze, feste, trattorie, case private trasformatesi in luogo pubblico, circoli, associazioni. È altrettanto chiara la difficoltà di renderli, attraverso documenti soltanto sonori, quel clima e quell’atmosfera. Ma erano troppo belli per non provarci. Di conseguenza, è stata evitata con ogni cura la creazione artificiosa dell’ambiente “da studio” e la decontestualizzazione dei documenti.
Grande attenzione è stata data anche al contesto culturale di ogni documento (diffusione, tecniche esecutive, componenti magico-rituali, collegamenti storici, funzione, ecc). Si è cercato di ricostruirlo attraverso interviste - concepite come parte integrante della ricerca - che sono state condotte come una chiacchierata, non come un interrogatorio, bandendo accuratamente ogni atteggiamento che potesse far pesare l’accademia.
(…) Sono state sempre spiegate agli informatori le finalità scientifiche del lavoro e l’approccio politico ad esso, stimolando anche la discussione. È stata sempre affermata la non-neutralità dell’intervento, il rapporto di solidarietà con le classi non egemoni, l’impegno a valorizzare la loro cultura e ad evidenziarne i contenuti di autonomia e alterità rispetto a quella delle classi dominanti, correndo consapevolmente il rischio che la non condivisione di questo approccio metodologico potesse causare un atteggiamento di chiusura da parte degli interlocutori. Ma non è mai successo.
i 4 CD
CD 1
1. E ‘sti signori m’hanno detto canta 3’25’’
2. E me ne vojo anna’ do’ cala il sole 2’49’’
3. E senti quant’è stupida la donna 3’54’’
4. Valzer 1’40’’
5. Caruccio appassionato per te moro 2’14’’
6. Saltarello 3’24’’
7. Caro sposo ti voglio fare onore 2’05’’
8. Ninna nanna ninna nanna 1’37’’
9. All’arrivo che noi facciamo 5’36’’
10. Alzando l’occhi al cielo vidi una stella 3’43’’
11. Mazurka 2’45’’
12. De fedeli noi che siamo 3’24’’
13. Speranze perdute 2’59’’
14. Stamattina mi sono alzata 2’56’’
15. Bella ciao 1’48’’
16. Laggiù a Terni paese dell’amore 1’53’’
17. Il cuginetto 2’22’’
18. Già condannato il figlio 1’14’’
19. Scotis 1’19’’
20. Il sedici di agosto 2’07’’
21. Negli anni che dei Guelfi Ghibellini 2’46’’
22. L’assidea di due prigionieri 5’24’’
23. Addio padre addio madre addio tutti 3’53’’
durata totale: 65’17’’
CD 2
1. Correte sorelle correte su su 3’49’’
2. Mamma mamma le cento lire 3’12’’
3. Dias illa dias illa 2’19’’
4. Polka 2’14’’
5. Centocinquanta la gallina canta 0’35’’
6. Il pane dov’è 0’19’’
7. Pietro pizzuto 0’46’’
8. Bondì e bongiorno mia bella signora 3’34’’
9. Bonasera e bona gente 3’45’’
10. Addio Pippetto mio 2’28’’
11. Lo benedico lo fiore di pepe 2’35’’
12. Trescone 2’00’’
13. E barbara dove so’ li giuramenti 2’31’’
14. O Pinottola bella Pinottola 2’42’’
15. Ti fo la serenata 4’44’’
16. Un’altra volta ci voglio provare 5’07’’
17. Polka 2’19’’
18. Con la mano tremante ti scrivo 3’17’’
19. In principio del nostro arrivo 4’05’’
20. Con i compagni mi trovo a Polino 4’27’’
21. Chi è chi è che bussa 3’14’’
22. O campagnola perché non m’ami 2’10’’
23. Giovanettina che cogli l’olive 2’22’’
durata totale: 64’34’’
CD 3
1. Amore amore non me ne fa tante 2’49’’
2. Fischi per l’abbeverata delle mucche 1’02’’
3. Sento il fischio del vapore 3’03’’
4. A la mattina del cinque d’agosto 2’50’’
5. Cosa piangi o cara Emma 2’20’’
6. Il gatto la sonava la sampogna 1’29’’
7. Sega segola 0’15’’
8. E da piccolo fanciullo incominciai 2’19’’
9. O pescator dill’Umbria 2’12’’
10. Saltarello 0’51’’
11. Menz’a lo mare ci sta ‘na ripetta 3’24’’
12. E le grazie a migliaia 3’29’’
13. E la mia mamma l’è vecchierella 3’31’’
14. Marcia 2’46’’
15. La morte de Gesù Maria s’affanna 1’30’’
16. Miserere – Stabat Mater 7’30’’
17. San Franciscu-Mese marianu 2’51’’
18. Con un bastoncino e me ci appoggio 3’56’’
19. Ecco l’aprile fior de la vita 3’22’’
20. E noi tiriam la cinghia da tre mesi 1’52’’
21. Inno dei lavoratori 1’39’’
22. Semo de Cinturini 1’20’’
23. Saltarello 2’21’’
24. Ecco ch’è giunta l’ora 3’53’’
25. La Maria che va a ballane 2’28’’
durata totale: 65’02’’
CD 4
1. Mazurka 3’00’’
2. Ti so’ venuto a fa’ le serenate 3’04’’
3. T’amo con tutto il cuore 0’39’’
4. Ecco il nostro Sant’Antonio 2’34’’
5. Il dieciassette marzo 1’34’’
6. Valzer 1’34’’
7. Mi parto da Palermo la matina 1’06’’
8. Vicino a casa tua c’è ‘na fontana 4’38’’
9. Quando che Santa Barbara nascette 1’54’’
10. L’ha preparata un’ora 3’13’’
11. Ascoltare ‘sto fatto bisogna 2’59’’
12. Alla regia il lavoro finisce 2’15’’
13. Polka 1’39’’
14. Er mietitore quando va a la Marca 1’47’’
15. Ecco Pasqua Befania 3’21’’
16. Semo arrivati la cima del campo 1’47’’
17. Valzer 2’53’’
18. Ecco che la sposetta ‘riva a la porta 3’00’’
19. Lo benedico l’erba fatta a core 1’50’’
20. Ballo della sala 2’15’’
21. E l’uccellin che vo’ 3’06’’
22. S’avessi la fortuna c’ha lo vento 4’10’’
23. Sega la vecchia 8’39’’
24. Mazurka 2’23’’
durata totale: 65’20’’
Fotogallery
Valentino Paparelli Allievo e poi collaboratore di Tullio Seppilli, ha all'attivo numerose pubblicazioni sulla musica e l'espressività popolare. Con Sandro Portelli ha pubblicato La Valnerina ternana. Un'esperienza di ricerca-intervento.
Un corposo quanto dettagliatissimo saggio sui canti e i riti popolari della tradizione umbra (...) un excursus estremamente esaustivo di tutti i generi praticati in Umbria, dal canto lirico-monostrofico all'ottava rima Anna Lia Sabelli Fioretti, Corriere dell'Umbria
ben 4 cd offrono un panorama stupefacente della musica popolare umbra con 95 pezzi e oltre 4 ore di registrazioni (...) C'è un'autonomia nei canti di tradizione, come ovviamente c'è ovunque in Italia e in Europa, ma qui ha una sua peculiarità anche in rapporto a personaggi e cantori straordinari Michele Fumagallo, Alias/Il manifesto
Non è soltanto una strepitosa operazione di archeologia della memoria ma un autentico viaggio nella tradizione popolare, alla ricerca delle sue dinamiche, dei cambiamentio o delle conferme presenti al suo interno. Tutto questo (...) in un poderoso volume con 4 cd allegati in cofanetto (...) per un'opera senza precedenti Sofia Coletti, La nazione
Come si cantava la terra in Umbria. Voci soliste, cori, fisarmoniche, fanciulle da maritare, emigranti, la guerra, la fame, la mietitura.. un lavoro imponente, in un libro ricco di foto e storie. Notevole, purché amiate il genere Stefano Miliani, L'Unità
imponente (...) il lavoro di sistemazione organica del materiale raccolto negli anni Settanta (...), testo corredato da splendide fotografie,(...) e un'introduzione di Alessandro Portelli al solito folgorante nel mettere in chiaro i rapporti tutt'altro che semplici tra repertori folk e modernità, tra supposta "neutralità" del ricercatore e persone "vive", non musei della memoria. L'autore molto insiste sulla dinamicitià di questi repertori (...),il fertile attrito tra canto contadino e nuove esigenze di comunicazione, di lotta, di socialità di una nuova nuova classe operaia fatta di contadini inurbati: che reimpara a usare l'antica arma dell'ottava rima per discutere, ad esempio, di compromesso storico. Guido Festinese, Alias/il manifesto
Un lavoro enorme, realizzato con cura, girando per piccoli paesi, frazioni e campagne alla scoperta di un tempo in cui la musica era un mezzo di espressione della cultura contadina. Stornelli, serenate, pasquelle e badelle per affrontare temi d'amore, religiosi e politici, lotte di operai e braccianti. La cultura orale torna a prendere vita e mostra uno spaccato vivo della realtà di quegli anni, componendo un puzzle antropologico sofisticato e pregno di sostanza. Pierpaolo De Lauro, Left
Sono il frutto di un attento lavoro di ricerca e dialogo e meritano numerosi ri-ascolti i 95 brani (....) Le pagine del libro e le note delle musiche disegnano una fitta trama di feste e generi musicali diversi(...) con testimonianze di Americo Matteucci, Trento Pitotti, Pompilio Pileri, Villalba Grimani, Francesca Albanesi, Dante Bartolini cui hanno attinto ieri come oggi gruppi come il Canzoniere del Lazio, Almamegretta e Piero Brega Alessio Surian, Carta
Ciò che colpisce di questo imponente scritto non è solo l'organicità della sistemazione dei materiali, ma l'approccio dinamista che sa leggere i cambiamenti nella tradizione orale contadina nel suo rapportarsi con le culture urbane e le istanze sociali e politiche, la capacità di Paparelli di relazionarsi con gli informatori, incontrando gli intervistati e rispettandoli come persone - seguendo l'insegnamento di Gianni Bosio - non solo come portatori di beni immateriali dal valore inestimabile. Stornelli a serenata, ballate, canti in ottava rima, canti del lavoro, ninna-nanne, canti sociali, pratiche canore e processionali rituali (tra cui Pasquelle, Passioni, Miserere, Maggi, Sega la vecchia), danze in cui primeggia l'organetto a 2 e 8 bassi, rappresentano un corpus eccezionale, interpretato da insigni testimoni. Ciro De Rosa, BlogFolk
La Valnerina ternana. Un’esperienza di ricerca-intervento, è un ottimo vascello per solcare l’intimità di Terni e di quello spezzone di campagna, l’ultimo tratto di Valnerina, che ha contaminato e si è fatto contaminare dalla città all’interno di quel formidabile contenitore di storie, lotte, drammi e progresso che sono state e sono tuttora le Acciaierie. (...) È un vero e proprio viaggio, questo volume-cd. Che illustra come i canti della questua tipici della tradizione contadina si sono piegati ai motivi della vita operaia nel momento in cui la fabbrica prendeva a sé le braccia che fino a poco prima avevano lavorato la terra. E prendeva così vita quell’impasto di fatica, voglia di riscatto e lotta che solo questi canti sanno spiegare fino in fondo. Quelle braccia erano anche cervelli, individualità, che grazie alla ricerca-intervento di Paparelli e Portelli hanno acquisito una maggiore coscienza di sé, del fatto che erano portatori di concetti universali, altro che subalternità. Fabrizio Marcucci, Il giornale d'Umbria