Walter Brunetto
Piccolo vocabolario etnomusicologico
Forme, stili, repertori e contesti della musica di tradizione orale italiana
2012, € 19
Formato 21x15, pp. 256
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Oltre 500 termini raccolti in schede sintetiche, in cui sono evidenziate anche le principali correlazioni tra le diverse voci, corredate da note di approfondimento e riferimenti bibliografici, per un primo e decisivo contributo alla definizione di un lessico strutturato per le musiche di tradizione orale d'Italia.
Progettato al fine di agevolare sia la descrizione catalografica che la ricerca di documenti sonori conservati in archivi e centri di documentazione, il dizionario si configura anche come strumento di prima consultazione e di orientamento generale, fornendo un quadro globale delle occasioni e dei contesti, delle forme verbali e musicali, degli stili esecutivi e dei repertori della musica popolare italiana, considerata anche nella varietà delle sue espressioni locali.
Leggi l'introduzione
Questo lavoro costituisce un primo contributo volto a censire e definire in maniera formale il lessico comunemente utilizzato nell’ambito della musica di tradizione orale italiana, relativamente al quale vengono considerati, nelle sintetiche modalità di un vocabolario, significato, ambito d’uso, struttura formale e principali correlazioni. Poiché non mi risulta che in precedenza ci si sia cimentati in analoghe iniziative[1], è forse il caso di chiarire il cosa, il dove, il quando, il come e il perché di questo lavoro che, sviluppatosi negli anni e alimentato da riscontri d’archivio e disco-bibliografici operati giorno dopo giorno, tende a definire il lessico esaminato all’interno di una struttura tassonomica consolidatasi nel tempo.
A una prima, ineludibile, domanda (perché prendersi la briga di allestire un vocabolario dei termini di interesse etnomusicologico?) si connettono più specifici quesiti di carattere metodologico: con quali criteri discernere il lessico d’interesse da quello non attinente? Come descrivere in maniera adeguata i concetti cui i singoli termini rimandano? Come fare salvo il rapporto che lega un testo, una musica, uno stile ad un contesto, a un’occasione, una funzione, quando ciascuna di queste variabili può ricorrere o meno all’interno di situazioni simili o del tutto differenti?
Il primo nucleo di questo vocabolario è stato predisposto nel corso del lavoro di catalogazione iniziato nel 1992, e tuttora in corso, presso gli Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, quando il progressivo aumento dei documenti informatizzati aveva reso evidente la necessità di marcarli con uno specifico descrittore, con una voce di soggetto, un tag che rendesse possibile il recupero di tutte le schede catalografiche – e quindi delle informazioni ad esse correlate – riferibili ad un medesimo repertorio o contesto d’uso[2]. Se fosse stato reperibile in commercio un piccolo prontuario – un’opera di prima consultazione, un glossario – che mi avesse aiutato a definire compiutamente il senso della terminologia utilizzata dai singoli ricercatori nelle schede da campo o nei cataloghi a stampa e a sintetizzare le caratteristiche dei documenti riscontrati in parole ricorrenti e con la stessa forma, l’avrei acquistato, ma non c’era.
È nata in questo modo, dalla personale esigenza di controllare le forme e i significati delle parole utilizzate nel corso dell’indicizzazione dei documenti, una prima lista di parole chiave; dubbi, perplessità e contraddizioni emersi dall’incrocio dei dati hanno però ben presto dimostrato che esse, per essere coerentemente utilizzate, dovevano superare il livello convenzionale d’uso per essere ricondotte a precisi e stabili significati, cioè a nozioni, in qualche modo, classificatorie.
Ne è derivata la necessità di corredare i termini di una descrizione adeguata, che permettesse l’accorpamento di parole diverse, ma dal significato simile o che risolvesse l’ambiguità, la ricchezza polisemica di parole connotate da più di un senso. Quel primo glossario si è poi nutrito delle ulteriori occorrenze riscontrate in altri archivi o nella pubblicistica consultata, così da valicare il limite del riferimento specifico agli Archivi di Etnomusicologia per accogliere e sviluppare – pur rimanendo riferito solamente alla musica di tradizione orale del nostro Paese – le potenzialità di una prospettiva più ampia, emersa sempre più chiaramente e, direi, prepotentemente nel corso degli anni.
L’esigenza di fissare in maniera precisa e possibilmente univoca le relazioni tra referenti e lessico convenzionalmente in uso sembra, d’altronde, essere in questo momento avvertita da più parti, per cui questo lavoro si pone come contributo volto alla definizione di un vocabolario controllato, così come richiesto anche dalle norme internazionali per la redazione dei thesauri[3].
Se la storia della stesura di questo vocabolario ne giustifica l’allestimento e la sussistenza, per evidenziare i criteri e gli aspetti metodologici che hanno condotto a scegliere il tipo di lessico considerato serve un’ulteriore digressione. Con l’aumento delle parole chiave definitesi nel corso del lavoro di catalogazione, si è reso necessario individuare opportune strategie per l’allestimento di una struttura logica capace di contenere e ordinare i vocaboli – cioè i concetti – che si erano andati coagulando. Si è, in poche parole, reso necessario fare i conti con il controverso problema della tassonomia.
Dall’esame del lavoro condotto da altri, è emerso che i criteri da loro adottati non apparivano sufficienti per contenere tutte le occorrenze che nel tempo avevo individuato. In effetti la relativa efficacia delle indicizzazioni che in passato abbiano voluto utilizzare un solo criterio omogeneo è stata sovente evidenziata da coloro i quali abbiano tentato l’impresa: la ammetteva come inevitabile Biagiola, che scelse il criterio dell’occasione/funzione[4], pagando però il prezzo di rendere rintracciabili per mezzo degli indici analitici solo una parte dei documenti catalogati; la evidenzia la più recente esperienza della catalogazione AESS, in cui si assegna la priorità al criterio formale/testuale, ma in cui inevitabilmente entrano in subordine criteri di tipo storico o contenutistico[5]; è stato inutile rifarsi alle maglie troppo larghe degli indici di Pitrè[6], come sono risultate insufficienti in ambito etnomusicologico quelle suggerite da Cirese[7], mutuate da altri studiosi. Per la descrizione dei contesti d’uso si sono invece rivelate assai utili alcune indicazioni offerte da Gian Luigi Bravo[8], il cui testo costituisce il principale thesaurus utilizzato nella schedatura dei Beni demoetnoantropologici immateriali ove, superato l’impianto della precedente scheda cartacea FKM, è utilizzato uno strumento (scheda BDI) che costituisce il più recente e articolato sistema di catalogazione informatizzata messo a punto dall’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione (ICCD)[9].
Nel corso dell’elaborazione di questo vocabolario è parso evidente che l’impossibilità di contenere le parole chiave/concetti all’interno di una struttura coerente, costruita secondo l’abituale logica bidimensionale di inclusione/esclusione, derivi dalla circostanza che esse appartengono a classi di fenomeni irriducibili, ma compresenti, connotanti e contraddistinti da una ampia e reciproca variabilità. L’oggetto etnomusicologico, infatti, è complesso in quanto è caratterizzato da una struttura che è paragonabile ad un triangolo i cui lati siano l’aspetto contestuale – cioè le occasioni, le modalità e le funzioni d’uso – l’aspetto verbale e
quello musicale (che dal punto di vista morfologico, nella maggior parte dei casi, si influenzano reciprocamente). L’irriducibilità delle parole chiave utilizzate deriva proprio dal fatto che il lessico comunemente adottato per indicare documenti sonori di tradizione orale riflette questa triangolarità (o poligonalità, nel caso delle danze, per le quali andrebbe introdotta anche la descrizione della coreografia) dell’oggetto da descrivere e determina, nell’uso pratico, l’oscillazione dei criteri di volta in volta adottati. Ne consegue che inserire tale complessità in uno schema di tipo inclusivo/esclusivo e monodirezionale nella sua consequenzialità corrisponde al tentativo – per continuare la metafora geometrica – di far convergere delle rette parallele, costituisce cioè una trappola logica. … Continua.
[1] L’unico precedente assimilabile è il Dizionario della musica popolare europea di Leydi-Mantovani 1970, che però si diversifica da questo lavoro perché allarga il contesto considerato al di fuori della Penisola e, partendo da bisogni e finalità differenti, declina in altra maniera l’articolazione delle occorrenze considerate: vi vengono infatti compresi gli strumenti musicali, che da soli oltrepassano la metà delle voci e vi vengono comprese numerose occorrenze relative a moduli formali o a elementi di contesto appartenenti a tradizioni non italiane, mentre le voci sovrapponibili a quelle comprese nel presente vocabolario sono solo 33, cui si aggiungono 16 rimandi.
[2] Le ricerche basate sul criterio della zona geografica, del ricercatore, del fondo (del numero di raccolta) richiedevano infatti tempi lunghi, essendo necessario scorrere, scheda dopo scheda, tutta la lista di occorrenze emerse in relazione al criterio utilizzato, per cui tale “collo di bottiglia” del sistema, che per questa funzione faceva rimpiangere la facilità di scorrimento delle informazioni dei vecchi cataloghi a stampa, limitava pesantemente le potenzialità della tecnologia digitale; la ricerca per titoli era invece del tutto inaffidabile, in quanto i criteri di assegnazione dei medesimi sono estremamente eterogenei. Si rendeva pertanto necessaria un’indicizzazione che permettesse di svolgere la ricerca per generi, stili, repertori, situazioni performative, contesti d’uso, gruppi sociali etc., il che comportava una preliminare redazione delle parole chiave utili.
[3] Documentation – Guidelines for the estabilishment and developement of monolingual thesauri ISO (International Organization for Standardization), 2788/1986, trad. it. 2788:1993, Linee guida per la costruzione e lo sviluppo di thesauri monolingue.
[4] Biagiola 1986. Tale scelta ebbe però la conseguenza di includere negli indici analitici solo poco più della metà dei 9000 documenti catalogati. Nell’introduzione infatti si diceva che il criterio dell’occasione/funzione “è naturalmente provvisorio in quanto è tuttora aperto il problema della classificazione, soprattutto per la musica folklorica italiana. È d’altra parte un criterio omogeneo, anche se parziale (rimangono esclusi infatti i cosiddetti generi ad occasione indeterminata, come ad es. i canti narrativi). Lo si è preferito comunque a criteri empirici e disorganici che utilizzano, di volta in volta, e secondo il genere preso in esame, parametri tassonomici diversi: ora musicali, ora contenutistici, ora metrico-letterari, ora occasionali”. Criteri ed esiti non dissimili si riscontrano nel Catalogo a stampa del Centro Nazionale Studi di Musica Popolare dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia (ora Archivi di Etnomusicologia) Folk-Documenti sonori, redatto con la collaborazione di Diego Carpitella (Rai 1977). Poiché, invertendo la prospettiva, i parametri tassonomici in uso sono conseguenza del fatto che in ogni singolo documento etnomusicologico vi è una caratteristica prevalente (un canto a vatoccu si connota soprattutto per il suo aspetto musicale, un canto processionale per la sua funzione, un’ottava per la forma metrica etc.) che funge da tratto distintivo, la soluzione perseguita in questo lavoro è stata quella di organizzare gli abituali “criteri empirici e disorganici” in maniera sistematica.
[5] Bergomi, Lavagnino, Pianta, s.d.; AESS è l’acronimo dell’Archivio di Etnografia e Storia Sociale della Regione Lombardia.
[6] Pitrè 1894.
[7] A. M. Cirese 1980: pp. 267-270 in cui sono evidenziati gli schemi classificatori principali di Van Gennep e di Boggs
[8] Bravo 1996: si tratta di un sistema di parole chiave volutamente poco strutturato, a più ingressi, che però è di aiuto soprattutto per definire gli elementi relativi al contesto performativo. La voluta flessibilità, inoltre, lo rende cosa diversa dai thesauri costruiti secondo gli standard UNI/ISO.
[9] Bravo, Tucci 2009. Alla prima pubblicazione della scheda BDI (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, 2002) è seguita nel 2006 la seconda parte, comprendente la pubblicazione esemplificativa di una serie di schede, relative a differenti situazioni e culture; a queste è seguita la versione integrata della scheda e della normativa, nel 2007. La scheda BDI include in un unico tracciato tutti i beni demoetnoantropologici e soprattutto prevede la possibilità che siano messi in relazione più documenti o che all’interno di beni complessi siano compresi dei sottolivelli descrittivi per le varie componenti. Oltre al thesaurus di Gian Luigi Bravo vi sono altri lessici di riferimento e compare un elenco degli strumenti musicali popolari. Manca, invece, un vocabolario controllato del lessico specificamente etnomusicologico, per cui la denominazione del documento d’archivio (ivi indicato come “bene”) “è attribuita dal catalogatore secondo una serie di convenzioni attuate in campo demoetnoantropologico”.
Allievo di Diego Carpitella, Walter Brunetto si occupa fin dal 1992 della digitalizzazione e catalogazione dei documenti sonori degli Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ed è membro del Comitato Scientifico della Rete degli Archivi Sonori.
Nel vasto panorama delle pubblicazioni in ambito etnomusicologico mancava un'opera che censisse e definisse in maniera formale il lessico comunemente utilizzato nello studio e nella ricerca sulla tradizione orale italiana. (...) Brunetto, rispettando i canoni internazionali del thesauri, è riuscito a dar vita ad un lavoro preziosissimo che contribuisce in modo determinante ad una identificazione sistematica degli ambiti di ricerca etnomusicale della tradizione orale della nostra nazione. (...) Il "Piccolo Vocabolario Etnomusicologico" di Brunetto è, insomma, un preziosissimo vademecum per addentrarsi nella musica tradizionale italiana. Salvatore Esposito, BlogFolk
Un agile volume che colma una lacuna ed è di aiuto a quanti si accostano alla materia magari con passione ma con una conoscenza superficiale. In più di 500 termini è racchiuso un mondo di suoni, canti e musiche tradizionali che Brunetto, allievo di Carpitella, rende al meglio coniugando sintesi e informazoni scientifiche. Da oggi è sciuro che nono solo non si farà confusione tra il canto a pera e il canto a vatocco (...) ma con la lettura di questo libro si avrà uno stimolo formidabile ad avvicinarsi e amare di più una musica e i suoi strumenti, tanto più affascinanti quanto più sono lontani da noi MIchele Fumagallo, Alias